Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto

Fibonacci, Siena e la divina proporzione

Chiesa di San Nicola a Pisa e l’intarsio di Fibonacci

di Augusto Codogno

SIENA. Mettetevi comodi e mentalmente pronti ad affrontare uno degli argomenti più interessanti e misteriosi che ci siano mai capitati. Stavolta andiamo a toccare qualcosa che va oltre la scienza, oltre la filosofia e che potrebbe finalmente rispondere alle tante domande che da sempre si pone il genere umano. Entreremo nel profondo della conoscenza, nel mistero della natura e del cosmo e ne usciremo con qualche dubbio in meno, ma soprattutto con la consapevolezza che tutto nell’universo ha un medesimo filo conduttore, un denominatore comune.

Per un amante della storia e della letteratura come me, affrontare un argomento che, sembrava in un primo momento riguardare esclusivamente la matematica, l’algebra e la numerologia, non era certo un ostacolo da poco. In realtà, addentrandomi nella storia e nella vita di un famoso “pisano” del duecento, ho scoperto un mondo affascinante che indirettamente aveva toccato anche la nostra città molti secoli fa. Il personaggio in questione è Leonardo Fibonacci (detto anche “Bigollo”), ma andiamo immediatamente a conoscerlo.

CHI ERA LEONARDO PISANO (FIBONACCI)

Leonardo Bonacci nacque a Pisa intorno al 1175 e morì nella stessa città intorno al 1235 da Guglielmo Bonacci e Alessandra. Ebbe almeno un fratello di nome Bonaccinghus. Essendo “filius Bonacci” venne inevitabilmente chiamato Fibonacci, ma anche più comunemente Leonardo Pisano o anche “Bigollo, Bighollo, Bigholli”, soprannome dovuto ai tanti viaggi in terre straniere. E’ considerato uno dei più grandi matematici di tutti i tempi e la sua fortuna cominciò già in tenera età quando il padre, uno dei più grandi mercanti Pisani (fine 1100) operante in diverse nazioni “oltremare”, lo introdusse agli studi dei saperi di quelle terre straniere. Prima in Cabilia (odierna Algeria), dove studiò l’aritmetica del mondo arabo ed i suoi numeri che, allora, non erano ancora chiamati “arabi”, ma” indiani” o “indi”. Poi una serie di viaggi in diversi luoghi del mediterraneo (Egitto, Grecia, Siria) gli fecero conoscere tecniche mercantili, algebra, geometria, insomma una cultura totalmente diversa da quella europea e da noi ancora quasi sconosciuta. L’approdo infine a Costantinopoli e lo studio dei trattati arabi, in particolare di quelli di Muhammad ibn Musa al-KHwarizmi Abu Kamil e l’algebra dell’ ebreo spagnolo Abraham ibn ‘Ezra, lo portarono ai vertici delle conoscenze di quei tempi. Ritornato a Pisa divenne una personalità molto richiesta, tanto da essere chiamato alle corti di tutti i sovrani più importanti (come l’Imperatore Federico II), ma Leonardo volle rimanere in patria e continuare i suoi studi.

La sua città nel 1228 gli conferì il titolo di “Discretus et sapiens magister Leonardo Bigollo” e più tardi gli conferì un vitalizio di XX libre annue per i suoi inestimabili servizi: Considerantes nostre civitatis et civium honorem atque profectum qui eis tam per doctrinam quam per sedula obsequia discreti et sapientis viri magistri Leonardi bigolli in abbacandis estimationibus et rationibus civitatis eiusque officialium et aliis quoties expedit conferuntur ut eidem Leonardo merito dilectionis et gratie atque scientie sue prerogativa in recompensatione laboris sui quem sustinet in audiendis et consolidantis estimationibus et rationibus supradictis a comuni et camerariis publicis de comuni et pro comuni mercede sive salario suo annis singulis libre XX denariorum et amisceria consueta dari debeant ipseque pisano comuni et suis officialibus in abbacatione de cetero more solito servat presenti constitutione firmamus”.

