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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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AAA Antonveneta cercasi: o almeno la verità

Tutti ne parlano come punto di non ritorno per Mps. E c'è chi pensa che non sia stato solo un errore di calcolo

di Raffaella Zelia Ruscitto 

SIENA. E se poi te ne penti?! Il demenziale personaggio di Maccio Capatonda aveva fatto di questa frase la sua “massima di saggezza”.  In effetti, per molti, sarebbe stato un vero “esempio di saggezza” non commentare, nel lontano 2007, l’acquisizione di Antonveneta. Ce lo ha dimostrato nel suo pezzo di ieri (20 ottobre) uscito sul Corriere Fiorentino, Roberto Barzanti, ex sindaco di Siena, intervistato anche dal Sole24 Ore soltanto qualche ora prima, sempre sullo stesso spinoso argomento.
Eh, sì: alla notizia dell’acquisizione della banca del Nord-est furono davvero in pochi a pronunciarsi in senso contrario; qualcuno espresse qualche perplessità sui costi dell’operazione… la maggioranza si sperticò in complimenti ammirati per cotanta splendida operazione. Franco Ceccuzzi, per esempio, come viene citato dallo stesso Barzanti che, però, ci aggiunge anche altri, tanto per far vedere che il povero ragazzo non era il solo a pensarla così. Infatti: non era il solo. E questo può, ai maliziosi come pure ce ne sono al mondo, far pensare che tutta questa platea di entusiastici commentatori non fosse composta semplicemente dagli ingenuotti poco avvezzi alla finanza ma piuttosto da “furbetti” pronti ad ossequiare chi aveva deciso l’operazione, indipendentemente dalla sua bontà.
Che la cosa fosse “trasversalmente politica” non stupisce affatto. In Mps come in altre “faccende” si è già avuto modo di sperimentare la “condivisione degli interessi”, indipendentemente dalle ideologie di facciata.
Spendiamo, invece, qualche sottile osservazione in merito ai “fatti”. Ai tempi dei commenti espressi dagli addetti ai lavori (che pur essendo legati a questo o quel potere restano comunque meno “politicamente corretti”), citati con tanto di data da Barzanti, non si sapeva un bel nulla dell’operazione. Nulla di approfondito. Nulla che potesse dare in qualche modo la misura della operazione. Se è vero, come è vero, che la documentazione ad essa relativa è ancora oggi secretata.
Si parlava, a quel tempo, di 9 miliardi di euro. Una cifra che già così destava qualche perplessità ma che, pure, poteva essere lo scotto per spingere una banca “locale” ad assurgere a banca europea. Che non gliel’aveva mica ordinato il medico, ma tant’è!
Dopo pochi mesi, già nel 2008, le cose erano ben cambiate. E non solo per la crisi che cominciava a mordere arrivando dagli Usa. Erano proprio cambiati i numeri!  Erano così tanto cambiati che, ancora oggi, non si può dire con certezza quanto sia costata questa acquisizione alla banca Mps. Nove miliardi di euro? Dieci miliardi e trecento milioni di euro? Addirittura 17 miliardi di euro? Cifre ben diverse che possono cambiare radicalmente la visione e pure l’opinione circa l’opportunità di comprare Antonveneta.
Poi, come ricorda anche Mario Ascheri in una lettera a Barzanti, se i primi commenti delle Liste Civiche furono “cautamente dubbiosi” la guerra in Consiglio Comunale fu immediata. Pierluigi Piccini, esponente a capo delle liste civiche nel massimo consesso cittadino, a più riprese cercò di far comprendere – inutilmente – alle istituzioni e alla città che la china presa dalla banca e, di conseguenza, dalla Fondazione, avrebbe portato in un baratro, senza scampo, con il conseguente tracollo dell’economia della città e del territorio connesso. E più voci si alzarono inascoltate dalle assemblee dei soci della banca contro una scellerata operazione che non aveva avuto alcuna due diligence (lo sappiamo adesso) e che aveva pesantemente indebolito una delle banche più solide d’Europa. 
