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Per chi suona la Campana. Siena: esame di greco

di Enrico Campana
SIENA. Vin greco o pianto greco?. Il vin greco è il nettare degli dei e si serviva a profusione nei grandi banchetti. Il pianto greco era invece lo strazio ripetuto, ossessivo, delle prefiche in gramaglie nelle tragedie come le Baccanti..
Uno sguardo alle griglie del maxi playoff, novità del drammatico cuneo al meglio di 5 gare, infilato quest’anno nella formula dell’Eurolega per celebrare i quarti di finale, il punto più spettacolare di ogni competizione sia come qualità che come freschezza: Olympiacos-Real Madrid, Panathinaikos-Mps,  Barcellona-Tau Vitoria, Cska-Partizan.
In caso di vittoria contro i campioni d’Europa 2007 (sul loro campo non facile, cosa non di poco conto, considerando l’onda d’urto dei 20 mila dello Stadio Olimpico)  nella lunga serie (il 24 e il 26 ad Atene, poi il 31 e il 2 aprile a Siena, l’eventuale bella ad Atene l’8 aprile), Siena aprirà infatti le danze nella Final Four contro la vincente di Olimpiacos-Madrid, che potrebbe pendere anche questo per il fattore-campo a favore dei greci.
Balza dunque all’occhio che sulla via della finale di Berlino del 3 maggio, nella vecchia stazione ferroviaria dalla quale è stato ricavato un magnifico impianto da 17 mila posti, il destino mensanino sarà legato a un  ruvido corpo a corpo col basket greco, che da anni  macina successi con quel modello di plutocrazia sportiva che ha trovato i suoi maggiori epigoni  in Italia, anche se pochi posso permettersi certi budget.
La forza del basket greco, oltre ai suoi ricconi alla Onassis, è la maggior produzione di giocatori da playground, quelli che una volta erano i nostri giocatori dell’oratorio, oltre all’eco sportiva che questo sport suscita nel paese. Ma importanti sono  anche altri aspetti. Il primo riguarda la stanchezza per questa “via ellenica” del basket non più la rappresentazione “omerica” dei primi successi, e quindi Siena non dovrà alienare la simpatia con cui  arriva a queste sfide.  Una volta vinta la sfida della simpatia, imporsi come il nuovo, con un suo modello di sistema avanzato e non extra-size, ed apparire  in un certo senso come il compiersi di un destino quasi “messianico”, senza forzature e spocchia. Condurre  quindi con intelligenza e tatto questa operazione innanzitutto fuori dalle sue storiche  e protettive  mura (in casa non ha mai perso), rapportarsi intanto con un orizzonte nazionale in quanto  da sempre, vecchio guaio del basket italiano, è quello di non riconoscersi mai – salvo quale isolata eccezione – nelle varie squadre che nel corso degli anni hanno tentato l’impresa europea.
Il secondo aspetto riguarda il gioco. Quello delle squadre greche è noioso, sincopato, di frantumazione, spezzettato,  un po’ levantino (se ci è permesso), con le sue furbizie, le pantomime che hanno avuto in Yannakis un insuperabile  maestro. Ma il mestiere conta moltissimo, come anche la capacità di coinvolgimento  di tutta la nazione, e il basket in Grecia  è quasi pari al calcio.
Il gioco corale e la difesa molto tecnica sono il cavallo di battaglia di Siena, con 10 uomini capaci di supportare se c’è bisogno di continuità, di spinta difensiva o cambiare velocità  o dare un apporto di creatività in qualsiasi momento di gara.  I suoi giocatori mai si vedono coi musi lunghi, sono quasi tutti strangers ma ammirevole,  una irripetibile schiera di “attaccatutto”, frutto di un’intelligente mescola  tecnica fra giocatori che ancora avevano un alto potenziale da esprimere, e non erano “gioventù bruciata”  del sogno NBA,  un mondo dove partono in 50 e spesso arriva uno solo.
Su questo gruppo che però comincia ad avere giocatori-chiave oltre i 30, come già scritto in altre occasioni, determinante  lo  scudo impenetrabile del club che ha garantito un grado di sicurezze ai  giocatori difficile da raggiungere in una città piccola e “saputa”, anche se non mancano altri esempi, Cantù, Varese, Caserta, Treviso.
