Sviluppi sul back office di MPS per cominciare le trattative col sindacato

di Red
SIENA. Del Mario Draghi governatore di Banca d’Italia che non vide nulla di strano nell’acquisto di Antonveneta da parte di MPS, cioè una onerosissima operazione che Rocca Salimbeni non aveva il fiato per compiere portando conseguentemente alla corruzione del patrimonio della Banca e della Fondazione fino all’attuale loro consunzione con la benedizione del governo Prodi, abbiamo già detto. Così del Mario Draghi governatore di Banca d’Italia che non volle vedere i fondamentali della banca senese tracollare sotto il peso del portafoglio di titoli di Stato che Tremonti e Mussari riempivano a piene mani per la gioia e la stabilità del governo Berlusconi, pure. Mentre Mediobanca, Goldman Sachs, Morgan Stanley & C. si riempivano i bilanci con laute plusvalenze e commissioni. Perciò, non c’è due senza tre, non ci sorprende che le dichiarazioni che il presidente della Bce ha rilasciato ieri abbiano ottenuto l’effetto contrario ai desiderata: borse a testa in giù (crollare è un termine ormai abusato), affannosa corsa a chiarimenti in cui si è sentito in dovere di intervenire anche il Fondo Monetario (Fmi). I rimbalzi dei listini nel venerdì delle dichiarazioni rivedute e corrette hanno dimostrato, dando consistenza ai bancari favoriti dal calo dei rendimenti, specie quelli a breve. Si scommette sul fatto che la Bce tornerà ad acquistare titoli di Stato e sui dati USA sul lavoro migliori delle attese. Le performance di Intesa (+12,58%) e Unicredit (+8,39%) hanno trascinato in positivo anche MPS (+5,98%).
Macro o microeconomia però, per Montepaschi il risultato è sempre lo stesso e la borsa lo sancisce senza ombra di dubbio: stabilizzazione del titolo intorno al valore di 0,18 euro come richiesto dal presidente Alessandro Profumo, che significa dare l’azienda in mano al portatore di quel miliardo di euro in aumento di capitale che ad ottobre verrà richiesto all’Assemble Straordinaria in cui la Fondazione farà il suo ultimo e definitivo harakiri. Meno male che la firma in calce sarà sempre quella di Gabriello Mancini e di Claudio Pieri: non serve allargare la schiera dei responsabili del disastro. Vista dall’angolazione opposta qualcuno dirà che la “longa manus” dietro Mancini (ubbidiente agli ordini come da lui stesso dichiarato) che governa le cose di MPS avrà evitato, con la ferma occupazione delle poltrone, l’arrivo di nuovi amministratori in Palazzo Sansedoni. Che, visionando le carte, possano scoprire che ci potrebbero essere alternative alla derubricazione della banca da Siena e che possano avviare azioni di responsabilità verso chicchessia. In fin dei conti il Potere, in quanto tale, ha sempre amato la disiformazione e nell’era di internet, dove le informazioni sono addirittura troppe, si fa tranquillamente una disinformazione ancora più sottile e spregiudicata.
Prendiamo esempio dal Centro Operativo MPS: il sito internet del Monte parla di 2200 addetti (dato aggiornato al 28 giugno), ma nelle previsioni degli esuberi sono 2300; i ricavi della società sono pari a 260 milioni, senza specificare se il bilancio si chiude con attivo o perdita e senza conoscere neppure la consistenza delle voci principali. Come ci si può fare una opinione del valore dei dirigenti del Cog a queste condizioni? Nei commenti si parla di progetti faraonici quanto inutili, Paskey o Paschi face ad esempio, in cui la banca ha investito inutilmente milioni. Piani di riorganizzazione cambiati anno dopo anno senza risultati. I lavoratori MPS ne hanno abbastanza delle chiacchere a vuoto: prima vadano a casa i 100 dirigenti superflui, poi si dimezzino gli stipendi di chi rimane, altro che il 5%, poi si restituiscano le auto nuove da oltre 100.000 euro comprate tra maggio e giugno.
La signora Dalla Riva aveva promesso che i primi di agosto sarebbe partito il confronto tra l’azienda e i sindacati. Pare che si cominci il 7. Curiosa la coincidenza con le previsite al Ceppo … Speriamo si presenti con qualcosa di concreto in mano su cui discutere, in luogo delle fumose dichiarazioni che si sono susseguite fino ad oggi che non servono ad aprire un confronto concreto. L’impressione è che nella Direzione Generale non abbiano ancora ben chiaro come sia esattamente strutturato un backoffice e fino a che livello si possa esternalizzare senza conseguenze negative sul rapporto tra banca e cliente. Fino al rischio che un backoffice spregiudicato e fornitore dello stesso servizio per più banche, decida autonomamente a quale istituto indirizzare il cliente finale.