Il CdA che aveva chiesto l'aumento di capitale a luglio 2011 non sapeva nulla dei derivati?

di Red
SIENA. Spesso particolari irrilevanti diventano spie rosse di una crisi profonda. Quando ci eravamo avventurati nella descrizione di una vendita poco felice e frettolosa fatta da Vigni e Mussari in quel di Roma https://www.ilcittadinoonline.it/news/142519/MPS_e_il_pasticciaccio_di_Via_dei_Normanni.html spiegando che il conto economico del Monte necessitava di una plusvalenza regolare per chiudere il 3° trimestre 2011 con un utile ad uso e consumo dei mercati finanziari, eravamo la spia rossa della gestione poco oculata della banca MPS. Abbiamo incassato i primi commenti positivi dei lettori, che oggi sono più di 1300 a scrivere le loro opinioni sui nostri articoli. Abbiamo incassato anche una querela da MPS che, col senno di poi, si è rivelata una azione infelice tanto quanto possa aver affrettato l’attenzione della Magistratura su di loro, dando nuovi spunti d’indagine. Adesso che tutta la stampa nazionale spulcia i verbali delle riunioni del CdA di quei mesi, forse messi in giro proprio dai consiglieri che vogliono far sapere che erano all’oscuro delle manovre finanziarie della Direzione Generale, è chiaro a tutti il dissesto che la gestione mussariana aveva provocato. Eppure negli anni precedenti l’epurazione dall’area finanziaria di coloro che criticavano l’operato del presidente Mussari avrebbe dovuto accendere campanelli d’allarme: che ci raccontino, ora che segreti non esistono più, cosa accadeva veramente. Facevano comodo all’apparato del PD locale – o nazionale – i 700.000,00 euro che il maggior finanziatore privato del partito ha versato negli ultimi nove anni (come ha calcolato l’Huffington Post), questo è evidente, ma comunque sia grande la cifra era solo una mancia.
I verbali del dissesto ci riportano a dopo l’estate 2011. Quella dell’aumento ultimo di capitale, che ha provocato la consunzione della Fondazione, travolta dai debiti dell’incauto Mancini, incapace di opporsi alle richieste di aderire all’operazione (sarebbe stato considerato un atto di sfiducia troppo grosso dai mercati che già odoravano puzzo di bruciato). Doveva servire a rimborsare i Tremonti bond, ci dissero, invece era l’ultimo puntello per rinviare la resa dei conti: i Tremonti bond sono ancora lì. La crisi del debito sovrano era così grave che all’inizio di settembre rendemmo note le voci di imminente sostituzione di Antonio Vigni alla poltrona di Direttore Generale (https://www.ilcittadinoonline.it/news/141314/Mps_________i_mercati_non_credono_pi%C3%B9_ai_politici.html) . Ciò nasceva dalla difficoltà del CdA di allora di capire le perdite sempre più elevate causate dallo spread impazzito, la mancanza di liquidità sempre più evidente anche nella gestione ordinaria delle filiali, la gestione della massa di BTp. Come scrive il Corriere della Sera: “E a poco a poco capiscono che «non è più consentito compensare eventuali inefficienze… con i rischi finanziari», come disse il 24 novembre 2011 il presidente Giuseppe Mussari riassumendo un ragionamento del consigliere Frederic De Courtois, numero uno della francese Axa, socio al 3,7 per cento”.
Consiglio dell’8 settembre, Caltagirone: “Quanti Btp abbiamo in portafoglio?” Dei responsabili delle operazioni, Giovanni Conti e Gianluca Baldassarri, il primo conferma che reperire la liquidità diventa sempre più difficile, anche per la “necessità di integrazioni di collaterale in relazione ai pronti contro termine effettuati dalla banca, che hanno come sottostante titoli governativi italiani”: sono 28 miliardi di titoli governativi, 21,6 dei quali dello Stato italiano, il 40% dei quali “si concentra su scadenza lunghe”. Caltagirone contesta lo sbilancio del portafoglio, la difesa di Baldassarri verte sui bund che non rendono nulla: bisogna rischiare. L’imprenditore romano replica: “La situazione non è ulteriormente sostenibile … sia come rischiosità che come conseguenze di conto economico, si devono prendere opportuni provvedimenti per alleggerire queste posizioni” . Turiddo Campaini (Unicoop Firenze): “la situazione attuale è il risultato di comportamenti troppo oscillanti in ricerca estrema di risultato economico … c’è bisogno di procedere con maggiore linearità e minore concentrazione del rischio”. Lorenzo Gorgoni: “L’unica possibilità è aspettare e vedere se ritorna un po’ di sereno”. Antonio Vigni chiosa sulla riduzione dell’insieme di raccolta e impieghi: malumore diffuso in consiglio, da cui le voci di sostituzione del DG.
