
di Lisca
SIENA. Il bell’arciere saraceno che simboleggia San Giorgio che ammazza il dèmone (lasciamo l’identificazione a chi se ne intende), e che ha il volto di Ali Hassoun con la kefiah bianconera che campeggia nel drappellone di questo palio del 2 luglio non mi ha convinto dall’inizio. Troppa la somiglianza col San Giorgio del Mantegna, uguale l’armatura con le modanature, la posizione delle gambe e quella del braccio sinistro al fianco con l’identica posizione della mano e delle dita. La differenza è un arco nella mano destra a posto del bastone. Per essere solo un’ispirazione al grande pittore del ‘400 mi sembra abbastanza. Almeno il Marzi del drappellone del 1960 ha cambiato postura, il capo rivolto verso destra, la mano sicura posata sul fianco e le gambe divaricate. La Madonna di Provenzano ha il volto dolce della signora Paola, moglie dell’artista, il quale con questa mossa ha piazzato due centri di famiglia per l’eternità. Quello che mi sconcerta è la frase in arabo al vertice del dipinto, fra il tondo di Montaperti e la città turrita. Vorrei chiedere ai senesi quanti di loro sanno che cosa c’è scritto, che vuol dire, a che si riferisce. Del Drappellone del Palio di Siena voglio sapere tutto, dentro e fuori, sopra e sotto, davanti e didietro. Mi sembra legittimo, trattandosi della nostra festa. Gli illuminati scrivono che si tratta della Sura 19 del Corano, dedicata a Maryam, Maria per noi, e che contiene ben 98 versetti. Un omaggio del pittore musulmano alla figura di Maria vergine e madre. Non so a quale di questi si riferisca. Non mi garba ciò che non capisco. Ma se capitasse nella mia Contrada lo adorerei come tutti gli altri. Anche se fosse bianco…
33 cavalli alla tratta, non 34, cinque batterie, 3 di 7 e due di 6, rimasti dei 125 affacciati alla festa. Pronta la mia poltrona, carta e penna, occhi e orecchie aperti e mazzetta di giornali (due per la verità). Panoramiche sulla piazza, finestre e palchi, belle ragazze inquadrate e zumate fino al bianco dell’occhi. Parlano Patrizio Maria Salerno e Lello (pardon, Raffaello) Ginanneschi. Entra Franco Masoni che dice del tempo, anticiclone delle Azzorre e venti di nord-ovest. E si comincia con la prima batteria che vede barberi velocissimi, tre giri pieni a grande galoppo. Vince Incantado. Bravi. Le altre vanno una dietro l’altra, rapide. E tutto ormai è nelle mani dei Capitani. Sceglieranno il lotto veloce con brenna incorporata o uno livellato da arrivare in truppa a S Martino? Si vedrà fra poco. E siamo all’assegnazione: Elimìa al Bruco (buon cavallo, barbaresco con rosa rossa), Fedora Saura (vittoriosa) alla Selva, Gammede all’Aquila, Giostreddu al Leocorno (buon cavallo, barbaresco con rosa bianca), Giove Deus all’Onda ha già corso (barbaresco graziosa ragazza monturata), Insomma al Drago, Istriceddu (numero 23) vittorioso al Nicchio (esultanza, marea blu, un fiume blu), Lampante alla Giraffa (Lello Ginanneschi lo da vincente!), Leo Lui alla Torre (buona qualità, forte, interessante, e Elfo di Montalvo all’Istrice (buonino). Canti, sbracciate, inni, sudate a tutta randa, cori al cielo, e stasera la prima prova.
SIENA. Il bell’arciere saraceno che simboleggia San Giorgio che ammazza il dèmone (lasciamo l’identificazione a chi se ne intende), e che ha il volto di Ali Hassoun con la kefiah bianconera che campeggia nel drappellone di questo palio del 2 luglio non mi ha convinto dall’inizio. Troppa la somiglianza col San Giorgio del Mantegna, uguale l’armatura con le modanature, la posizione delle gambe e quella del braccio sinistro al fianco con l’identica posizione della mano e delle dita. La differenza è un arco nella mano destra a posto del bastone. Per essere solo un’ispirazione al grande pittore del ‘400 mi sembra abbastanza. Almeno il Marzi del drappellone del 1960 ha cambiato postura, il capo rivolto verso destra, la mano sicura posata sul fianco e le gambe divaricate. La Madonna di Provenzano ha il volto dolce della signora Paola, moglie dell’artista, il quale con questa mossa ha piazzato due centri di famiglia per l’eternità. Quello che mi sconcerta è la frase in arabo al vertice del dipinto, fra il tondo di Montaperti e la città turrita. Vorrei chiedere ai senesi quanti di loro sanno che cosa c’è scritto, che vuol dire, a che si riferisce. Del Drappellone del Palio di Siena voglio sapere tutto, dentro e fuori, sopra e sotto, davanti e didietro. Mi sembra legittimo, trattandosi della nostra festa. Gli illuminati scrivono che si tratta della Sura 19 del Corano, dedicata a Maryam, Maria per noi, e che contiene ben 98 versetti. Un omaggio del pittore musulmano alla figura di Maria vergine e madre. Non so a quale di questi si riferisca. Non mi garba ciò che non capisco. Ma se capitasse nella mia Contrada lo adorerei come tutti gli altri. Anche se fosse bianco…
33 cavalli alla tratta, non 34, cinque batterie, 3 di 7 e due di 6, rimasti dei 125 affacciati alla festa. Pronta la mia poltrona, carta e penna, occhi e orecchie aperti e mazzetta di giornali (due per la verità). Panoramiche sulla piazza, finestre e palchi, belle ragazze inquadrate e zumate fino al bianco dell’occhi. Parlano Patrizio Maria Salerno e Lello (pardon, Raffaello) Ginanneschi. Entra Franco Masoni che dice del tempo, anticiclone delle Azzorre e venti di nord-ovest. E si comincia con la prima batteria che vede barberi velocissimi, tre giri pieni a grande galoppo. Vince Incantado. Bravi. Le altre vanno una dietro l’altra, rapide. E tutto ormai è nelle mani dei Capitani. Sceglieranno il lotto veloce con brenna incorporata o uno livellato da arrivare in truppa a S Martino? Si vedrà fra poco. E siamo all’assegnazione: Elimìa al Bruco (buon cavallo, barbaresco con rosa rossa), Fedora Saura (vittoriosa) alla Selva, Gammede all’Aquila, Giostreddu al Leocorno (buon cavallo, barbaresco con rosa bianca), Giove Deus all’Onda ha già corso (barbaresco graziosa ragazza monturata), Insomma al Drago, Istriceddu (numero 23) vittorioso al Nicchio (esultanza, marea blu, un fiume blu), Lampante alla Giraffa (Lello Ginanneschi lo da vincente!), Leo Lui alla Torre (buona qualità, forte, interessante, e Elfo di Montalvo all’Istrice (buonino). Canti, sbracciate, inni, sudate a tutta randa, cori al cielo, e stasera la prima prova.
