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Il palio di Coenegracht visto da Elisabetta Cioni

La storica dell'arte ha presentato l'opera dell'artista belga

SIENA. E’ un onore e un piacere per me – come senese, come donna, come storica dell’arte – essere in questo luogo, testimone privilegiato di fantastiche vicende di uomini e di cavalli, per presentare il drappellone dipinto da Jean- Claude Coenegracht per questo Palio dedicato all’Assunta, nel quale si è voluto innestare la celebrazione di un importante anniversario: settanta anni da quando – il 10 marzo 1946 – le italiane, per la prima volta nella storia del nostro Paese, esercitarono il diritto di voto nelle elezioni amministrative tenutesi dopo la caduta del fascismo, e di lì a poco nel referendum nazionale del 2 giugno per scegliere tra Monarchia e Repubblica. Sia pure con grande ritardo rispetto alle donne di altri Paesi europei, le italiane esprimevano ora la propria opinione con un voto: una conquista – insieme a quella del diritto della donna di essere eletta – avvenuta in un clima sociale non favorevole, che apriva loro “orizzonti molto più vasti di quelli fino allora conosciuti”, come ha scritto Patrizia Gabrielli. Le donne avrebbero dovuto fare ancora tanta strada: spesso faticosa. Ma nell’Italia da poco uscita dalla guerra fu un momento ricco di molteplici implicazioni: si guardava al futuro, era l’inizio di un percorso che si apriva alla speranza di un mondo migliore.

L’avvenimento che la carriera di questo agosto 2016 celebra consente di entrare subito in medias res: perché non sarebbe giusto osservare e illustrare il drappellone appena svelato senza tener conto di quanto la committenza – il Comune di Siena – ha richiesto a Jean-Claude Coenegracht: e cioè esplicitare in immagini allegoriche il significativo anniversario. Un tema dunque civile e istituzionale contemporaneo da coniugare nel contesto della tradizionale iconografia d’obbligo del Palio di agosto che prevede la determinante presenza di Maria Vergine Assunta. Il compito niente affatto facile Coenegracht l’ha assolto in modo eccellente: e ciò dà subito la misura della qualità e delle capacità, per altro note e sperimentate, di questo artista belga – nato a Liegi nel 1948 – per il quale Siena è una città di elezione. Qui ha assistito per la prima volta al Palio nel lontano 1978 e da allora è stato tutto un via-vai. Nella nostra città si sente ormai – per così dire – a casa. Nel considerare l’ambitissimo premio destinato alla Contrada vittoriosa non possiamo, infatti, scindere l’aspetto iconografico da quello stilistico. E se l’artista è riuscito ad assolvere il compito non facile senza sforzo apparente ciò è dovuto alla sua profonda conoscenza della cultura figurativa europea, alla sua indubbia capacità di rielaborarla in una personale visione – dai tratti spesso onirici – grazie a una fantasia fervida, al suo desiderio di sperimentare, di tradurre in immagini ciò che la mente elabora, ciò che egli vive e ha vissuto, grazie all’entusiasmo per il suo mestiere, unitamente a una straordinaria abilità tecnica. Coenegracht, che ha compiuto i suoi studi all’Académie Royal des Beaux-Arts di Liegi, in disegno, incisione e pittura e ha tenuto esposizioni personali in numerose e importanti città europee (Liegi, Bruxelles, Namur, Anversa, Basilea, Stoccarda, Parigi, Nizza, Milano, Praga, Colonia, Biarritz) ama infatti dipingere su supporti diversi: tele, cartoni, legno, carta – come ha chiarito proprio la recente mostra di Biarritz – disegni colorati su seta. Una sperimentazione tecnica continua e febbrile caratterizza il suo percorso iniziato con una solida formazione e con un attrezzato bagaglio culturale.

