L' iniziativa è organizzata da Antropologə per la Palestina, una rete di ricercatori, ricercatrici e docenti universitari/e che propone una contro-narrazione da opporre al discorso dominante sul conflitto Israelo-Palestinese

SIENA. A Siena nei giorni 11 e 12 aprile, si terrà l’evento “Di fronte al Genocidio. Giornate di studio in solidarietà con il popolo palestinese”. Parteciperanno
L’ iniziativa è organizzata da Antropologə per la Palestina, una rete di ricercatori, ricercatrici e docenti universitari/e che mira a produrre, mediante questo ed altri eventi che verranno, una contro-narrazione da opporre al discorso dominante sul conflitto Israelo-Palestinese. Si vuole così contribuire a un pensiero critico che si fa sempre più necessario, in un momento in cui la scuola, l’università e la ricerca subiscono una crescente pressione politica e sono sempre più esposte ai rischi dovuti alla militarizzazione che si annuncia. Di fronte all’arbitrarietà e alla brutalità di cui siamo tutti testimoni è opportuno organizzarsi e costruire nuove alleanze.
Nella prima giornata (11 aprile), a palazzo San Niccolò, in via Roma 56 (aula A+B), si discuterà della logica genocidaria, dell’accaparramento delle terre da parte di Israele e delle sfide che la questione palestinese pone alle scienze umane. Le studiose e gli studiosi palestinesi presenti proporranno le loro analisi delle dinamiche in corso, concernenti le strategie coloniali di appropriazione e/o di distruzione delle risorse e dei corpi, della memoria e della storia.
Nella seconda giornata (12 aprile), la mattina, alla Corte dei Miracoli ci sarà invece un momento più assembleare a cui parteciperanno numerose organizzazioni (studentesche, di docenti, di sindacati della scuola e della ricerca). Si discuterà della militarizzazione della ricerca e dell’istruzione e del silenziamento dei saperi critici. Ci si confronterà riguardo alle pratiche condotte fino ad oggi contro le alleanze dell’università con l’industria bellica, con il mondo militare e con le università dello Stato israeliano, complici materialmente ed epistemologicamente dell’oppressione e del genocidio del popolo palestinese. Il pomeriggio sarà dedicato a un laboratorio sul cinema palestinese intitolato “Disastri e resistenze dell’immaginario”, seguito poi da un momento di testimonianze da Gaza (tramite una diretta web o telefonica).
Militarizzazione della ricerca e dell’istruzione e silenziamento dei saperi critici:
quali direzioni, quali resistenze?
Assemblea aperta 12 aprile alle ore 9.30-12:30, Spazio Livi (ex Corte dei Miracoli), Siena
nell’ambito dell’evento:
“Di fronte al genocidio: giornate in solidarietà con il popolo palestinese”.
Come Antropologə per la Palestina, abbiamo indetto un’iniziativa di due giorni a Siena, l’11 e il 12 aprile. La prima giornata si terrà un incontro di studi su diversi aspetti della questione palestinese; la mattina del 12 è invece prevista una discussione assembleare dedicata ai processi di militarizzazione e di disciplinamento della ricerca e dell’istruzione, nonché alle forme di silenziamento sperimentate negli spazi di produzione di saperi critici connessi con il genocidio del popolo palestinese. L’oppressione dei palestinesi evidenzia dinamiche presenti, in germe, anche nelle nostre società: l’iperincarcerazione, la sorveglianza digitale, la militarizzazione dei territori, le restrizioni alla mobilità, oltreché ovviamente l’espropriazione di terre e risorse, l’espulsione di settori della popolazione dal territorio, il ruolo dell’imperialismo USA. L’elenco potrebbe continuare, ma ci interessa focalizzare l’attenzione su un punto: il ruolo dell’istruzione e il suo rapporto con lo Stato e i potentati finanziari ed economici. In Israele questi rapporti si traducono tanto in una relazione diretta tra università ed esercito, come nell’elaborazione e uso dei saperi al fine di sostenere ideologicamente e operativamente il processo di colonizzazione e genocidio della popolazione palestinese. In Italia la ricerca di base è sempre meno finanziata, pertanto indebolita nella sua indipendenza; al contempo assistiamo alla crescita della collaborazione tra istituzioni della formazione e della ricerca (scuole e università) e forze armate. Questo aspetto ci riguarda da vicino come lavoratori della conoscenza.
L’università neoliberale – avvolta in processi di privatizzazione, digitalizzazione, burocratizzazione, e dalla marcata trasformazione di docenti e studenti in imprenditori di
se stessi – si caratterizza per una crescente militarizzazione, che finisce per toccare l’intero settore dell’istruzione. Una militarizzazione che va intesa almeno in due sensi: da un lato la collaborazione tra scuola/università e comparto militare mediante ricerche, produzione tecnologica, campagne di reclutamento. Dall’altro l’applicazione di una logica marziale alla libertà di espressione e di ricerca, che frequentemente conduce alla pretesa di adesione assoluta ai punti di vista ufficiali, al silenziamento del dissenso anche in altri contesti, come quello della cultura e dello spettacolo. Il tentativo dell’attuale governo (art 31, ddl sicurezza) rafforza questa tendenza, prefigurando l’obbligo per le università di fornire i dati richiesti dai Servizi e dalle altre forze di sicurezza.
Nell’ultima fase del progetto genocida israeliano abbiamo visto le nostre università e le nostre scuole mobilitarsi, dapprima nella componente studentesca, e successivamente in parti del corpo docente e tecnico-amministrativo. La determinazione di chi riteneva e ritiene insopportabile quanto accade in Palestina ha consentito di strappare spazi di discussione e di manifestazione del dissenso sempre più ampi, nonostante la mobilitazione abbia dovuto affrontare forme crescenti di repressione, quali aule negate, parole proibite, attacchi mediatici e interventi ingiustificati della forza pubblica.
In questo scenario, l’invito all’assemblea aperta ha l’obiettivo di rispondere ad alcune domande fondamentali, raccogliendo le esperienze dei diversi territori:
➔ Quali caratteristiche sta assumendo il processo di militarizzazione e il disciplinamento di scuola e università?
➔ Quali saperi e pratiche di dissenso vengono sperimentate dentro e fuori l’università?
➔ Di quali strumenti disponiamo per monitorare ed eventualmente rigettare gli accordi che le nostre università stabiliscono con soggetti pubblici o privati che, anche
orientando la ricerca, favoriscono azioni che ledono i diritti dei popoli e colludono con progetti di natura bellica?
➔ Da ultimo, ma ovviamente non in ordine di importanza: come possiamo proseguire la mobilitazione all’interno di scuole e università? Quali difficoltà si presentano e
quali soluzioni possiamo mettere in campo per allargare la partecipazione e tutelare gli aderenti alla mobilitazione?
Invitiamo persone singole, collettivi, associazioni dei settori della formazione, della ricerca e della cultura a usufruire di questo spazio di discussione, affinché quanto prodotto in termini di mobilitazione sulla questione palestinese possa rimanere vivo e costituire la base di nuove iniziative, in uno spirito di collaborazione rafforzata e condivisa