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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Non ti muovere!

di Raffaella Zelia Ruscitto

SIENA. Quella teoria secondo la quale quando si arriva a toccare il fondo non si può fare altro che risalire va rivista. Necessariamente. Neppure l’alternativa che “si può sempre scavare” vale, perchè presuppone una certa quale attività fatta dal malcapitato. Sabbie mobili: ecco l’immagine che compare davanti agli occhi, se si immagina la scena. L’immobilità consigliata in questo caso è  la metafora più calzante dei nostri tempi. Impantanata in questa situazione disperata si trova Siena, perennemente angosciata dalla netta sensazione di sprofondare, lentamente ma inesorabilmente.

Una sensazione condivisa dalla maggior parte degli italiani, molti dei quali scelgono la via dell’esilio volontario per sfuggire a questo senso di disperazione.

L’economia non incoraggia e neppure la politica. Per non parlare della sempre più sfibrata società che sembra sentire vivo il senso della condivisione e della compartecipazione solo di fronte alla tragedia del terremoto.

Il dramma Monte dei Paschi si sta compiendo ancora e sempre davanti agli occhi di tutti. Il Governo ha varato il decreto salva risparmio: 8 miliardi andranno a sostenere ancora per qualche tempo la banca senese al collasso. Un coma che si vuole protrarre a beneficio esclusivo della protezione di chi ha malamente gestito in passato; di chi ha ottenuto soldi senza averne le garanzie per contropartita; di chi ha elargito soldi a piene mani nel rispetto del “sistema Siena-Italia” più che della banca.

La cattiva politica ha fatto e disfatto (più che altro, disfatto) ma resta fedele al suo passato e, forte degli stessi referenti, è lì a garantire che nessuno venga punito per i “peccati” commessi. Una rete che si spezza e si autoripara senza lasciare mai uno spiraglio alla luce della verità e della giustizia. Parole, queste, non contemplate nel vocabolario di chi opera per garantire benessere, potere e immunità alla casta.

Il Monte dei Paschi ha subito talmente tanti danni che nulla si può ipotizzare di fattibile per recuperare la stabilità. Pure oggi, con gli otto miliardi stanziati per sostenerlo, gli orizzonti non appaiono meno oscuri. Cinquanta miliardi bruciati; quarantacinque miliardi di sofferenze; perdite nei depositi per oltre 23 miliardi ripianate, pari pari, da un prestito chiesto alla BCE.  Crediti deteriorati che si vorrebbero sbolognare ma che nessuno pensa di comprare… e in questo quadro demoralizzante, ci sono i dipendenti da tutelare, le filiali da far fruttare mentre sono lì a perdere clienti spaventati e sviliti. In questo quadro tutt’altro che incoraggiante, questi 8 miliardi paiono essere destinati a fare la fine di tutti gli aumenti di capitale messi in atto negli ultimi anni…. soldi finiti in cenere. E, a pagare, non saranno quelli che hanno preso soldi e non li hanno restituiti ma saranno gli italiani, già tartassati dalle tasse e costretti a pagare le accise sulla benzina riconducibili al terremoto dell’Irpinia del 1980 o al Vajont del 1963.

Gli obbligazionisti subordinati hanno già pagato un primo scotto; gli obbligazionisti ordinari hanno visto i loro titoli sospesi (e addio vacanze o macchina nuova o anticipo per l’acquisto della casa del figlio). Al silenzio della collettività su svariate vicende scandalose (non solo legate ala banca senese) ha corrisposto la spregiudicatezza dei politici e la sempre più ferma convinzione da parte loro di essere liberi di agire senza dover dar conto a nessuno.

E se il male assoluto, in politica, viene attribuito a questo o a quel partito – a seconda della nostra “fede” o della nostra “simpatia” – a ben vedere non esiste il male assoluto circoscritto ma un male dilagante, trasversale, bipartisan che spiazza, disarma, scoraggia.

