di Andrea Pagliantini
CHIANTI. Davanti a un folto e interessato pubblico, nei giorni scorsi si è presentata la ricostituita “Associazione Chianti Storico“, risorta dalle ceneri per stimolare la ricerca culturale e la conoscenza di un territorio ora più conosciuto per i suoi eccessi turistici che per la mole di stratificazioni storiche, bellezze ambientali, piccoli paesi e castelli, ma anche – e soprattutto – per il tanto che c’è ancora da scavare e da studiare.
Per secoli il Chianti è rimasto in disparte, con le sue popolazioni che non brillavano per istruzione e stile di vita, tanto da essere creato un detto: “A Radda, Gaiole e Barbischio non ci starebbe neanche Cristo”, a sottolineare la durezza e il disagio della vita fra quei sassi.
Ma non è stato sempre così: etruschi e poi romani hanno colonizzato questa regione ricca d’acqua, di vino e di boschi e di loro, c’è ancora tanto da scoprire e da scavare.
Il programma della nuova associazione, presieduta dall’archeologo Paolo Medici, dal vice Renzo Centri e dai consiglieri Claudio Bonci e Vito De Meo, è piuttosto variegato: oltre alla pura ricerca storica e al coordinamento di scavi archeologici, punta sull’escursionismo in percorsi fra meraviglie naturali e artistiche, sul non stravolgimento dei toponimi (spesso chi arriva cambia il nome di un luogo quasi per cancellare tutto quanto c’è stato prima), sul fatto che le nuove generazioni di ragazze e ragazzi si appassionino al loro territorio e imparino prima ad amarlo e poi a conoscerlo, prima di avventurarsi alla conoscenza del mondo.