“Se non si fa il corteo il Palio non si corre”

di Enzo Martinelli
SIENA. Secondo le elementari nozioni di diritto costituzionale i requisiti necessari per l’esistenza di uno Stato sono tre: il territorio, il popolo e un potere sovrano. Da secoli a Siena le Contrade sono considerate a tutti gli effetti piccoli Stati. Federati tra loro, hanno dato vita alla Capitale della Repubblica senese. Tuttora il territorio comunale, compreso dentro le antiche mura, è ripartito in 17 spicchi, a suo tempo, ripartiti tra altrettante Contrade da Violante di Baviera. I confini di ciascuna Contrada sono segnalati dalle bandiere, che ne delimitano gli spazi rispetto a quelli dei popoli vicini, uno dei quali normalmente avversario. Ogni contrada ha le proprie magistrature di governo elette dal popolo sovrano per il tempo di pace e per quello del Palio. Insomma la Contrada ha tuttora i requisiti “costituzionali” necessari per essere definita Stato (vedi al riguardo gli studi del professor Enzo Balocchi).
In un’epoca storica in cui Enti di ogni genere campano con i soldi pubblici, le Contrade si mantengono esclusivamente con il denaro volontariamente versato dai propri sostenitori, “battezzati” o meno che siano.
La contemporaneità sollecita nuove problematiche, che investono il rapporto tra il collaudato sistema di potere delle Contrade e quello comunale e fra il potere locale e la giurisdizione statuale. Preoccupa l’accertamento del sostanziale requisito fondante dello Stato, ovvero la reale sussistenza del “popolo sul territorio”. Questo tema può apparire al momento come una questione di scuola, ma prima o poi per gli effetti distorti che può produrre al delicato vissuto cittadino, la prevalente residenza esterna del popolo rispetto al territorio della Contrada dovranno essere affrontati.
In atto infatti dentro le mura dove sono ubicate la podestà e le sedi delle 17 contrade abita soltanto un sesto della popolazione residente nel Comune di Siena. Dunque meno di un quinto di tutti i popoli che costituiscono il corredo umano delle 17 Contrade“. In realtà la stragrande maggioranza dei loro popoli risiede e “vive” nelle nuove espansioni urbane: Vico Alto, Scacciapensieri, San Miniato, Poggiarello, Marciano, Cappuccini, Petriccio, Uncinello, Acqua Calda, Sant’Andrea. I lungimiranti piani regolatori hanno insediato i quartieri, in forma satellitare, lontano dal centro storico in prevalenza circondato dal verde agricolo che incastona la vecchia città.
Purtroppo all’ampliata offerta degli spazi immobiliari di tutte le contrade e delle loro “società” ricreative, sono corrisposte enormi difficoltà da parte dei contradaioli a frequentare gli ambienti vitali dei piccoli Stati, ubicati in luoghi in prevalenza chiusi al traffico. Insomma si sono ingrandite le chiese, ma i fedeli hanno difficoltà per accedervi per cui le panche rimangono vuote e lo svolgimento dei riti e i vincoli interpersonali che maturavano in passato nei comuni ambienti ne risentono pesantemente.
Prima che la quotidiana difficoltosa partecipazione alla vita attiva dei piccoli Stati produca effetti negativi nel vissuto quotidiano e logori i benefici e la proficua ricchezza del tessuto umano maturato nei tempi andati, sarà opportuno riflettere sulla questione nel tentativo di sperimentare qualche soluzione. Perché la contrada non è assimilabile alla Juventus che ha la sede a Torino e il popolo, ovvero ”i tifosi”, sparsi in tutta Italia.