SIENA E LEONARDO FIBONACCI

Intanto erano nate le prime scuole nelle quali Fibonacci insegnava quanto appreso. La sua fama era ormai universalmente riconosciuta e nel 1202 aveva pubblicato la prima edizione del “Liber Abbaci”, che poi rivide e corresse in una seconda edizione del 1228, scritta su richiesta dell’amico (filosofo scozzese) Michele Scoto. In questa opera introduceva le “nove cifre indiane” e per la prima volta il segno “Zero” che i latini chiamavano “Zephirus” e ben conoscevano, ma che ritenevano inutile. Nel libro presentò inoltre criteri di divisibilità, regole di calcolo di radicali quadratici e cubici ed introdusse con poco successo la barra delle frazioni, già nota al mondo arabo. Nel libro sono anche compresi quesiti matematici, di aritmetica commerciale, di ragioneria, sui cambi, con relativa soluzione. All’epoca il mondo occidentale usava i numeri romani applicati al sistema di numerazione greco e i calcoli si eseguivano con l’abaco. Questo nuovo sistema stentò molto ad essere accettato, tanto che nel 1280 per esempio, la città di Firenze proibì l’uso delle cifre arabe da parte dei banchieri. Si riteneva infatti che lo “0” apportasse confusione e venisse impiegato anche per mandare messaggi segreti e, poiché questo sistema di numerazione veniva chiamato “cifra”, da tale denominazione deriva l’espressione “messaggio cifrato”.

La prima edizione del “Liber abbaci”  (1202) è andata persa, ma la seconda edizione del 1228, si conserva ancora oggi in tre città italiane: Roma, Firenze e Siena. Intanto erano nate le prime scuole nelle quali Fibonacci insegnava quanto appreso e tra le prime ci furono sicuramente Pisa, Firenze, Siena, Bologna e Venezia. Anche il fatto che la nostra città abbia conservata (Biblioteca Comunale L.IV.20) una delle copie originali del 1228 certifica come probabilmente, fin dagli inizi, a Siena ci fu una scuola o comunque un maestro di questa nuova disciplina. Questo importantissimo manoscritto, grande e pesante misura 20,5 centimetri di larghezza per 30 di altezza e 5 di spessore e reca ancora la scritta sul dorso “LION.PISANI DE ABACO”. Nella mia ignoranza infinita e, nonostante sia un buon frequentatore della nostra biblioteca pubblica, ignoravo che al suo interno fosse preservato un volume di tale importanza. Privo del capitolo nr. 15 è composto di 224 fogli scritti su entrambe le facciate con inchiostro marrone, mentre le cifre sono rigorosamente in rosso.

Fino dal loro primo apparire, le “scuole d’abaco” si configurarono generalmente, accanto alle scuole di grammatica, come un livello di studi medio, che faceva seguito ad un primo ciclo scolastico elementare in cui i ragazzi imparavano a leggere e scrivere in latino e volgare. Mentre la scuola di grammatica era dedicata all’approfondimento della grammatica latina ed allo studio delle lettere, della retorica e della logica, la scuola d’abaco era riservata all’apprendimento della matematica e aveva in prevalenza lo scopo di preparare all’esercizio di attività mercantili, commerciali e artistiche. Uno dei primi a trasmettere gli insegnamenti del Pisano fu un Maestro di Abaco di Bologna, tale Pietro, che compare in un documento del 1265, ma anche suo figlio Giovanni (nel 1279).

Sempre nel 1279 compare anche il Maestro Michele pagato dal Comune di San Gimignano. Il fatto che la scuola di Leonardo Fibonacci, o almeno i suoi discepoli, fossero già trapiantati a Siena, ce lo conferma anche il nostro “Ordo officiorum de Legiae senensis”, redatto nel 1215, nel cui indice compaiono per la prima volta le cifre cosiddette “indoarabiche”. Successivamente famosissimo fu anche il Maestro d’Abaco Gilio di Cecco da Montepulciano, stipendiato dal Comune di Siena dal 1374 al 1375 e dal 1405 al 1407 e nei primi del quattrocento anche Giovanni Pucci da Siena.

LA SEZIONE AUREA E LA FIRMA DI DIO

Leonardo Pisano divenne anche famoso per quella che passerà alla storia come la “Successione di Fibonacci” e cioè una sequenza di numeri interi positivi in cui ciascuno è la somma dei due precedenti. Questi numeri verranno anche detti “Numeri di Fibonacci”. Senza addentrarmi nei meandri della matematica, di cui non sono particolarmente avvezzo, concludo dicendovi che aveva scoperto una cifra costante che aveva come punto di arrivo il numero 1,618 ed il conseguente rapporto 0,618. Si tratta della famosissima “Sezione Aurea” o “Costante di Fidia”, anche detta “Proporzione Divina”, “Firma di Dio”, “Numero d’oro”, “spirale divina”.