“Poi va ricordata la sciagurata sottoscrizione dell’aumento di capitale da parte della Fondazione – ricorda nella citata lettera Ascheri a Barzanti – Allora, i verbali cantano, si disse che la Fondazione non usava neppure la prudenza consigliata dagli stessi operatori finanziari ai padri di famiglia, oltre a non rispettare il proprio statuto, che imponeva la diversificazione degli investimenti. La vicenda di Nicola Scocca, del dirigente licenziato per aver richiamato agli obblighi statutari, è finita sui media e posso darla per acquisita”. ” La città sapeva e avrebbe dovuto reagire prima: i suoi intellettuali si sono distinti, come nella vicenda dell’Università…”, conclude  mestamente Ascheri.
Oggi sappiamo molte cose su quell’acquisizione ma ci manca la parola fine. Così come ci mancano nomi e cognomi di chi, a quel tempo, disegnò e guidò l’operazione. Non crediamo neppure per un minuto alla responsabilità unica dell’allora presidente Mussari. Un avvocato messo a dirigere una banca come era Mps non può permettersi neppure nei sogni di mettere in piedi una operazione di quel calibro senza “suggeritori” esperti e navigati. Sarebbe come mettere in sala operatoria a fare il chirurgo uno che ha sempre impastato il pane!
Le ragioni di quella operazione, poi, andrebbero ricercate. C’è chi, tornando indietro nel tempo, ha pensato alla presenza di Santander e Banca Antonveneta (sfera di influenza vaticana) e di “salvezza di documenti importanti e sensibili negli archivi di quest’ultima”, collegandoli alle voci di un subentro di Mussari alla carica di presidente dello Ior, carica ricoperta da Ettore Gotti Tedeschi, lo stesso che, a capo della sede italiana del Banco Santander, offrì a Mussari l’Antonveneta a quel prezzo “allettantissimo”.
Sembra il gioco delle tre carte. E forse lo è. Forse il gioco è stato un grande gioco; ad un tavolo a cui Ceccuzzi e compagnia cantante (a destra ed a sinistra per intenderci), neppure si sono sognati di sedere. E forse, neppure Mussari.
E non si tratta di dare una connotazione politica alla questione, quindi (sebbene il fatto che Mps spese tutti quei soldi in contemporanea con la- nascita del Pd è cosa su cui riflettere, in effetti) come lamenta, nella sua risposta ad Ascheri, il professor Barzanti, ma è cercare di raccontare una “storia italiana” di quelle veramente tristi e dai risvolti talmente oscuri che forse – come le peggiori storie italiane – non vedranno mai la luce.
Certo, se si resta nella narrazione dei fatti, non si può prescindere dal peso politico – o meglio dalle ingerenze politiche – che la banca Mps ha sempre dovuto subire nella gestione ordinaria e straordinaria. La politica ha fatto le sue manovre per guadagno e non certo per garantire il benessere dell’istituto senese; quindi ha in qualche maniera abdicato al suo ruolo principale che resta, malgrado questa masnada di politicanti da strapazzo, quello di essere al servizio della collettività. E credo che, anche su questo, non si possa proprio non concordare, visti sempre i fatti.
I sindacati, come ha ben ricordato l’articolo sul Corriere Fiorentino a firma dell’ex sindaco, non hanno mai fatto cenni di rivolta. Andava tutto bene dal momento che non si licenziava nessuno, che qualche iscritto faceva carriere insperate e che la banca continuava a garantire dividendi. Non importa come venissero conteggiati e se, per garantirli, si faceva man bassa di beni immobili o titoli diversificati in portafoglio magari anche convenienti… 
Dunque grazie, professor Barzanti, per questo triste spaccato del 2007. Un tempo che, diversamente da quanto Lei sostiene, a noi non pare così lontano. Pare, invece, vicinissimo perchè le facce che commentano, quelli che parlano, che difendono oggi l’operato di Profumo come facevano ieri con quello di Mussari, sono sempre gli stessi. Quelli che cantavano alla finestra per la “conquista di Antonveneta” sono gli stessi che adesso, con dicharazioni di una sfacciataggine sbalorditiva, sostengono la bontà del nuovo piano industriale e, al contempo, restano solidali con i dipendenti che, già da ieri e ancora prima, vengono invitati ad andare via. Così, semplicemente.