Siena è sempre fulgido esempio di queste “innovazioni” nella politica. Fermo restando che il partito di maggioranza da oltre 70 anni resta il responsabile primario di tutti i disastri della città – dalla banca alla Fondazione, a scendere alle altre istituzioni – non si può certo dire che non ci siano correi. Anzi. La debolezza dell’opposizione è talmente cronica e talmente inefficace nella sua azione, che non può essere giustificata solo con l’ostinato masochismo dei senesi di votare sempre e solo a sinistra.

Sono venute alla luce da tempo le amicizie “trasversali” come quella tra C. e Verdini che hanno, di fatto, indebolito e privato di credibilità ogni forma di opposizione a Siena. Ma non restiamo al passato ed attualizziamo, tanto per far comprendere come le cose non siano cambiate, anzi.

La notizia è di qualche giorno fa ma merita un degno approfondimento. Maurizio Montigiani, storico militante della Lega Nord a Siena, consigliere comunale a Monteriggioni (unico leghista con cariche in amministrazioni comunali) con diversi incarichi in passato nel Carroccio, è stato espulso dal partito. Una espulsione immotivata ma attesa da mesi dal diretto interessato. Roberto Calderoli, su indicazione del segretario regionale Manuel Vescovi, ha fatto fuori Montigiani decapitando, di fatto, il partito di Salvini in provincia di Siena. Se si escludono le antipatie personali – che non è detto che esistano ma che certamente non possono giustificare un’azione tanto insensata quanto autolesionista – le ragioni di questa fuoriuscita sono da ricercare nell’impegno di Montigiani sul fronte banca Mps. Lo storico leghista senese, infatti, in questi anni, non ha mai smesso di tenere alta l’attenzione su quanto accadeva all’istituto di credito senese. Come dipendente della banca, come azionista, come co-fondatore dell’Associazione Buongoverno ed infine come leghista, Montigiani è diventato, in questi anni, punto di riferimento per giornalisti non senesi, per politici nazionali che hanno voluto conoscere la situazione della banca per poterla commentare. Molte sue “profezie” finanziarie si sono spesso avverate e molte “intuizioni” sono spesso risultate esatte.

Per tutte queste ragioni, alla notizia della sua espulsione dal partito di Salvini, in molti, tra giornalisti e militanti, si sono trovati vicini nell’idea che Montigiani sia stato silurato per quel suo tanto parlare di banca. Il diretto interessato non parla di questa ipotesi ma non spende una parola per escluderla. Preferisce, però, chiarire come questo epilogo non lo addolori più di tanto.

“La Lega Nord alla quale mi sono sentito legato per tanti anni – dice Montigiani – non è quella attuale. A Siena si è portata avanti una operazione di smantellamento della sezione. Un lungo commissariamento, ingiustificato, la non convocazione di un congresso, il declassamento di diversi tesserati con ruoli politici… tutto questo non ha fatto bene al movimento. Se a questo si aggiunge il sempre più assordante silenzio sulla banca da parte dei nostri rappresentanti in Parlamento credo ci sia poco da dire”.

La Lega Nord Toscana  vive così un lento e costante collasso che non ha ragioni apparenti. Su 10 province, ci sono la metà delle sezioni provinciali commissariate con un’autonomia tutta da provare, rispetto al segretario regionale.

A Siena tolto Montigiani e messo “a riposo” Giusti, resta ben poco del Carroccio. E non è con argomentazioni come “migrazione” o “sicurezza stradale” che si potranno ricostruire le fondamenta del partito, o trovare validi e nuovi militanti. E per rinunciare a queste basi e trovarsi in mano nulla, le ragioni che hanno mosso i vertici devono essere davvero “di peso”.  Tra banca e prossime amministrative, Montigiani doveva rappresentare un bel peso. La Lega Nord non ha eventuali candidati al Comune: l’ipotesi più plausibile è che dia spazio alle liste di destra in città. E così si potrebbe trovare a sostenere una possibile candidatura di Lorenzo Rosso, per esempio. Un’alleanza che a Montigiani non sarebbe piaciuta.