Consiglio del 24 novembre 2011. De Courtois: “La dimensione e la composizione del portafoglio hanno un impatto negativo sulla percezione del mercato riguardo alla Banca, con riflessi sul corso del titolo. Serve un’esposizione analitica titolo per titolo”. La Direzione generale si prende altro tempo. La crisi di liquidità fa emergere una iniziativa allo sportello, per cui la banca “propone a clienti che detengono titoli di stato una commissione per “prestarli” al Monte. Che a sua volta ha confermato di utilizzarli per rispondere alle esigenze della speculazione internazione, che ha bisogno di questi titoli per fare vendite allo scoperto. Cioè far male all’Italia”.La situazione è insostenibile, come racconta Mucchetti sul Corriere della Sera, e la dirigenza sia interna bancaria che esterna politica non all’altezza della situazione, come sottolinea un arguto articolo di Talle: https://www.ilcittadinoonline.it/news/143826/Per_Mps_e_Fondazione_neanche_l_onore_delle_armi.html
Consiglio del 16 dicembre 2011. Il dossier invocato da De Courtios è pronto ma di fatto inutilizzabile: Alfredo Monaci denuncia che la documentazione “è stata messa a disposizione dei consiglieri solo da poco tempo” (probabilmente è quello che vuole Antonio Vigni, che si dimette prima di dover riaffrontare il CdA). Così che Fabrizio Viola, appena arrivato all’inizio di gennaio, non potrà che chiedere un rinvio (bisogna che le carte prima se le legga lui, per poter fornire spiegazioni) e coglierà l’occasione per andare ancora più a fondo; una delle prime azioni incisive del nuovo Direttore generale sarà quella di licenziare Baldassarri. Il 19 dicembre ilcittadinoonline.it scriveva “Cercasi amministratore delegato. Disperatamente” in cui ci chiedevamo se Mussari e Caltagirone sarebbero sopravvissuti alla primavera del rinnovo delle cariche, oltre a Vigni. Il quale aspettava, qualche giorno dopo, la liquidità concessa dal Ltro della Bce (21 dicembre, MPS chiese e ottenne 10 miliardi) per vedere se ne usciva una pezza per tappare ancora una volta il buco che si allargava.
La liquidità, questo grande problema esploso in quei mesi dentro il Monte dei Paschi (negato allora, se non ricordiamo male) è il punto focale su cui si concentrano le indagini della Procura e del Nucleo valutario della Guardia di Finanza: una liquidità che sarebbe stata progressivamente erosa fin dai tempi dell’acquisizione di Antonveneta, specialmente quando, e ci sarebbero i bonifici a dimostrarlo, si dovette procedere al rimborso ad Abn Amro dei 7,9 miliardi di prestiti interbancari concessi ad Antonveneta che le assicuravano l’operatività. E che una semplicissima due diligence avrebbe fatto emergere, annullando l’affare oppure ridimensionando le pretese spagnole: oggi si può dire che senza il pacco fatto a Mussari la banca da nazionalizzare sarebbe il Santander. Le operazioni di finanziamento sono sotto esame per verificare se siano state esposte correttamente alla Banca d’Italia. Sembra – e l’ipotetico è ancora d’obbligo – che la voglia di mazzette miliardarie abbia fatto sorvolare sulla gestione prudente del buon padre di famiglia che consigliava altro, si parla di bonifici andata e ritorno, che passano tra Spagna, Londra, Brasile e qualche paradiso della finanza per tornare in Italia con la protezione dello scudo fiscale.
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