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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Siena bella addormentata nel bosco degli accordi

di Raffaella Zelia Ruscitto

SIENA. Conservando la premessa che a Siena l’indignazione è un sentimento che non riesce ad attecchire (e ci vorrebbe un antropologo per studiarne le ragioni), non possiamo che registrare, anche in questa fine di settembre, la totale deriva di una classe politica ormai votata solo alla conservazione di uno status di controllo quando non alla riconquista di posizioni temporaneamente perse. Nessun sussulto ideologico, nessun progetto di concreta ricostruzione. Nemmeno (manco a dirlo) un tentativo di analisi della situazione attuale che possa fare da preludio ad una azione di rinnovamento totale e reale della governace di questa città.

Stiamo invece assistendo ad un imbellettamento delle solite facce che, in prima o in seconda fila, goffamente e malamente, insistono in questa farsa senza futuro, seguendo un copione ormai già “scoperto”, come nei peggiori libri gialli. La lunghissima stagione delle nomine pare non voler finire mai. Tra scossoni interni al Pd e qualche pietoso abbandono delle scene (ma tutti restano appena dietro le quinte), si continua imperterriti a fare accordi sottobanco per piazzare attori rimasti senza parte.

Pare che il precariato stia diventando una realtà anche per i “poveri” politici. Lo smantellamento della Provincia ha lasciato qualcuno a piedi, qualche sindaco senza più Comune da amministrare ha bisogno di trovare un nuovo impiego e, tra qualche mese, anche dalla Regione arriveranno le milizie dei non rieletti… molte aziende sono già strapiene di amministratori. Alcune hanno anche più di un cda tanto per consentire il maggior numero di “ex” a cui fornire uno stipendio… e pazienza se i bilanci sono in rosso. C’è chi, di questo insignificante aspetto si fa beffe e resta comodamente al suo posto, magari in veste di presidente. Perché tanto nessuno lo disturba. Nessuno lo invita a fare le valige. E’ un pezzo grosso del Pd, un democratico doc, fedele alla linea del partito e questo basta a renderlo intoccabile. Questa è la Siena del “dopo Mps”. La brutta e meschina copia – ed è incredibile a dirsi – di quel Sistema Siena che ha dato prova di essere peggio del ciclone Katrina e dello tsunami messi insieme!

Ieri la deputazione generale della Fondazione Mps si è riunita per definire le linee programmatiche per il 2014/2015. Niente erogazioni. Occorre consolidare un patrimonio vacillante sotto il peso dei debiti che arrivano dalle partecipate (Siena Botech, Vernice Progetti, Chigiana… e magari pure Sansedoni ma, d quest’ultima stranamente nessuno parla!), della svalutazione del titolo della banca, delle spese vive legate al costo della struttura…  Degli utili di cui parla la capogruppo del Pd in Consiglio Comunale nessuno, in Palazzo Sansedoni, sa alcunché. Se qualche briciola è riuscita ad arrivare, nonostante l’incapacità e la cecità dei politici locali, questa servirà per tentare di tappare qualcuna delle tante falle che si sono aperte in questi anni su tutti i possibili fronti. Potremmo parlare, senza timore di essere smentiti, di un “assedio” d debiti a cui far fronte.

Siena Biotech resta in piedi solo nella speranza che la Regione stanzi quanto promesso. Si respira fino a fine anno. Poi il destino dell’azienda che doveva essere il fiore all’occhiello della Fondazione sarà segnato. Sulla vicenda Chigiana e sulla richiesta di dimissioni avanzata dal presidente Clarich a tre membri del cda eletti da Antonella Mansi non si sa più nulla. La evidente incompatibilità di Giovanna Barni ad assumere questo nuovo ruolo ha forse incrinato i disegni di colui che, da dietro le quinte, sta già organizzando le sue pedine in attesa dell’arrivo dei quaranta milioni di euro che la Regione (e ci risiamo) ha destinato a Siena per rilanciare la cultura. Che ottenga la tanto sperata promozione a capitale della cultura 2019 oppure no.

Da tanto tempo diciamo che, venuto meno o quasi il potere finanziario, il “Sistema” avrebbe cercato e trovato nuovi cespiti di “guadagno”, magari proprio nella cultura. Ed ecco che, questa notizia, incoraggiante per l’economia della città e per il suo futuro, diventa contestualmente, una nuova fonte di preoccupazione. Come verranno spesi questi soldi? Dalle mani di chi passeranno? Attraverso quali strumenti programmatici verranno destinati? Potrebbero apparire domande banali, quasi offensive. Ma abbiamo già assistito ad oceani di denaro (molti più di questi) prosciugati in rivoli che non hanno portato alcuna ricchezza a Siena. Soldi che tutti si domandano dove siano finiti e la domanda resta senza risposta. O con qualche risposta data sotto voce, lontano da orecchie indiscrete…

La Regione, in questo periodo, pare essere al centro dei pensieri di tutti. Con continui annunci di elargizioni rivolte a Siena, il presidente Enrico Rossi, in animo di conservare il suo posto per un’altra legislatura, ha saputo attrarre l’attenzione. Soldi per le Scotte, soldi per la cultura, soldi per Siena Biotech… pare che la crisi che ha colpito il Paese ed è ricaduta su Province e Comuni abbia saltato di pari passo la Regione Toscana, così “ricca” da poter garantire ad una sola città una mole di denaro ragguardevole. E di questo non possiamo che gioire.