“Adesso sono libero – ha detto Montigiani – non intendo legarmi ad altri partiti o movimenti ma appoggerò da indipendente tutti coloro che vorranno prendere a cuore la causa del Monte dei Paschi e che vorranno far luce su quanto accaduto alla banca in questi anni”.

Tolta la Lega Nord di mezzo l’opposizione appare zoppa e ancora più rimpicciolita, schiacciata.

A compensare questa mancanza pare essere tornato nell’agone politico – ammesso e non concesso che l’abbia mai realmente lasciato – Pierluigi Piccini. L’ex sindaco di Siena ha “duellato” con l’attuale sindaco, Bruno Valentini  (anche lui disponibile a ricandidarsi) sulle pagine del Corriere di Siena e pare non abbia escluso un concreto ritorno. C’è da scommettere che la sua azione, questa volta, non sarà tra le seconde e terze file. Lui vorrà tornare da protagonista e, probabilmente, sta già lavorando per questo.

E come si comporteranno gli altri? Cosa farà Sinistra per Siena? E Cittadini di Siena? E Nero su Bianco? Una cosa è certa. Se il Movimento 5 Stelle continuerà a lavorare sul Monte dei Paschi e sul caso Rossi, magari portando a casa qualche buon risultato, non è escluso che possa portare molti elettori verso la propria causa.

Infine, il Pd. Una eventuale scissione (che appare molto, molto ipotetica) potrebbe scombinare le carte ma, al momento, si vive alla giornata, senza una esatta strategia: una quotidianità fatta di spot su temi svariati, senza capo nè coda, tralasciando volutamente ogni forma di approfondimento. Ogni tanto, qualcuno, dalle fila di Scaramelli o di C. lancia una sciabolata in direzione del sindaco… poi tutto muore lì e lui resta ancora, a garantire una qualche continuità di potere in città. La stagione delle nomine ha avuto inizio: le lotte interne sui nomi del prossimo ds delle Scotte, o dei rappresentanti di una recalcitrante quanto indebolita Fondazione Mps, sono costanti e si misurano a colpi di “peso politico”. Ma l’approssimazione, se non l’incapacità, la fanno da padrone e questi miseri e patetici obiettivi, fatti di potere fine a se stesso, sviliscono ogni azione politica e danno la misura di chi l’ha originata.

Si guarda già al 2018 e il fondato timore è che si possa ripetere quanto accaduto nel 2013: 8/9 candidati che frammentano i voti del’opposizione facendo il gioco, di fatto, della maggioranza indebolita Pd.  Candidati veri e candidati farlocchi (ovvero messi apposta per rendere inefficace l’opposizione) non faranno altro che favorire il sistema, continuando ad arrecare danno alla città.

Non si può restare a galla a lungo nelle sabbie mobili. Nonostante l’immobilismo si finisce per sprofondare se non si cerca un appiglio, se non si trova una soluzione per uscire dal pantano.  Sperare che qualcuno, dall’esterno, arrivi a gettare la fune della salvezza non può bastare. Capisco che, stante la situazione, si viene assaliti da sconforto e demotivazione… ma non si può temporeggiare ancora. La soluzione è certamente tra le mura della città, in quella indignazione latente che emerge, a volte anche in modo eccessivo, sui social ma che poi non sa costruirsi razionalmente e concretamente. In quel senso di disgusto che prende allo stomaco di fronte alla varia ingiustizia, alla spudorata menzogna, al quotidiano disagio.. Ecco, tutti questi sentimenti condivisi potrebbero essere la buona base di partenza per una unità di forze e di intenti… solo un’illusione? Forse. Ma a qualcosa occorre pur aggrapparsi per non soffocare nel fango…

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