La Comunità Rurale Diffusa: “Abbiamo organizzato questo incontro per dare un nostro contributo alla lotta contro la geotermia che da diversi anni si porta avanti su questo territorio"
di Fabrizio Pinzuti.
AMIATA. Ampia partecipazione di cittadini, amministratori, sindaci e rappresentanti del mondo del lavoro e dell’associazionismo alla manifestazione svoltasi il pomeriggio di sabato scorso 12 ottobre a Castel Giorgio – situato sull’altopiano dell’Alfina, all’estremo ovest dell’Umbria, ai confini con Lazio e Toscana. Si conferma l’allargamento e il consolidamento del fronte antigeotermico ed ancora una volta si esprimono non solo le vive preoccupazioni della cittadinanza locale per l’impianto recentemente sbloccato dalla Presidenza del Consiglio ma anche i diversi punti critici dell’attività geotermica nel suo insieme – con le ovvie specificità delle singole situazioni – argomenti questi ribaditi in un comunicato stampa del 14 ottobre, redatto dalla Comunità Rurale Diffusa, dal Coordinamento delle Associazioni dell’Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena, dalla rete nazionale NO.GE.S.I (No alla geotermia speculativa e inquinante), di cui di seguito si riportano i punti salienti.
A conferma delle forti preoccupazioni per il fondato rischio che l’impianto possa innescare terremoti, inquinare seriamente le acque delle falde potabili ed il Lago di Bolsena e generare problemi di emissioni velenose, il dr. Giuseppe Mastrolorenzo, geologo, esperto scientifico dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, primo ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, ha avvalorato “con dati scientifici che i rischi per Castel Giorgio sono reali, concreti e sono molto simili a quelli di due impianti identici che si volevano realizzare ad Ischia e nei Campi Flegrei, il cui iter è stato proprio per questo bloccato dalle autorità competenti, contrariamente a quanto avvenuto per Castel Giorgio”.
Velio Arezzini, portavoce della rete NOGESI, che riunisce vari comitati nazionali, compreso quello di Castel Giorgio, in lotta contro questa forma “dannosa, non ecologica e non rinnovabile di produzione di energia elettrica”, ha portato la “testimonianza diretta delle drammatiche e devastanti conseguenze dello sfruttamento geotermico nella zona dell’Amiata, insieme a Pino Merisio, rappresentante dei comitati dell’Amiata, hanno evidenziato come la geotermia abbia costituito nelle loro zone un enorme danno ambientale, alla salute ed alle economie locali, creando un fortissimo inquinamento, malattie ed aree di profonda depressione economica. E come l’impianto di Castel Giorgio, se realizzato, sia solo il primo di altri impianti già previsti in tutta la zona, il cui risultato sarà di produrre effetti devastanti sugli equilibri naturali, sulla salute e sulle economie dell’Alfina e del Lago di Bolsena, zone che corrono il serio rischio di essere trasformate in una impoverita area industriale, inquinata, depauperata per favorire la speculazione di pochi a danno di moltissimi. Arezzini, ha portato la “testimonianza diretta delle drammatiche e devastanti conseguenze dello sfruttamento geotermico nella zona dell’Amiata”.
Fausto Carotenuto, portavoce del Comitato per la Difesa della Salute e del Territorio di Castel Giorgio, proprietario dell’agriturismo e centro yoga La Locanda della Quercia Calante, di Castel Giorgio, insieme a Vittorio Fagioli da 7 anni al lavoro, con altri validi amici, per impedire la realizzazione di questo impianto pericoloso, ha parlato “della lunga serie di conflitti di interesse, irregolarità e sotterfugi – passati scandalosamente sotto silenzio dalle classi politiche governative di tutti i partiti degli ultimi 7 anni – che stanno portando all’autorizzazione dell’impianto e che sono alla base di una serie di ricorsi al TAR in fase di preparazione da parte di numerosi sindaci e della cittadinanza, nel tentativo di bloccare la realizzazione”.
La Comunità Rurale Diffusa in una nota propria specifica: “Abbiamo organizzato questo incontro per dare un nostro contributo alla lotta contro la geotermia che da diversi anni si porta avanti su questo territorio. Siamo contadine e contadini. Siamo persone che hanno deciso di vivere in queste terre e di queste terre, di crescere qui i nostri figli e le nostre figlie per questo adesso ci sentiamo chiamati in causa, perché vivere in un luogo che vogliono far diventare un territorio sacrificabile, per uno sviluppo che non riguarda la salute, il LAVORO ed il benessere di tutti, ma solamente il profitto di pochi, bene questo non è il futuro che ci aspettiamo, questo non è il futuro che vogliamo! Pensiamo questo non per andare contro il progresso, ma perché produrre energia al giorno d’oggi non può essere una condanna, ma deve essere una scelta sostenibile e democratica che rispetti il volere delle persone perché abbiamo il dovere di valorizzare e difendere le risorse e la bellezza del nostro territorio. Esiste un modo pulito di produrre energia senza i veleni e le contaminazioni che ci vogliono far credere siano inevitabili. Noi speriamo di contribuire con il nostro modo di coltivare la terra alla valorizzazione di questo territorio, vogliamo avere la possibilità di produrre un cibo genuino e lontano da quei processi che tramite coltivazioni inquinanti, sfruttamento della terra e degli animali, producono alimenti come in una catena di montaggio. Ecco noi tutti non vogliamo perdere il nostro altopiano perché non è solo una minaccia all’orizzonte; ad esempio questi ettari sacrificati alla monocoltura dei noccioleti cambieranno i nostri paesaggi per sempre, ci porteranno a non riconoscere più il nostro territorio e la storia che ci racconta attraverso i tratti che ce lo rendono familiare. In questo momento, tante altre persone vivono realtà e tossicità che non hanno scelto o sulle quali non erano del tutto informate: Ad esempio la Tuscia, classificata come sito di interesse comunitario, è stretta in una morsa tra la centrale di Civitavecchia, seconda in Italia per produzione di CO2 e le fabbriche e gli inceneritori di Terni. Oppure l’Amiata da anni schiava della geotermia, investita da contaminazioni delle acque e dell’aria con pesanti ricadute sulla salute e soprattutto vittima di una violenza terribile al territorio. In questi posti si è vista una progressiva trasformazione, con un turismo distrutto, senza più servizi, come banche e uffici postali e in alcuni casi senza neanche un alimentari rimasto nel paese. Allo stesso tempo la comunità non ha rinunciato alla difesa del proprio territorio ed è riuscita ad evitare l’apertura della nuova centrale di Poggio Montone. Per questo ringraziamo chi prima di noi, qui e altrove, ha alimentato e portato avanti questa battaglia, crediamo che questo prezioso lavoro abbia bisogno di costante energia e partecipazione collettiva. Il contributo di ognuno è importante: ciascuno, con le proprie forze e capacità può fare qualcosa che dimostri quanto teniamo alla nostra salute e a questa terra, perché se rimaniamo in silenzio a guardare, nessuno difenderà il nostro territorio per noi. Speriamo che questa manifestazione sia solo una delle dimostrazioni. Crediamo che l’amore per questo territorio dia a tutti noi la giusta energia e determinazione per rispondere assieme e con forza a questa imposizione”.
Altre analoghe manifestazioni contro questo impianto si sono svolte in diverse località come Allerona, Castel Viscardo, Capodimonte, Marta e ne è prevista una per martedì 15 ottobre a Montefiascone, con il sostegno della popolazione e dei sindaci.