Forse inaspettatamente, inizierò la lettura del dipinto dalla parte inferiore, dove la composizione, che presenta cinque donne di età diversa, due delle quali in atto di votare, sembra felicemente ispirarsi ad alcune figurazioni di quel movimento artistico, sviluppatosi in Europa tra l’ultimo decennio del XIX secolo e lo scoppio della Grande Guerra, che in Italia si chiamerà Liberty, ma anche Arte Nuova o Stile floreale. Il nuovo gusto estetico, che privilegiava i motivi floreali e tendeva ad annullare il confine tra le opere prodotte dall’uomo e la natura, giungerà a far parte della vita quotidiana e a determinarne l’immagine visiva. Le italiane di Coenegracht, nei movimenti, nei gesti eleganti e sofisticati, nella loro seducente bellezza, evocano con originale estro iconografico certe donne di Leonardo Bistolfi – penso al manifesto dell’Esposizione Internazionale di Torino del 1902 – e forse, ancor di più, le ragazze tra gli iris, i papaveri e i melograni dipinte – all’aprirsi del ventesimo secolo – da Ettore De Maria Bergler a villa Igiea a Palermo. Del resto – basti citare Vittorio Giunti – quella poetica ha avuto riscontro largo nei nostri drappelloni. Queste italiane che si accingono a votare hanno abiti leggeri, decorati con foglie di rosa: quelle rose – emblema araldico «della Bellezza, dell’onore incontaminato, della Soavità dei costumi, della Nobiltà e del Merito riconosciuto» – che fioriscono dallo stemma di Siena: ed è sopra questo stemma che una delle protagoniste lascia cadere la scheda – grande, lievemente fuori scala – dove ha appena espresso il suo voto. Le allusioni simboliche sono evidentemente molteplici. Rami di rose compaiono anche sullo sfondo di questo universo femminile. Non si può non ricordare allora che la rosa è per eccellenza il fiore connesso a Maria Vergine definita «rosa senza spine». Nell’arte italiana la Madonna è talvolta raffigurata con questo fiore in mano o sullo sfondo di un roseto. Con originale invenzione il pittore ha decorato con foglie di rosa anche i lunghi capelli dell’Assunta che – nel rispetto di una gerarchia di ascendenza medievale – campeggia nel dipinto in posizione correttamente preminente, nell’aura luminosa del suo velo. Si crea così un significativo e ideale collegamento con le italiane in atto di votare o che si accingono a farlo: donne con acconciature sofisticate, piene di grazia femminile nei loro abiti a decoro floreale, arricchiti dal guizzare di studiati tocchi di colore. Delineate con tratti rapidi e sicuri, incisivi, esse appaiono al tempo stesso determinate e convinte: esprimono coraggio e desiderio di cambiamento. Hanno volti pensosi, consapevoli – memori delle sofferenze e degli orrori della guerra – fisionomie e profili forti, capigliature graficamente insistite che evidenziano appieno come Coenegracht sia un acutissimo disegnatore. E’ qui che emerge il carattere nordico del suo temperamento sul quale incide la testimonianza del più alto rappresentante del Rinascimento del Nord, Albrecht Dürer, così come la sua poetica curiosità, la sua intensa e partecipata ricerca di una forma che esprima al meglio il contenuto. Emerge anche come egli sia un profondo conoscitore dell’arte italiana. Per la loro autorevolezza questi ritratti femminili sembrano aver tratto ispirazione infatti dal corpus figurativo di quel sontuoso pittore di corte che fu Antonio Pisano, detto il Pisanello e in particolare dalla sua impareggiabile attività di medaglista. Questa parte del dipinto evidenzia l’ampio registro di interessi iconografici dell’autore, ben radicati nella sua mente e che egli è in grado di rielaborare con autonomia e originalità: un registro che spazia verso confini vasti e lontani nel tempo. Coenegracht infatti ama dare alle sue opere una patina d’antico. Questa pluralità di interessi e di riferimenti non deve sorprendere. Nell’elaborare il proprio peculiare linguaggio gli artisti si alimentano sempre delle testimonianze figurative che li precedono. E’ la conoscenza di queste testimonianze ad accrescere la loro creatività. Nel 1981, in un drappellone che non si sarebbe potuto immaginare più innovativo, Valerio Adami citava – nella figura dell’Assunta – il ferrarese Cosmè Tura. Le capacità grafiche del pittore emergono anche nella parte finale, destinata a una visione più ravvicinata e conclusa da una frangia colorata. Qui sono disposti gli emblemi delle Contrade che prenderanno parte alla carriera di questo agosto, disegnati con tratto sicuro su un prezioso fondo oro, in bell’ordine: immagini rispettose, puntuali, ma fresche e niente affatto convenzionali. Lo dimostra la soluzione prescelta – di una semplicità solo apparente – di indicare i rispettivi colori araldici del favoloso bestiario con rapide pennellate che accompagnano l’emblema. Appena al di sopra, sullo sfondo di una fascia scura che include la data, gli stemmi del Popolo e della Città di Siena, del Sindaco, una figurazione più intima, anche per le dimensioni, da osservare da vicino, in uno spazio che il pittore sembra aver riservato per sé: una sorta di moderna drôlerie. Ecco allora emergere qui il profilo – delineato di bianco – del cavallo vittorioso indagato con rapida, ma veridica attenzione: è in procinto di arrivare al bandierino in uno sforzo conclusivo come si intuisce dalla criniera mossa e dalle narici aperte. Il protagonista, il vero protagonista del Palio delle Contrade, di questa festa unica perché metafora dell’umana esistenza, è accolto, sullo sfondo appena accennato del Campo e del Palazzo pubblico, da un contradaiolo esultante che nella sua forma elementare appare uscito dalla mano di un bambino. Viene da pensare che con questa singolare soluzione il pittore abbia voluto alludere all’aspetto giocoso della festa (almeno in parte, oggi da recuperare), e all’esplosione di quella gioia che solo a Siena è dato provare.

