I sette democratici chiedono anche di annullare tutte le decisioni prese alle riunioni e assemblee
SIENA. “La Commissione nazionale di garanzia del Pd annulli le sospensioni illegittime comminate nei nostri confronti e renda nulle tutte le decisioni prese dalle riunioni/assemblee degli organi del Pd di Siena ai quali illegittimamente siamo stati esclusi a partecipare, compresa l’elezione del nuovo segretario provinciale”. E’ quanto i sette ex consiglieri comunali di Siena ed esponenti “dissidenti” del Pd senese Giovanni Bazzini, Anna Gioia, Luca Guideri, Giancarlo Meacci, Lucio Pace, Alessandro Piccini, Gianluca Ranieri chiedono in un ricorso presentato al presidente del collegio nazionale dei garanti del Pd, Luigi Berlinguer.
Gli esponenti Pd, come si legge nel documento, hanno presentato ricorso “ai sensi del’articolo 7 comma 3 del Regolamento delle Commissioni di Garanzia per l’ottenimento dell’annullamento della sospensione cautelare applicata nei loro confronti dalla Commissione di garanzia dell’Unione Comunale di Siena nelle more della valutazione di merito di ricorso presentato contro gli stessi dai sigg.ri Manciulli Andrea. Meloni Elisa, Carli Giulio e Bianchi Massimo, misura cautelare decisa all’unanimità da quell’organo e confermata successivamente, con voto solo a maggioranza, dalla Commissione regionale”.
Il ricorso chiede “di annullare le decisioni assunte dagli organi di garanzia comunale di Siena e regionale della Toscana nei loro confronti, sospendendo gli effetti dell’illegittima ed illogica misura cautelare comminata in data 15 giugno 2012; annullando gli atti e le decisioni assunte dalle riunioni/assemblee degli organi di Partito ai quali illegittimamente sono stati esclusi a partecipare i ricorrenti, in virtù della illegittima ed illogica sospensione comminata”, decisioni tra le quali viene annoverata anche l’elezione del nuovo segretario provinciale di Siena.
In una dettagliata disamina degli articoli del Regolamento del Pd, i ricorrenti spiegano le motivazioni del ricorso, sottolineando tra l’altro l’illogicità della sospensione “data dal fatto che i comportamenti oggetto della richiesta di censura sono eventualmente circoscrivibili alla sola attività di consigliere comunale esercitata dai ricorrenti fino alla data di conferma delle dimissioni rese autonomamente da parte del sindaco, atto che ex lege ha comportato lo scioglimento del Consiglio, dunque l’impossibilità alla ‘reiterazione del reato’ che motiva l’applicazione della misura cautelare in essere.
“Contestualmente i ricorrenti – è scritto ancora nel ricorso – visto l’articolo 40 comma 10 dello Statuto del PD, in quanto ‘parte interessata’, in evidente inadempienza della Commissione regionale di Garanzia del PD della Toscana, sottopongono a codesta Commissione richiesta di interpretazione della disposizione dell’articolo 7 comma 5 del Regolamento delle Commissioni di garanzia, rilevando la necessità di una sua uniforme applicazione a livello nazionale”. L’articolo in questione è quello in base al quale la commissione comunale ha assunto il provvedimento di sospensione, provvedimento confermato dalla commissione regionale “a maggioranza, evidente testimonianza di una divergenza di vedute fra i componenti di tale organo”.