In realtà Fibonacci aveva trovato solo una strada certa per giungere a questo punto di arrivo, poiché è dimostrato che questo rapporto era conosciuto anche da altre popolazioni del nostro pianeta ed era usato (consciamente o inconsciamente), in vari ambiti, anche secoli e secoli prima. Quindi questa proporzione era applicata già dai Sumeri, dagli Egizi, dai Maya, spaziando dalla matematica alla scultura, dalla pittura all’architettura, dalla geometria alla letteratura, dalla musica all’astrologia. Per farvi capire meglio la sezione aurea non sarebbe altro che un numero già adoperato dalla natura e dal cosmo in modo intrinseco, forse selezionandolo in milioni di anni di esperienza nel nostro universo. Per questo viene chiamato anche “la firma di Dio”, come se fosse stato lo strumento con il quale il creatore si è basato per costruire il nostro mondo.

Vi farò alcuni esempi in cui risulta applicato il numero d’oro dall’uomo: La Grande Piramide di Cheope, il Tempio della Concordia, il Partenone, il Pantheon, la Cattedrale di Notre Dame, la Cattedrale di Colonia, il Duomo di Milano, il Portale di Castel del Monte, l’Architettura di Raffaello, di Le Corbusier, il Duomo di Siena, la Gioconda di Leonardo, l’uomo Vitruviano, la Venere del Botticelli, la Piramide di Teotiuacan in Messico…

Ora alcuni esempi esistenti in natura: nel corpo umano la distanza dal gomito alla mano (con le dita tese), moltiplicata per 1,618, dà la lunghezza totale del braccio; la distanza che va dal ginocchio all’anca, moltiplicata per il numero d’oro, dà la lunghezza della gamba, dall’anca al malleolo; anche nella mano i rapporti tra le falangi delle dita medio e anulare sono aurei, così il volto umano è tutto scomponibile in una griglia i cui rettangoli hanno i lati in rapporto aureo.

Ma anche la spirale di una galassia, la disposizione dei semi di girasole, le foglie del cavolfiore, il guscio delle chiocciole, I pistilli sulla corolla dei fiori, le pigne, le foliazione delle piante, le frequenze cosmiche, le ragnatele…

IL VALORE ESTETICO DELLA SEZIONE AUREA

Nel Rinascimento, eminenti artisti, quali Leonardo da Vinci e Sandro Botticelli, rimasero affascinati e chiamarono “divina proporzione” il rapporto aureo, considerandolo la “chiave mistica dell’armonia” nelle arti e nelle scienze. Nel 1500 Luca Pacioli, pubblicò l’opera “De Divina Proportione”, in cui al rapporto aureo attribuiva un significato mistico, “divino”. In conclusione la “Sezione Aurea” è il punto di arrivo dell’uomo che, ricercando l’armonia dell’universo, ha trovato finalmente una formula che la rappresenta.

Scriveva Galileo Galilei: La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi e agli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intendere umanamente parola: senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”.

Fatto sta che, se vi faccio vedere alcune figure, ad esempio dei rettangoli o dei triangoli e vi chiedo quale vi piace di più, voi sceglierete inconsciamente quelle che hanno (a vostra insaputa) un rapporto aureo. Il numero d’oro sembra dare alla visione dello spettatore una sensazione di geometrica armonia. Ma alla fine di questa, spero non noiosa dissertazione, proviamo a tirare qualche conclusione.

L’uomo, la natura e l’Universo sono inevitabilmente collegati tra loro da connessioni, leggi e canoni. L’armonia che esiste (per volere Divino o meno) sembra rispondere a delle regole precise che accomunano nella forma e nella sostanza il nostro mondo. Fibonacci, tra i tanti, ha trovato una delle strade per interpretare e dare un valore a questa armonia che collega il nostro Universo. Perché la natura risponda a delle regole matematiche non lo sapremo mai, ma la curiosità dell’uomo è talmente tanta che prima o poi sapremo anche questo.

Post Scriptum

A Pisa, dopo un restauro effettuato nella Chiesa di San Nicola in via Santa Maria, è emerso un intarsio che, secondo lo studio di Pietro Armienti, docente di Petrologia e Petrografia dell’Università di Pisa, recentemente pubblicato sul Journal of Cultural Heritage, ha permesso di interpretare le eleganti geometrie della lunetta sopra l’originario portale principale, come un riferimento alla celebre successione numerica individuata dal matematico Fibonacci (vedi foto).

4 Commenti

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  2. Mario Ascheri

    ricchissimo, caro Augusto! hai messo assieme un sacco di cose…Attenzione: l’Ordo del 1215 è ECCLESIAE SENENSIS

    Reply
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