Federcontribuenti: "'il governo che verrà è chiamato ad occuparsi subito dei 4 milioni e 742.000 cittadini che non hanno mezzi di sostentamento"

Una famiglia di 2 adulti e un minore con 1.100 euro di reddito è una famiglia caduta sotto la soglia di povertà. Federcontribuenti: ”il governo che verrà è chiamato ad occuparsi subito dei 4 milioni e 742.000 cittadini che non hanno mezzi di sostentamento. Parliamo di un milione e 600 famiglie italiane”. Il Reddito di Inclusione ci costerà nel 2018 2,55 miliardi di euro e salirà a 2,75 nel 2019. ”Intanto le tasse che paghiamo sono a fondo perduto perchè manca un ritorno in termini di servizi”. Programmi acchiappa voti e nessun progetto a medio lungo termine.
In Italia lo stipendio medio è di circa 28 mila euro lordi all’anno che diventano, al netto, 1.560 euro al mese. ”Quindi in media un italiano è di soli 300 euro sopra la soglia di povertà, parliamo del 50% degli italiani. Una follia!”.
La povertà si combatte creando posti di lavoro con retribuzione in linea con il costo della vita; un contratto di lavoro che permetta l’accesso al credito; che permetta di contribuire con le tasse; che permetta di costruire famiglie in grado di sostenersi economicamente. ”Lo Stato italiano non potrà farsi carico a lungo termine di queste famiglie senza penalizzare i contribuenti che arrancano e che rischiano a loro volta di cadere in povertà. Diamo una risposta che non sia la pietà o l’elemosina, rendiamo libere queste famiglie”.
La prima misura da adottare è quindi quella di creare nell’immediato posti di lavoro: ” per riuscirci dobbiamo lavorare alla botte e al cerchio, dobbiamo cioè obbligare una politica fiscale e un costo del lavoro eguale nei Paesi membri della UE e penalizzazioni per chi delocalizza”.
In Italia, lo abbiamo detto, sotto i 1.100 euro netti al mese parliamo di povertà, ”quindi il salario minimo previsto per legge e inserito in tutti i contratti non potrà essere inferiore, al netto a 1.100 euro”.
Lo zoccolo duro delle multinazionali
Le multinazionali puntano alla massima produzione ed efficienza e all’abbattimento dei costi sulla sicurezza e sui lavoratori, piegandone i diritti. ”Il problema non è puntare al massimo guadagno, ma se questo passa per un taglio ai salari, ai diritti e alla possibilità di licenziare con un sms non ci sta bene. Abbiamo sempre fatto affidamento sulle nostre immense risorse, l’Estero ci ha sempre guardati con invidia; poi abbiamo iniziato con l’attaccare gli artigiani, i commercianti a taglieggiare le nostre produzioni in cambio di collaborazioni fatte di interessi privati con finanziatori e imprenditori senza scrupoli, perdendo la partita”.
Il costo del lavoro
Il lavoro è ancora troppo costoso per le imprese che devono sobbarcarsi l’onere di contributi che raggiungono il 33% della retribuzione, percentuale che disincentiva il datore di lavoro ad assumere a tempo indeterminato”. Intanto i contratti nazionali devono permettere per legge l’accesso al credito oppure l’economia continuerà ad arrancare, poi la flessibilità oggi significa precarietà e lunghi periodi di disoccupazione a spese della collettività. ”Invece di dare assegni di sostentamento, il governo potrebbe assumere i disoccupati fino a nuova occupazione, impiegandoli nei settori a scarso rendimento o oberati di lavoro permettendo così anche alta formazione”.
Alle imprese il diritto a detrarre dalle tasse i costi di assunzione e gli investimenti per rendere i posti di lavoro più sicuri e competitivi, ”inoltre il governo deve farsi carico una volta per tutte di creare una corsia preferenziale dei prodotti fabbricati in Italia nella nostra catena di grande distribuzione”.
Prevedere la possibilità di cedere a costo zero per periodi non inferiori a 5 anni capannoni abbandonati ad artigiani o piccoli produttori”