ROMA. Bankitalia – denunciavano Adusbef e Federconsumatori ai primi di novembre 2016 – si accinge a preparare un bel regalo alle banche socie, infiocchettando una vera e propria strenna natalizia, se entro fine anno i maggiori azionisti di Palazzo Koch quali Intesa San Paolo, con il 24,1% di quote, Unicredit col 17,7%, Cassa di Risparmio di Bologna, proprietaria del 6,2%, Generali Italia (5,2%) e Banca Carige (4%), non riuscissero a piazzare le quote eccedenti il 3% del capitale azionario della banca centrale, come previsto dalla legge 5/2014, il famoso decreto Imu- Bankitalia, con il Governo che confezionò un favoloso regalo ai banchieri, con la rivalutazione delle quote da 156.000 euro a 7,5 mld di euro, contestato dalle opposizioni (specie dal M5S) ed oggetto di diffuse denunce alla magistratura.
Quel decreto di rivalutazione delle 300mila azioni da mille lire a 25 mila euro, oltre a stabilire un rendimento favoloso sull`attesa di dividendi pari a 450 milioni di euro l`anno, ed interessi del 6%, con 1,060 miliardi di cedole pagate, come risulta dalle relazioni annuali di Bankitalia, ossia 380 milioni di euro nel 2013; 340 milioni nel 2014; 340 milioni di euro nel 2015, imponevano che ogni singolo partecipante (si pensi che Intesa ed Unicredit avevano il 60% delle quote), non potesse detenere più del 3% del capitale sociale della banca centrale, con le quote in eccesso da dismettere entro il 31 dicembre 2016, e qualora non ci fossero altri acquirenti, imponeva l’obbligo di riacquisto alla stessa Banca d’Italia. Con una nota di qualche giorno fa, Bankitalia ha fatto sapere che: “Le quote di partecipazione rappresentano strumenti di capitale di rischio, la cui remunerazione è legata alla misura dell’utile d’esercizio, entro il limite massimo del 6 per cento del capitale (corrispondente a 450 milioni). In coerenza con la natura delle quote e con l’obiettivo di favorirne la riallocazione su una più vasta platea di partecipanti, nel 2015 è stato comunicato l’orientamento del Consiglio superiore di proporre, per i prossimi anni, una distribuzione di dividendi per un importo complessivo compreso nell’intervallo di 340-380 milioni, subordinatamente alla capienza dell’utile netto e alle esigenze di patrimonializzazione della Banca….Le negoziazioni effettuate dall’avvio della riforma fino al 30 novembre u.s. hanno comportato il trasferimento del 17,4 per cento del capitale; i tre maggiori partecipanti hanno ceduto complessivamente quote pari a circa il 14 per cento del capitale. Il numero dei partecipanti è passato da 60 a 99. I 39 nuovi partecipanti sono: 8 enti di previdenza e assistenza, 5 fondazioni di matrice bancaria, 26 banche. Le quote eccedenti ancora da riallocare ammontavano a circa 3,7 miliardi”. Poiché la gran parte delle cessioni ha visto protagonisti il gruppo Intesa Sanpaolo, sceso al 35,2% dal 42,4% e il gruppo Unicredit passato al 18% dal precedente 22,1%, mentre tra gli acquirenti spiccano le casse previdenziali che detengono complessivamente l’11,6%, come Cassa Forense, Enpam e Inarcassa, ognuno dei quali ha acquistato il 3% massimo consentito. Seguono Enpaia, Cassa Ragionieri e Banca del Piemonte e poiché, come si può leggere nel comunicato pubblicato sul sito di Bankitalia: “il periodo transitorio per il compimento del processo di redistribuzione delle quote eccedenti il 3% termina alla fine di quest’anno, con la banca che ha firmato una serie di contratti preliminari con diversi enti di previdenza e istituti di credito per la cessione delle quote in questione al valore nominale (25.000 euro ciascuna), Adusbef e Federconsumatori chiedono, nell’interesse dei risparmiatori truffati ed espropriati, se quei 3,7 miliardi di euro non possano costituire un fondo per risarcire le vittime delle banche, espropriate dai comportamenti fraudolenti dei banchieri e dall’omessa vigilanza delle istituzioni preposte.. Come si Come si legge dal seguente link della Banca d’Italia:
http://www.bancaditalia.it/
“Alla fine del primo quadrimestre del 2016 risultano realizzate vendite di quote di capitale, possedute dai partecipanti in eccesso rispetto al limite del 3 per cento, per un valore nominale di circa un miliardo di euro; rimangono da collocare quote per un valore nominale di circa 4 miliardi”. Poiché diventano sempre più chiari ed evidenti le responsabilità dei banchieri e di Bankitalia, nei crac e nelle crisi che hanno azzerato risparmi di una vita ad intere generazioni, invece della strenna alle banche socie, Bankitalia potrebbe iniziare a riscattare le proprie inadempienze, destinando 3,7 mld di euro, alle vittime delle banche e del risparmio tradiro. Anche per cambiare registro ed invertire la tendenza, sul gravissimo scandalo di una vigilanza contigua alle banche socie, il cui esercito di strapagati dipendenti, non riesce a prevenire truffe seriali a danno di utenti, correntisti,risparmiatori, che prima o poi saranno acclarate dai magistrati.
Dall’ultimo bilancio tratto dalla relazione all’assemblea dei partecipanti del maggio 2016 infatti, la Banca d’Italia aveva un vero e proprio esercito di dipendenti al 31.12.2015,ben 7.032, le cui retribuzioni erano aumentate a 616 milioni nel 2015 (610 nel 2014); con una spesa totale per il personale, che sommata alle retribuzioni, oneri accessori e altre spese, superava 800 milioni di euro. Costi importanti, che sommati agli altri centri di costo pari a 443 milioni per le spese amministrative, supera 1,2 mld di euro, spesa che dovrebbe servire anche a tutelare risparmiatori ed utenti bancari da crac e dissesti, come quelli registrati nell’ultimo anno con le banche venete e le 4 in risoluzione (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti, CariFerrara), con un vero e proprio esproprio criminale del sudato risparmio.
Elio Lannutti (Adusbef) Rosario Trefiletti (Federconsumatori)