Politicamente parlando gli accordi sotto banco non sono mancati. Il passo indietro fatto dallo Scaramelli nella candidatura a presidente della Provincia ha il sapore di una “promozione” per altre e migliori nomine. In Regione magari o, meglio ancora, in Parlamento. Si vocifera, insistentemente, di una pax utilitaria anche tra l’ala ex-Ds (marcata C.) e l’ala ex-Margherita (marcata Monaci senior) per la definizione dei candidati da mettere in lista per il Consiglio regionale. Guicciardini, Persi, Pinciani i nomi che ricorrono. A questo accordo si dovrebbe anche la resa di alcuni membri della DG della Fondazione sul nome di Clarich che ha segnato il totale cambio di rotta della guida dell’ente rispetto all’era Mansi. Insomma: a Siena, la “continuità nella discontinuità” tenuta a battesimo dell’ex presidente, non la voleva nessuno. E i fatti sono lì a confermarlo. A parte il premio “Pia de Tolomei” riconosciutole dall’Associazione Antigone, Mansi non ha ricevuto dalla città altri segni di riconoscenza. Se si escludono tante belle quanto vuote parole.

E se, apparentemente, per la composizione della segreteria comunale, con le dimissioni di Mugnaioli, la corrente di C. esce indebolita, abbiamo già avuto prova dei capovolgimenti della sorte (chiamiamola così) e della beffa del destino quando con la vittoria di Valentini alle primarie. Quel cambiamento sperato, con tutti i presupposti, è poi stato schiacciato dagli interessi legati alla posizione da mantenere, dall’ambizione personale, dal gioco dei voltagabbana piazzati in punti strategici per “scompaginare le carte”. Abbiamo visto come la minaccia di rimpasto di Giunta sia ruscita, senza sforzo, a ridimensionare il vicesindaco Mancuso sulla cui figura, venute meno le speranze su Valentini, si era concentrata l’azione rinnovatrice dei sienacambisti. Ennesima delusione per quelli che, al cambiamento ci avevano creduto davvero.

La novità positiva? Beh, una c’è. La nascita di un gruppo di donne che, ispirandosi al leader di turno Renzi, si dichiara pronta a “cambiare verso”. La riscossa delle donne, che non c’è ancora mai stata in questa città, muove timidamente i suoi primi passi da FB. Sebbene l’ispiratore non ci “ispiri”, questa neonata azione di autonomia al femminile ci piace. Sperare in uno smarcamento dalle solite logiche che soffocano la politica, magari per mano di un manipolo di donne stufe e pure nauseate dalla leadership maschile, potrà apparire troppo sessista, magari fuori tempo e semplicistica, ma suona rivoluzionaria in una città che ha visto qualche donna emergere solo per la sua devozione al capo. Per il momento queste pioniere non hanno preso la parola ufficialmente. Nessuna posizione né alcuna iniziativa che tocchi temi “caldi” di attualità… l’augurio è che abbiano previsto di agire. Fuori dal teatrino mediocre tenuto in piedi dai “colleghi”.

Ci affidiamo, come sempre, alle belle speranze di chi ancora ci crede, per non cadere in quella disillusione che resta l’unico sentimento possibile di fronte all’arroganza e alla presunzione di chi si sente furbo e capace perché resta a galla e riesce a far stare peggio i più a favore dei pochi. E non ci sentiamo minimamente toccati dalle parole del sindaco Valentini che definisce “gufi” (questa è la nuova linea comunicativa dei democratici), coloro i quali non indossano le lenti colorate che deformano la realtà a vantaggio esclusivo di chi amministra e a totale disorientamenti di chi viene amministrato. Meglio essere gufi, con occhi che scrutano la notte dei nostri tempi, che struzzi, con la testa ben sepolta nella sabbia o peggio, pecore, pronte a seguire altre pecore, verso il macello.

Da quando in qua la via verso la salvezza si trova camminando alla cieca, senza voler vedere i pericoli che incombono? Da quando in qua la soluzione ai problemi si trova negando che esistano dei problemi? Da quando in qua la democrazia si fonda sul pensiero unico?

La risposta a tutte queste domande è facile… troppo facile…

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