
SIENA. Da Andrea Benocci (Per Siena) riceviamo e pubblichiamo.
“La recente notizia del rinnovo dell’accordo tra il Comune di Siena e l’Università La Sapienza di Roma, relativo alla ricerca e alla sperimentazione urbanistica, conferma un percorso già avviato nel 2021. L’intesa – siglata con il Dipartimento di Pianificazione, design e tecnologia dell’architettura – si presenta come una tappa importante per la rigenerazione urbana e la valorizzazione del patrimonio cittadino. Tuttavia, ciò che colpisce nella comunicazione istituzionale è l’assenza di qualsiasi riferimento alla terza missione dell’università.
Negli ultimi anni, la terza missione è diventata un elemento imprescindibile per valutare l’impatto delle università sul territorio. Non si tratta solo di produrre sapere e formare studenti, ma di condividere conoscenza, dialogare con la cittadinanza e restituire alla società i frutti della ricerca pubblica. La terza missione include attività di divulgazione, coproduzione culturale, coinvolgimento civico, trasferimento tecnologico e sociale.
Nel caso senese, invece, il racconto dell’accordo si ferma alla dimensione tecnica. Si parla di “innovazione culturale, ambientale e sociale” e di “qualità dello spazio pubblico”, ma tutto rimane confinato nel rapporto tra università e amministrazione, tra ricercatori e tecnici comunali. Nessun accenno al coinvolgimento dei cittadini. Nessuna menzione di laboratori partecipati, momenti pubblici di confronto, processi deliberativi o restituzioni trasparenti.
L’università rischia così di apparire come una consulente di alto profilo, chiamata a redigere scenari urbani con scarsa incidenza sulla vita quotidiana delle persone. I workshop condotti negli anni scorsi – dai Terzi cittadini alla Fortezza, dallo stadio alle valli verdi – avrebbero potuto essere l’occasione per attivare forme concrete di partecipazione e co-progettazione. Invece sembrano essersi svolti prevalentemente all’interno dei circuiti accademici e amministrativi.
Eppure, Siena ha un bisogno urgente di riattivare il rapporto tra istituzioni, saperi e comunità. In una città che invecchia, si svuota e fatica a definire una visione condivisa del futuro, la terza missione non è un’opzione: è una responsabilità politica e culturale. Coinvolgere cittadini, associazioni, scuole, giovani e anziani nei processi di trasformazione urbana significa rafforzare la democrazia locale, produrre senso di appartenenza e garantire che le scelte sullo spazio pubblico siano realmente condivise.
Se la rigenerazione urbana è, come si dice, anche “innovazione sociale”, allora va messa in pratica. Non bastano gli slogan sulla sostenibilità o sul patrimonio da valorizzare. Serve una governance aperta, plurale, partecipativa. E serve che l’università esca dalle aule per abitare davvero la città, assieme ai suoi abitanti”.