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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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La battaglia sulla cultura… e quella sulle elezioni

Le schermaglie politiche e il silenzio della società civile

di Raffaella Zelia Ruscitto 

SIENA. Siamo sconcertati! E’ la frase che passa di bocca in bocca ai tanti politici senesi che hanno appreso della chiusura del Santa Maria della Scala. E’ proprio vero che non c’è più pudore in questo mondo!
La chiusura di una struttura di pregio che il resto del mondo ci invidierebbe (se solo ne conoscesse a fondo le potenzialità, ma questo risulta difficile, tenuto conto che nessuno si è peritato di svilupparle), lascia senza parole chi avrebbe dovuto conoscere perfettamente non solo il valore ma anche le debolezze che il complesso monumentale ha ormai da tempo. 
Stupisce che a sconcertarsi siano i rappresentanti dei partiti di appoggio alla maggioranza. Ma non si erano mai confrontati con l’ex sindaco su eventuali progetti volti al ri-lancio della struttura? Forse un confronto c’era stato in verità: andando a ricercare il programma “Bella meravigliosa 2.0”, in effetti, le idee erano tante. Il Santa Maria della Scala doveva diventare una “fabbrica”, un luogo in cui si faceva arte, si promuoveva arte, si restaurava arte… una vera e propria fucina in ideale bilico tra il medioevo e il 2100. Se al Sel è stato venduto questo progetto comprendiamo “lo sconcerto”. Ma qui, di sconcertati – almeno tra i senesi “smaliziati” – ce ne sono ben pochi.
Dopo quello che è accaduto in città negli ultimi mesi, diciamo che il Santa Maria della Scala ed il suo triste destino possono essere definiti la più classica delle “ciliegine sulla torta”. O meglio, l’ennesima colonna crollata di quel “Partenone” che era Siena.
I comuni cittadini possono ancora sconcertarsi senza apparire “inopportuni”. I politici no. Ma basta! Basta con queste comunicazioni all’indomani del disastro. Basta con questi “apprendo solo adesso”, che – francamente – lasciano l’amaro in bocca se pronunciati da chi era stato eletto per gestire il bene pubblico. Da chi aveva detto – e investito soldi pubblici – che Siena poteva meritare il titolo di Capitale europea della Cultura! Un pizzico di buon senso, adesso che ci è rimasto ben poco di altro, sarebbe decisamente auspicabile. Altrimenti si parla di accanimento, punibile perchè prossimo alla tortura!
Vorremmo poter essere combattivi come  tutti i firmatari della lettera aperta al Commissario Laudanna… vorremmo poterci schierare con forza e animati da una profonda speranza anche nella vicenda della lottizzazione a due passi da Palazzo Diavoli… vorremmo anche avere parole incoraggianti per tutti i dipendenti Mps, che guardano con preoccupazione al loro futuro… e magari anche sostenere i dipendenti dell’Università e quelli dell’ospedale, che ogni giorno lavorano ormai più per dovere e senso di appartenenza che per chiaro e fermo coinvolgimento in un progetto sano e costruttivo, rivolto alla ricerca del “meglio”… ma siamo a vivere un tempo che difficilmente consente – anche alla speranza – di sopravvivere.
Siena appare ormai spoglia di tutto. Senza angoli che siano rimasti “vergini”. La linfa che un tempo alimentava anche i sassi della città oggi appare prosciugata, al punto da aver lasciato pure gli uomini e le donne senza più sangue nelle vene. Tutte statue di sale, immobili, in un’immobile aria di sconcerto…
Parlare di incapacità gestionale, di scarsa lungimiranza politica, di posti dati non per merito… ma sì, non ne parliamo più. E’ stato tutto detto e tutto scritto. I nomi che si ripetono nelle cariche a queste o a quelle partecipate: che dovrebbero avere giorni lunghi 60 ore per poter svolgere scrupolosamente il loro lavoro su tutte le poltrone occupate… Le clientele alimentate attraverso scambi di favori, leciti o meno… La rete di controllo tenuta viva sulla città per garantire, di volta in volta, la vittoria elettorale e da qui il dominio su banca, fondazione, università, ospedale… Dobbiamo confrontarci sull’ovvietà? O possiamo archiviare tutto questo e passare oltre? Magari lasciando che la Magistratura faccia il suo lavoro?
Adesso assistiamo ad un disastro annunciato, alla fine di un altro pezzo della Siena che vale. Che possiamo dire?
Ci viene da pensare alle tecniche di “distruzione” di un popolo escludendo l’uso delle armi. Minare la cultura, la sua diffusione e, di conseguenza, la consapevolezza storica e l’appartenenza – oltre che la coscienza formativa dell’individuo – sta alla base della operazione di smantellamento di ogni forma di “resistenza” al controllo e quindi alla volontà altrui.