Per quanto a volte è lezioso e noioso psicologicamente il gioco dei greci, è di un’intensità unica, coinvolgente è invece quello creato da Pianigiani, il quale  appare ormai maturo anche per un banco di prova tattico tanto difficile. E deve essere così per sconfiggere titani della panchina come Ettore Messina o Zelimir Obradovic. Due match-winners nati – in pratica il 6° uomo – i quali interpretano la gara come Fischer o Karpov sulla scacchiera e capitalizzano un impatto tangibile sull’arbitraggio, oltre che motivazionale sui giocatori.
Vorrei dire, infine, che per la prima volta Siena è in fascia alta nel pronostico, la stagione è stata brillante  8-2 nella Regular Season (inferiore solo allo scatenato Barcellona, e superiore alle due squadre greche che le si profilano davanti), 4-2 nei Top 16. Quindi 4 sconfitte sole, e tutte in trasferta: 81-76 ad Atene, 87-61 a Barcellona, 88-81 a Zagabria e 95-71 a Mosca. Saldo negativo rovesciato col Cibona in una gara a rischio d’eliminazione,  uno splendido successo (+ 18) contro Mosca che però ha ribaltato il match nel ritorno con un +24, la sconfitta più pesante della stagione, e pari e patta col Panathinaikos (81-76  fuori e 82-77 in casa)
La storia fra Siena e l’Euroclub ancor giovane è cominciata bene, e 3 piccole finali su 3 partecipazione  significano che ha tenuto  sempre alto ogni volta l’onore del basket italiano. E  fin da quando con Ergin Ataman perse di un soffio con la Benetton di Messina e battè  il Cska  in finale per il 3° posto nel 2003 a Barcellona, risultato bissato  l’anno scorso sempre in Spagna, dopo aver purtroppo mancato di poco la finale per quello che resta nella storia della coppa un primato negativo: 11 su 45 tentativi da 3 punti contro il Maccabi.
Naturalmente non dimentichiamo quanto sia importante  la sosta forzata di Lavrinovic per l’infortunio alla mano sinistra  che ha significato una maggior spesa per gli altri giocatori più che un danno a lui. Mister Utility del basket europeo usa la destra e possiede infatti un sistema nervoso a prova di bomba. E che il basket italiano aspetta da molto tempo questa vittoria. Nel 2003 a Barcellona  nella finale la Benetton ha pagato dazio agli spagnoli che sanno esaltarsi sul loro campo e Siena è arrivata terza; nel 2004 a Tel Aviv  la Skipper Bologna di Repesa ha subito una biblica  grandinata di piombo  nella storia di 50 anni di finali (74-118 peggior scarto e peggior differenza) contro Tel Aviv, quindi fattore campo ancora decisivo. E Siena guidata da  Recalcati è stata sfortunata, perdendo di 1 punto nel supplementare  (102-103) la semifinale con la Skipper e di 3 (94-97) la finale per il 3° posto col Cska.  Nel 2005 a Mosca ha rivinto il Maccabi sul Tau vittorioso a sua volta sul Cska, nel 2006 a Praga il Cska è tornato al successo dopo 35 anni (73-69 col Maccabi che puntava al record di 3 successi)  ed è cominciata l’era Messina. Il Cska ha perso 93-91 la finale  del 2003 col Panathinaikos sempre per la serie “l’importanza del fattore campo”, e nel 2008 a Madrid Siena  con Simone Pianigiani ha, come si raccontava, cattiva mira e poca fortuna col Maccabi, ma vinto per la seconda volta la finale del 3° posto, mentre Messina ha giocato la sua terza finale e conquistato la sua seconda coppa col Cska Mosca.
Insomma, il basket italiano potrebbe risollevarsi un  po’ vincendo per la prima volta la Coppa dei Campioni nuovo formato, competizione che però deve trovare dei correttivi che non sono quelli del macchinoso sistema di selezione che finiscono per concentrare l’interesse su un ristretto numero di squadre, per cui ormai molti hanno l’idea che sia solo un consorzio privato da rivedere secondo le norme anti-trust comunitarie. E inoltre i migliori europei vanno a giocare la NBA e l’interesse continentale è più sfumato.
Siena non nasconde l’ambizione per il primo Grande Slam, che nel linguaggio del tennis e scacchistico significa vincere tutto nell’anno (già sono finiti nei caveau del Monte la Supercoppa e la  Coppa Italia, lo scudetto invece è per ora solo ipotecato), ma  onomatopeicamente lo slam è anche quando ti arrivata una musata che non ti aspetti.
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