di Vincenzo Musacchio
SIENA. Il cosiddetto “dark web” non sempre nasconde un mondo disumano. Non tutti sanno, ad esempio, che questa parte nascosta del web è utilizzata da persone che vivono in Stati dittatoriali e non hanno libero accesso a Internet. La BBC (canale televisivo del Regno Unito) ha legalmente creato una pagina sul dark web proprio per consentire l’accesso alle notizie a chiunque nel mondo. Dalle ricerche che ho fatto (e non sono state poche) ho scoperto che una parte di questo mondo nascosto fa davvero paura. La maggior parte delle persone ne conosce solo una piccola parte: la punta dell’iceberg, il resto invece è ancor più inquietante. Si può trovare di tutto, un immenso mercato, dall’accesso un po’ complicato se non si é esperti, ma in certi casi, luogo d’incontro di ogni genere d’illegalità incontrollata. Poi c’è tutto il resto dell’oceano, quello è il c.d. deep web, un luogo non indicizzato di cui si sa davvero pochissimo. In una piccola parte del “dark web” sono presenti i “dark market”, dei veri e propri portali e-commerce, dove si trova di tutto: droghe, armi, killer su commissione, gioielli, oro, film pedopornografici, dati trafugati, credenziali aziendali e bancarie, insomma, di tutto e di più. E’ di pochi giorni fa la notizia di diciasettenni che pagavano per vedere bambini uccisi in diretta proprio all’interno di un “dark market”. Sono riuscito a immaginare solo per un paio di secondi quel video poi la mia mente si è disconnessa in autodifesa autonoma. I bambini erano abusati sessualmente e torturati fino all’uccisione, con il progredire delle sevizie legate a pagamenti di somme in bitcoin (la nuova cripto valuta di internet) sempre maggiori da parte degli spettatori collegati online sui siti del “dark market”. Credo che l’inferno, qualora esista, sia un luogo migliore rispetto agli orrori che si sono palesati davanti agli occhi di chi ha solo potuto vedere pochi secondi di quei filmati orribili. Violenze sessuali e torture praticate in diretta da adulti su minori, interagendo con i protagonisti delle stesse violenze e richiedendo sevizie sui corpi dei bambini. In una chat, giovanissimi di tutta Italia diffondevano materiale pedopornografico e xenofobo. Le sevizie sui bambini chiesti in diretta video erano davvero terribili, secondo la ricostruzione dei Carabinieri, si arrivava anche alle amputazioni di parti del corpo dietro pagamento. Al video live si poteva assistere e interagire. Credo che in situazioni aberranti come queste il diritto penale e la repressione in generale possa ben poco. Il miglior rimedio è la prevenzione. Parlare di prevenzione significa innanzitutto non demonizzare strumenti come la rete, ma fornire indicazioni precise per un’effettiva padronanza e conoscenza di essa. Significa mettere in guardia i genitori e, attraverso loro, i loro bambini per smascherare, e comunque evitare, le forme più sofisticate di adescamento e/o di coinvolgimento. Disporre di questo tipo di aiuto costituirebbe un indubbio vantaggio per ogni genitore. Sarebbe necessario organizzare periodicamente nelle scuole iniziative per educare i ragazzi ad affrontare il complicato mondo d’internet e delle sue possibili insidie. Questa battaglia contro il web oscuro non si può combatterla da soli. La repressione senza un’adeguata prevenzione segnerebbe ancora una volta l’ennesimo fallimento. Occorrono, pertanto, sostegno, aiuto, competenza, solidarietà e coinvolgimento massimo di scuola e famiglia. La battaglia è appena all’inizio.
Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). E’ ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.