A leggere i nomi sotto l’appello per il salvataggio del Santa Maria della Scala da parte del Commissario Laudanna si nota subito un certo trasversalismo. Non sarà passato inosservato ai partiti di maggioranza: dal Tucci alla Vigni, dal Manganelli al Piccini, dal Giusti alla Simi… Una cosa bella, diciamo noi. Ma siamo convinti che agli occhi di altri questo aspetto apparirà “alieno”. In una città in cui anche firmare per una giusta causa, purtroppo sostenuta dalle persone “non gradite a chi comanda”, era inpensabile, questa operazione SMS è davvero una novità. Non ci stupiremmo se cercassero di sminuirla o denigrarla con qualche dietrologia da bar. Discorsi fuorvianti che, comunque, servirebbero ad allontanare l’attenzione dal problema principale ovvero dal cercare una strada plausibile e reale per la salvezza del complesso monumentale del Santa Maria. E magari anche per la salvezza della città e delle sue istituzioni. 
Ma chi è disposto a fare “tabula rasa”? Chi se la sente, per esempio, di confrontare altre realtà culturali di città italiane meglio amministrate per cercare di capire in cosa consiste “il fallimento” del SMS? Troppo duro parlare di responsabilità. Lo abbiamo visto chiaramente anche in altre circostanze e in altre vicende ben drammatiche. Si tende, incredibilmente, a passare oltre fingendo che quanto avvenuto sia “colpa del fato cinico e baro”. Una tecnica che regge fintanto che le grosse spalle dei senesi riescono a portare il peso dello sfacelo senza battere ciglio. E  chi si lamenta e protesta è un disfattista oppure ha un diretto interesse.
Sul “facciamo finta di nulla” gioca anche la proposta di elezioni anticipate a novembre. Meglio andare alle urne prima di nuovi disastri annunciati che potrebbero abbattersi sulla città. Meglio andare subito a chiedere il sostegno dell’elettorato, adesso che l’operazione di “va tutto male ma va tutto bene” si sta tenendo viva come la fiamma olimpica. Ovviamente con il sostegno di sindacati e associazioni di categoria di varia ed eventuale natura all’ormai consolidato seguito.
Riproporre il sindaco uscente oppure un nuovo nome – dallo Sclavi al Mugnaioli… e potete far volare la fantasia – appare un fatto di secondaria importanza. Il programma pure: ma tanto chi ci crede più ai programmi!? L’unica cosa che conta è la crocetta sul simbolo giusto: su quello che garantisce il mantenimento degli equilibri ormai in gioco da oltre un sessantennio.
Dalla parte dell’opposizione una netta levata di scudi contro le elezioni anticipate. Da quella parte i nodi da sciogliere sono notevoli. Che coalizione mettere in piedi? Con chi? Su quali basi che non siano così fragili da cedere al primo “stimolo” esterno? Come veicolare un nuovo progetto che sia davvero “nuovo” e che abbia le caratteristiche dirompenti – anche nell’aspetto etico, morale e professionale – necessarie in questo momento di grave crisi della città?
Quali uomini e donne potrebbero oggi assumersi con credibilità maturata l’onere – molto più che l’onore – di rimettere in piedi i cardini di questa città? Quelli che restano… dal momento che la banca è altrove, l’ospedale pure e la Fondazione praticamente è lo scheletro di un colosso ormai scomparso. Quali volti e nomi da opporre alla rete di potere che ancora, seppure indebolita, tiene stretta Siena? 
Avevamo sperato in un sussulto di orgoglio; in un grido di protesta lanciato direttamente dalla società civile. Senza marchi di partiti, senza leader da sostenere. Solo per lo strenuo, eroico – forse anacronistico – senso di difesa del proprio bene comune. Invece, nell’assordante silenzio, solo qualche voce si è levata da parte di politici o ex politici all’opposizione. Interventi su Fondazione, Palazzo Diavoli, ospedale e ultimamente sul SMS. Ma la gente? La forza delle persone che vivono Siena e che si dicono orgogliose di esserci nate e na fanno un vanto?
Silenzio. Il silenzio di chi mormora solo tra quattro mura ma che poi non parla alla luce del sole; il silenzio di chi resta a guardare nella convinzione che nulla cambierà; il silenzio di chi non trova le parole ancora preso dallo sgomento; il silenzio di chi non si decide a scegliere da che parte stare, magari nell’attesa di conoscere il nome del vincitore; il silenzio di chi ha paura di perdere quel poco che crede di avere o di chi, invece, difende strenuamente quel tanto che ha. Un silenzio, comunque, responsabile che delega ad altri i rischi di posizioni scomode, di battaglie che dovrebbero essere collettive e che restano, invece, di singoli, destinati spesso a fallire.
E dunque questo il destino che si merita Siena? La firma sotto questo o quel documento (e ne spuntano come funghi in questi giorni) sarà, un domani, il solco tra chi era da una parte e chi dall’altra del Rubicone? E allora firmiamo. Se non la voce, mettiamoci la faccia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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