L’operazione di resettaggio delle menti, la storia raccontata sempre a metà, il voler dire “abbiamo sbagliato ma non siamo stati i soli, con noi hanno sbagliato anche altri” ed infine, la ridicola e già vista macchietta della guerra interna al Pd (tra ex Ds ed ex Margherita), dietro la quale si vogliono nascondere le questioni reali, l’autentico, tangibile sfacelo lasciato da una politica di clientele e inettitudine, se non corruzione, ha il sapore di una “muina” alla napoletana. Dove c’è confusione non c’è chiarezza. Dove c’è rumore non è sempre detto che ci siano cose fatte per risolvere. 
I sindacati, la Fondazione Mps, gli enti locali oggi, adesso, alla luce di quanto sta emergendo, sono gli unici soggetti chiamati a “fare”. A muoversi concretamente per salvare il salvabile. 
Un’azione di responsabilità, intanto. Come richiesto da più parti (Lega Nord, Sinistra per Siena, per esempio). La magistratura è già all’opera per chiarire una volta per tutte gli aspetti penali, qualora siano ravvisati.
Ma i senesi?
Sempre lo stesso dilemma. Mentre notiamo che qualche intellettuale pare svegliarsi dal letargico inverno della mente. Botta e risposta, intanto. Ma qualcosa comincia a muoversi. Si ignorano i blog e i quotidiani online che tentano di fare altra informazione (non sono “giornalismo d’autore”, illustre professor Barzanti… e quanto ci dispiace!) perdendo così l’occasione di un confronto con chi, invece, costruisce la sua opinione in attesa di ri-costruire una città. Ma anche questo non potrà restare così com’è.
Ma i senesi? 
Sono dietro e dentro tutte le associazioni, movimenti, gruppi, osservatori e via discorrendo, che si stanno formando in queste settimane? O sono sempre gli stessi nomi noti che stanno mettendo in piedi simboli “ad personam”? Escludendo la seconda ipotesi – perchè non reggerebbe il pensiero – c’è da sperare fortemente nella prima. Un sussulto di audacia, un fremito di cuore, un ondeggiare del capo rimasto troppo a lungo chino…  Non importa che siano tante, non importa che ancora non siano ben definite e neppure che ci sia qualche nome noto di riferimento. No. Non c’è nulla di male in questo. La cosa importante è dare oggi un segnale di vita ad una politica ancora ingessata nello stesso modus operandi: una non-politica, ormai ridotta ad un autoreferenzialismo prepotente che ha già fagocitato anche i più giovani e che non trova spazio in una società nauseata – forse ancora non abbastanza ma la misura sarà presto colma – dal “magna-magna” e dalla presunta immunità del potere.
Siena, presa ad esempio (negativo) per la commistione tra politica e finanza dal professor Luigi Zingales, economista e docente alla University of Chicago in una intervista di David Allegranti sul Corriere Fiorentino potrebbe, invece, puntare ad essere la città esempio di rinascita morale, sociale ed economica dell’Italia.
Potrebbe. Perchè adesso ha l’attenzione dei media di tutto il mondo e avrebbe un ottimo palco da cui mostrare il suo spirito intraprendente, indipendente, intransigente… tutti aspetti rimasti troppo a lungo “ignorati” e sotto una coltre di assuefazione. 
La riscossa di Siena… un film da vedere. Un epico, fantastico, storico, documentaristico racconto…  altro che saga di Harry Potter!
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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