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La Porta di Fontebranda. Nata nel 1230…

Era il naturale sbocco della valle che prendeva il nome di "Vallechiara"

di Augusto Codogno

SIENA. La Porta di Fontebranda, posta nella cinta muraria antica tra il Convento di San Domenico e Porta Laterina, è citata a fine 1500 dal Gallaccini nella descrizione delle mura che scendono dalla citata Basilica e “secondo la sua muraglia, di poi scesa la grotta giugne nel fondo di Fonte-Branda nel luogo delle Pescine, dove lassato lo spazio per la porta, segue ascendendo un’altra grotta incontro, e va a congiungersi con le mura di Valle-Piatta”.

La porta di Fontebranda era il naturale sbocco della valle che anticamente prendeva il nome di “Vallechiara”, era merlata e munita sia di torrione che di antiporto. Su di essa confluivano la Via del Serpe (da S. Domenico), la Costa di Vallechiara (poi Via S. Caterina) e via del Costone. Con la sua costruzione vennero a scomparire le vecchie porte che davano sulla valle dalla zona alta della città e cioè la porta dei Canonici (o Vallepiatta di Sotto) e la Porta della Vetrice.

La sua costruzione viene fatta risalire al 1257, anche se alcuni lavori sono testimoniati nei libri della Biccherna a partire dal 1230, quando viene pagato il maestro muratore Giovanni di Galigario per il suo impegno “pro reactanda porta de Fontebranda” e nel 1249 quando la stessa cosa fu fatta per un tal Serafino che ottenne dal comune di Siena trenta denari. Altra testimonianza ci sovviene dal Patrimonio dei Resti Ecclesiastici (S. Domenico (ind. 4. D. 0,30 0.18 ½) ed è relativa al 12 Giugno 1246 quando Catelano del fu Uguccione di Fortebraccio vende a frate Ugo, priore dei frati predicatori di Camporegio, la dodicesima parte di un terreno confinante con la Chiesa di S. Antonio, col muro del Comune, con Fontebranda, il guazzatoio della fonte e la via della Porta, per il prezzo di 40 lire.

Nel 1355, secondo le cronache del Tizio, la guardia e la custodia della Porta erano svolte dalla Compagnia Militare di S. Antonio : “Homines Societatis Divi Antonii ad custodiam, defensione Portae Fontis Blandis costituti esse dicantur, ad quam sane concurrant, atque consistant”. Questa Compagnia Militare aveva preso il nome dall’antica chiesa di S. Antonio nella quale si riuniva ed aveva come insegna uno stendardo con campo rosso inframezzato da due palle dorate, due liste anch’esse d’oro e la figura di S. Antonio Abate al di sopra. Insieme al “popolo di S. Pellegrino” e parte di quello di Campo Regio, il popolo di S. Antonio andava a costituire l’ossatura dell’ Arte della Lana, una delle più importanti corporazioni di Siena.

La Compagnia militare di S. Antonio è ricordata per essere sempre stata attiva e di vitale importanza, nelle diverse azioni di guerra che Siena intraprese nei secoli e si distinse in varie battaglie. Nonostante rappresentasse uno dei rioni più popolari, ebbe sempre particolari attenzioni alle sue chiese, ai suoi santi e ai suoi simboli. Da ricordare ad esempio nel 1464, le forti pressioni fatte al Comune di Siena, assieme al popolo di S. Pellegrino, affinchè acquistasse la casa di Santa Caterina per farne un Oratorio e si accollasse le spese, mentre il popolo avrebbe avuto il peso della sua costruzione e quindi “la manodopera”. Non di meno si preoccupava anche di “acconciare” i luoghi di culto, i tabernacoli, si tassava per le “limosine” e per le feste dei Santi e non voleva sfigurare nelle parate tanto da tenere le sue insegne belle e manutenute. Ad esempio nel 1494 (Archivio Ptrimonio Ecclesiatico-Compagnia di S. Antonio-Bilancio dal 1424, Registro C.I. 208t. alla data del 3 Agosto), viene retribuito un buon pittore per rifare il gonfalone della Compagnia: “ Maestro di Pietro di Francesco degli Oriuoli, dipentore de’ avere infino a questo dì 3 Agosto 1494, lire trentadue…e quali sono per la dipentura del ghonfalone nuovamente fatto per la compagnia di santo Antonio”.

Grazie alla ricchezza di acque che c’era in questo rione, testimoniata dalle sue fonti (Fontebranda e Fonte della Vetrice tra tutte), la lavorazione della lana ebbe il suo fulcro proprio in questa parte della città. Queste due fonti, delle quali torneremo a parlare prossimamente, dopo aver terminato le disquisizioni su tutte le porte di Siena, hanno origini antichissime e le testimonianze scritte risalgono al primo secolo dopo il mille (1081 per Fontebranda, che però era dislocata in un punto più in alto rispetto a quello attuale).

Anche le antiche porte presero il nome dalle fonti, come successe anche per “Follonica” e costituirono una vera ricchezza per il popolo circostante che ne sfruttò economicamente i vantaggi. Ecco spiegata ad esempio la protesta degli abitanti di Vallepiatta (Contrada della Selva), quando il Comune decise di chiudere la loro “Porta della Vetrice”, una volta terminata la porta più esterna di Fontebranda e li costrinse a percorrere un tratto più lungo.

La porta della Vetrice portava alla omonima fonte, alla quale si accedeva anche dalla Porta di S. Ansano (Selva, vicino S. Sebastiano), da quella del Verchione (Aquila) e da quella di Laterina (Pantera, detta anche Stalloreggi di Fuori) e dava il nome anche alla vallata che dal Costone e dal colle del Cardinale (o Laterino), scendeva fino al piano fuori porta Fontebranda che fu anche nominato “Piano della Vetrice” e dove si svolgeva il mercato del bestiame (suino e vaccino). In questo luogo, per intenderci la zona dove ora è il parcheggio di Fontebranda, vi erano anche due osterie (una detta “del Porco” era sotto il Poggio di S. Prospero) e, verso il 1323 vi si costruì anche una cortina con un antiporto di utile servizio per i dazieri e per delimitare i confini del mercato. Questa nuova porta fu poi detta nei secoli successivi “Porta della Vetrice”, ma anche, più correttamente “Porta di Fontebranda esterna” perché nulla ha a che vedere con quella della Vetrice antica, che si trovava molto più in alto e che rimase entro la cinta muraria vera e propria. Di questo antiporto restano pochissime testimonianze, ma un disegno di Alessandro Romani (1799-1854) che si trova nella Biblioteca degli Intronati, ce ne dà conferma e ci fa vedere come fosse fatto. La sua forma, a differenza della porta principale era più ogivale ed aveva in alto, nel timpano, gli stemmi senesi della Balzana e del Leone. Sempre in alto al centro una nicchia vuota che anticamente poteva contenere una piccola statua o una immagine mariana o qualcosa di simile. Alla sua destra vi era la casetta dei dazieri ed era ubicata precisamente dove oggi è l’uscita del Parcheggio sopracitato, individuabile nella casa dove attualmente è murata una lapide datata 1615 con lo stemma del Popolo di Siena (Leone) e l’arme dei Medici (le famose palle).

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