di Red
SIENA. Sentire parlare di nazionalizzazione delle banche, in questi giorni che mettono fine alle pagliacciate sulla Banca Carige, ci risulta – e ci perdonino i nostri lettori – disgustoso e vomitevole. Sette anni fa avevamo chiesto da queste colonne la nazionalizzazione di MPS e della banca ligure, incassando le ironie e il disprezzo degli eroi del fallimento della banca più antica del mondo e la minaccia che, in quel caso, a Siena sarebbero rimaste solo le mura di Rocca Salimbeni da parte di un profumato manager davanti a centinaia di persone a una Festa dell’Unità in Fortezza (bei tempi andati!). Profumato, alla fine, solo il conto che ci hanno presentato per le malefatte passate e presenti.
Non trovate ridicole le affermazioni di un Renzi o di una Boschi che vanno dicendo in televisione come questo governo abbia nazionalizzato Carige usando gli stessi strumenti usati da loro in passato? Non vi meravigliano le accurate ricostruzioni dei professionisti dell’informazione economica che fanno cominciare questo processo dai tempi dei Tremonti bond con la disinvoltura di chi all’epoca non era nemmeno nato, senza ricordarsi di aver negato tutto in quei frangenti? Non si ricordano più nemmeno che l’unica volta che su La Nazione il direttore Tedeschini, il 18 aprile 2012, lasciò intendere che sulle malefatte nella banca la stampa ne sapesse molto senza averne mai scritto nulla, fu licenziato in tronco dai Riffeser?
Questa involontarie e comiche ammissioni che fin dai tempi dei “Nuovi strumenti finanziari” abbiano di fatto realizzato (e male) la nazionalizzazione del Monte dei Paschi fanno quasi più male all’intelligenza dei pessimi risultati ottenuti dalla Commissione d’inchiesta Bicamerale presieduta da Pier Ferdinando Casini (suocero dell’attore protagonista nel Cda montepaschino Caltagirone): non è arrivata a niente. Peggio mi sento, se ripenso alla Commissione d’inchiesta della Regione Toscana guidata da un Giannarelli, che ne ha tratto la conclusione che a Siena non si doveva nemmeno indicare un candidato sindaco 5 Stelle…
Aver negato al popolo la verità dei fatti, che pure era facilmente intuibile anche senza conoscere il conto economico delle banche, vista la qualità dei loro dirigenti, le manovre più o meno politiche per le assunzioni, per la concessione del credito, per la disinvoltura con cui senza cultura specifica ci si era accostati alla finanza speculativa (che non era mai stato il core business delle banche italiane e meno che mai del Monte dei Paschi di Siena), ha solo aumentato la confusione e il conto finale. Che toccherà al popolo pagare, mentre lor signori – e qui facciamo l’ennesima profezia di Cassandra – andranno tutti in prescrizione. La cui eliminazione o anche l’allungamento a venti anni – tanto ancora toccherà subire a Siena prima di tornare a tempi migliori – sarebbe la vera riforma che potrebbe cambiare l’Italia. Quella che insegna che rubare non paga più… dividendi.