Ancora esuberi per Trigano e Rimor
Ma questi altro non sono che numeri di un recente passato. Il presente è ben diverso, e poco spazio lascia all’entusiasmo. Basti pensare che nell’arco di un quadriennio solo nella Val d’Elsa senese sisono persi oltre 350 posti di lavoro; la produzione è scesa circa del 50%; le immatricolazioni di camper nuovi – in Italia – dalle 15.000 del 2007 sono stimate sotto le 5.000 per l’anno in corso.
Se il modello di società che si sta sempre più affermando riduce tempo libero e risorse ai cittadini, anche il mercato turistico è destinato a contrarsi e mutare profondamente. Nel momento in cui molte persone hanno perso il loro lavoro e altrettante rischiano seriamente di perderlo, la pensione è sempre più una meta da raggiungere in tarda età, gli stipendi sono sempre più bassi, la condizione di precarietà si sta generalizzando, è ovvio poi che sempre meno cittadini prenderanno in esame l’idea di comprare un camper, mezzo che rappresenta la sintesi della correlazione fra tempo e denaro:soldi per acquistarlo, tempo libero per utilizzarlo. Forse le politiche di austerità, rigore, aumento dell’imposizione fiscale, taglio dello stato sociale, perpetrate da questo Governo, hanno qualche negativa ricaduta anche in questo settore?
Trigano ha dichiarato ulteriori 110 esuberi rispetto all’attuale forza lavoro di 343 dipendenti; Rimor ha formalizzato la chiusura definitiva di uno stabilimento, con l’intenzione di licenziare 67 lavoratori su 241. Quasi 180 posti di lavoro in discussione già da fine estate. Da tempo circolano indiscrezioni – mai smentite – su una possibile fusione o accorpamento, che potrebbe interessare le aziende più importanti del settore collocate nei comuni di Poggibonsi e San Gimignano. Ipotesi che sì, potrebbe permettere la creazione di un polo produttivo più efficiente e competitivo, ma a quale prezzo? Come in tutte le fusioni di aziende, ulteriori tagli occupazionali e quindi ulteriori disoccupati. La proposta portata avanti recentemente dai nostri amministratori locali di chiedere al Ministero dello Sviluppo Economico il riconoscimento per l’area interessata della denominazione di “distretto” produttivo di rilevanza nazionale, pur ammirevole nella logica di intercettare risorse economiche da far confluire nel territorio, non può prescindere dalla salvaguardia occupazionale. Viceversa, la rilevanza nazionale rischia di essere un riconoscimento fine a se stesso, senza ricadute apprezzabili sull’occupazione esull’economia del nostro territorio.