Le Procure chiedono la consulenza della Guardia di Finanza
ROMA. La sanzione Antitrust di 11 milioni di euro (5 mln per Unicredit, 4 mln per Bnl e 2 per Intesa San Paolo) inflitta alle tre più importanti banche (che detengono quote di mercato per quasi la metà degli impieghi bancari), per aver adottato condotte aggressive, in violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo, aventi ad oggetto la pratica dell‘anatocismo bancario, ovvero il calcolo degli interessi sugli interessi a debito nei confronti dei consumatori, rappresenta solo la punta dell’iceberg di un gigantesco indebito, in aperta e conclamata violazione di legge praticata consapevolmente e dolosamente dal 1 gennaio 2014 al 30 settembre 2016.
Poiché l’intero sistema creditizio ha continuato ad applicare l’anatocismo bancario nonostante l’espresso divieto contenuto nella legge di stabilità 2014, Adusbef, il 3 marzo 2017, aveva presentato esposti denunce alle maggiori procure della Repubblica, ipotizzando i reati di truffa,appropriazione indebita ed omissione d’ufficio contro Bankitalia. Doverosamente informata dalle associazioni dei consumatori presenti nel CNCU (Consiglio Nazionale Consumatori ed Utenti), la Banca d’Italia, invece di esercitare la potestà prevista dall’art. 128 del Testo Unico Bancario, per: ‘inibire ai soggetti che prestano le operazioni e i servizi disciplinati dal presente titolo la continuazione dell’attività, anche di singole aree o sedi secondarie, e ordinare la restituzione delle somme indebitamente percepite e altri comportamenti conseguenti’, (art,1,lettera a), non era intervenuta come di consueto per non disturbare gli interessi delle banche socie, configurando oltre all’omissione in atti d’ufficio, eventuali più gravi reati a danno degli utenti dei servizi bancari.
In particolare- ha scritto Adusbef negli esposti presentati alle maggiori Procure della Repubblica in data 3 marzo 2017- alla luce dei fatti esposti, nonché ai richiami giurisprudenziali, dottrinali e alla disposizioni di legge indicati, anche nell’art.128 TUB, si chiede all’On.le Procura di accertare:
– se sotto il profilo degli omessi controlli e della mancata vigilanza non si configuri il reato ex art. 328 c.p. (Rifiuto d’atti d’ufficio. Omissione);
– se dal tenore letterale delle missive e dalle palesate minacce non si configurino i reati ex artt. 640 c.p. e seguenti nonché ex art. 646 c.p. (appropriazione indebita);
– se la responsabilità penale eventualmente accertata ed imputabile ad i soggetti sopra richiamati non possa altresì aver configurato, il reato ex art. 170bis D.Lgs. n. 58/98, e altri eventuali illeciti penali come rubricati nel D.Lgs. n. 58/1998.
Facendo un calcolo sul volume medio degli impieghi affidati, dal 1 gennaio 2014 al 30 settembre 2016, la vietata pratica di calcolare interessi sugli interessi a danno delle imprese e di altri soggetti economici che hanno avuto prestiti, fidi, scoperture di conto corrente, si arriva ad una forbice tra 6,7 e 7,8 miliardi di euro, incamerati dal sistema bancario, che non dovevano essere percepiti e che in virtù della legge e delle pronunce dei tribunali nelle inibitorie, devono essere restituiti.
Dai calcoli sugli impieghi ricapitalizzati con l’illecito anatocismo, effettuati dagli esperti contabili Adusbef, si evince un indebito lucro, solo per i fidi alle imprese di 2.410 miliardi di euro dal 1 gennaio 2014 al 31 ottobre 2016 (ossia 811,830 mld di euro nel 2014; 808,338 nel 2015; 790,085 mld di euro tra il 1 gennaio ed il 30 settembre 2016), di 34,33 euro ogni 1.000 euro di scoperto, quindi un somma da rimborsare o compensare, approssimata per difetto, tra 6,7 e 7,8 mld di euro.
Alcune Procure infatti, dopo aver aperto un fascicolo di indagine,hanno delegato la Guardia di Finanza che dopo aver convocato i delegati Adusbef ed acquisito ulteriori elementi probatori sulle pratiche anatocistiche, presenti anche nelle ingiunzioni di pagamento o rientro di procedure esecutive, hanno affidato a CTU la verifica e quantificazione dell’indebita ed illegale prassi.
Elio Lannutti (Adusbef)