Se per cogliere tutto questo è necessaria una visione ravvicinata, ognuno di noi potrà ammirare anche da lontano la maestosa raffigurazione dell’Assunta, di convincente immediatezza, destinata a emergere in tutto il suo splendore nel consueto percorso nel Campo. Anche in questo caso la delineazione dell’immagine è complessa, le allusioni al passato filtrate attraverso lo stile peculiare di Coenegracht non sono immediate da cogliere. Ha il volto vero, levigato, prezioso e assorto di una Madonna di Rogier van der Weyden questa immagine dell’Assunta che sfoggia collana e pendenti di perle. Con la sua lunga e folta capigliatura castana decorata con foglie di rosa – simili a quelle delle donne che si accingono al voto e a contrasto con il bianco immacolato della veste – ricorda la bellezza sensuale prediletta dal poeta e pittore preraffaellita Dante Gabriele Rossetti. Un velo bianco sfumato di azzurro e verde-acqua, ricco come quello di una regina che va in sposa, impreziosito di perle, sigla i contorni della figura e le dà inequivocabile risalto. Un’idea stupenda da far risalire anch’essa – unitamente a quella della regale corona – alla familiarità di Coenegracht con la pittura fiamminga. E’ soprattutto per questa seducente immagine della Vergine – credo – che quest’opera resterà impressa nella nostra mente anche nella dimensione del tempo che passa impietoso. Lo sguardo intenso e protettivo dell’Assunta è tutto rivolto a una Siena in tripudio collocata, con brillante invenzione, su una falce di luna nelle eleganti tonalità dell’azzurro. La civitas Virginis è avvolta in una nebbia tenue che sfuma i contorni per altro riconoscibili della torre del Mangia e del Palazzo pubblico. Nel Campo – che ha i connotati di un prato – uomini e cavalli esultano con lo stesso entusiasmo. Alcuni riescono a volare molto in alto, al di là di ogni umana possibilità. E’ l’ansia dell’attesa che si annulla nella esplosione di una gioia incontenibile.

Vorrei concludere ringraziando Jean-Claude Coenegracht per questo drappellone dove storia, realtà, sogno, fantasia, tradizione trovano espressione in un raro equilibrio formale. Un drappellone di grande perizia tecnica, di buona pittura antica, dai colori attentamente studiati, ricco di luminosità. Mi piace credere che tutto ciò sia di buon auspicio per una festa senza ombre, serena, per una carriera nella quale la generosità dei cavalli sia esaltata – in solidale connubio – dal coraggio degli uomini. Un drappellone dipinto con strenuo impegno – come dimostrano gli innumerevoli bozzetti preparatori – e con la consapevolezza di chi sa di dar vita a un’opera d’arte unica per il suo destino, preparandola anche con amore, con il cuore, come Coenegracht aveva promesso. E tutto ciò non può che accrescerne i significati e le risonanze in ognuno di noi.

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