Prestigioso volume su Piero della Francesca

AREZZO. La prestigiosa sede della Casa Museo Ivan Bruschi, dimora del più illustre antiquario aretino e custode della sua ricchissima e raffinata collezione, ha ospitato il 21 febbraio, Giornata del Libro, la presentazione di un volume altrettanto prezioso e raffinato: il facsimile del “De prospectiva pingendi” di Piero della Francesca realizzato da Aboca Museum Edizioni. Racchiuso in un pregevole cofanetto in tela ‘imitlin’ nera con decori in oro a caldo, il facsimile riproduce in forma fedelissima, emulandone anche le proprietà sensibili (rilegatura con cucitura a mano in pelle allumata, copertina in pelle di montone con assi di faggio stagionato, fermagli in ottone), il manoscritto pierfrancescano conservato nella Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, uno dei soli tre esemplari originali del famoso trattato ( gli altri due si trovano a Milano e a Parma, Biblioteca Palatina), con cento disegni autografi di Piero.
Sono intervenuti Luisa Maria Casillo, presidente del Centro Unesco di Arezzo, promotore dell’evento insieme ad Aboca Museum, rappresentata dal suo direttore Paolo Cambrai, il restauratore e docente universitario di Siena Stefano Mastriforti e lo storico dell’arte e docente dell’Università di Parma Massimo Mussini. A quest’ultimo, assieme al matematico Luigi Grasselli, si deve il ‘Commentario’ critico unito all’opera, analizzata in forma scientifica e approfondita. Una ‘follia di Aboca’ ha definito scherzosamente il professor Mastriforti il progetto editoriale, alludendo al grande impegno profuso nel laborioso confezionamento con antiche tecniche artigianali: in realtà un atto di lungimiranza dell’Editore, ad uso professionale per studiosi di pittura, matematici, bibliofili, in linea con lo spirito in cui Piero stesso l’aveva concepito, come manuale per pittori di livello, ponendo definitivamente in forma sistematica le basi della prospettiva teorica (dopo averne già esposto le premesse nelle precedenti sue opere “Abaco” e “Libellus de quinque corporibus regolaribus”).
Sul sottofondo delle note di un pregevole violino la voce recitante di Barbara Petrucci ha proposto alcuni importanti obiettivi del trattato con le parole stesse dell’artista: “aumentare et decrescere per forza di linee profili et contorni proporzionalmente posti nei luoghi loro”. E questi obiettivi Piero della Francesca già aveva iniziato a metterli in pratica fin da alcune prime e famose opere, come il ‘San Girolamo’ del 1450 e ‘Sigismondo Malatesta davanti a San Girolamo’, finora considerate dalla critica non ancora perfettamente aderenti alle regole prospettiche e che invece l’approfondito intervento del Prof. Mussini ha dimostrato essere un’importante tappa del percorso innovativo con cui Piero concilia la tradizione tardogotica con le nuove idee umanistiche, unendo inscindibilmente geometria e pittura.
Figlio di un commerciante biturgense che l’aveva avviato agli studi di abaco e grammatica, Piero è anche figlio radicato del suo tempo, ne conosce le problematiche e i protagonisti, tra cui gli umanisti Leon Battista Alberti e il Laurana che opera nella splendida Urbino dei Duchi di Montefeltro. Per il Duca Federico Piero della Francesca realizzerà la “Pala” con l’uovo appeso alla conchiglia (oggi nella Pinacoteca di Brera), capolavoro di illusionismo ottico che permette di far percepire dentro la nicchia personaggi in realtà ad essi esterni, creando un abile gioco prospettico, come nella enigmatica ‘‘Flagellazione”’, in cui le due scene sono una in fuga all’infinito, l’altra proiettata in avanti. E questo non per un mero sfoggio di sapienza pittorica, ma per rendere ‘commensurabile’ i contorni della figura umana nello spazio, per ridare a essa quella ‘dignitate’ rispetto alla realtà naturale rivendicata dall’umanesimo, per esprimere e ribadire messaggi morali, spirituali, ‘politici’. In Piero la matematica si congiunge sempre all’etica: la pittura per lui, se fondata su geometria e matematica, è uno strumento di conoscenza della realtà, una vera ‘scienza’, senza perdere il suo spessore di messaggio rivolto all’interiorità, alla ‘conscientia’, alla ‘humanitas’.
In questo campo si è addentrato nel corso della serata con grande competenza e chiarezza Mussini, come già aveva fatto il 10 dicembre 2010 presso il Museo d’Arte Medievale e Moderna in occasione di un altro evento dedicato al volume realizzato da Aboca Museum Edizioni, con interventi del Soprintendente Agostino Bureca e di Valentino Mercati, presidente di Aboca Museum. Con puntuali riferimenti a varie opere anche di altri artisti, lo storico di Parma ha dimostrato, sulla scorta di lunghe ricerche da lui compiute negli archivi di Sansepolcro, la datazione del trattato ‘’De prospectiva pingendi’’ tra il 1472 e il 1475 ( anticipandone la stesura rispetto a quanto desunto in precedenza dalla “Vita” dell’artista scritta da Giorgio Vasari) e le geniali intuizioni e applicazioni di regole geometriche e matematiche che Piero desume e rielabora da varie fonti antiche e moderne.
Piero morì il 12 ottobre 1492, ormai da qualche anno cieco, ma per lunghi anni aveva visto benissimo con occhi, mente e mani, lasciandoci un patrimonio teorico e artistico davvero, in questo caso, ‘incommensurabile’, in parte purtroppo, come il ‘’Battesimo di Cristo’’, ormai fuori dei confini italiani, ma per lo più conservato stabilmente nella ‘terra di Piero’. E tra questo scrigno uno dei gioielli più preziosi è il ciclo di affreschi della Basilica di San Francesco ad Arezzo, “La Leggenda della Vera Croce’’: qui – ha sottolineato Mussini – l’artista ha dato forse il massimo della sua capacità di perfezione strutturale, simbolica e prospettica, creando vari punti di fuga l’uno in relazione all’altro e all’intero nucleo narrativo.
Ed è per questo motivo che il Centro Unesco di Arezzo si batte dal 2004 perchè si avvii da parte delle autorità competenti l’iter per l’inserimento della Cappella Bacci nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, riservato a beni che hanno caratteri di unicità, universalità, internazionalità: certamente peculiarità che non mancano alle opere di Piero della Francesca ed a questo ciclo di affreschi in particolare, conosciuto e ammirato sempre più.
Puntare con tutte le forze ed ottenere questo riconoscimento significativo e ulteriore alla grande arte pierfrancescana – perla e risorsa preziosa del territorio – potrebbe sicuramente dare un importante contributo anche nell’accrescere l’immagine e il flusso turistico verso Arezzo e la sua provincia, a cui l’artista del Borgo era profondamente legato, tanto da prenderne spunto per ritrarre paesaggi, mura, volti e da farne fino all’ultimo la sua radice e sede vera. Piero sapeva far bene i suoi calcoli e realizzare grandi progetti e meravigliosi scritti: i suoi eredi ne saranno altrettanto degni?
(Nella foto, da sin. Massimo Mussini, Stefano Mastriforti e Paolo Cambrai)