
SIENA. “L’interesse del pubblico nei confronti dei cold case è crescente, ma a dispetto di ciò che si è soliti sentir dire esiste una richiesta di storie ben raccontate, di un giornalismo responsabile, etico”. Angela Marino, ospite del Festival del Giornalismo di Siena, ha fornito una chiave di lettura interessante sul rapporto che lega il giornalista di cronaca e il lettore: “Nella mia esperienza – ha raccontato l’autrice su fanpage.it della rubrica Profondo Giallo -, è la stessa community che nel tempo mi ha saputo indirizzare verso una narrazione parlata e mai urlata, che sia il più possibile lontana dalla spettacolarizzazione, dai toni assoluti e dai commenti forcaioli che spesso si leggono sul web quando si trattano casi di cronaca irrisolti”.
Stefano Brogioni ha ripercorso le tappe che, nel tempo, hanno visto i media seguire una differente modalità sulle vicende giudiziarie. “La narrazione rispetto al passato è molto cambiata, esistono regole da rispettare ma pure un diverso approccio su come si raccontano e come si mostrano episodi di cronaca giudiziaria. La cosiddetta legge bavaglio ha posto paletti in parte contestabili, in parte forse dovuti al mancato rispetto di codici deontologici che invece dovrebbero essere alla base di come la nostra categoria si approccia ai casi di cronaca”.
Il panel, intitolato “Cold Case, quando la cronaca nera diventa spettacolo. I limiti del diritto di cronaca” (a ospitarlo è stata la Sala Capitolare della Contrada della Lupa, moderatrice Federica Salì) ha visto anche l’interessante contributo di Dario Micheletti, docente ordinario di Diritto Penale presso l’Università di Siena, e di Maurizio Gori (consiglio disciplina ODG Toscana), che ha portato all’attenzione della platea alcune testimonianze riguardanti i procedimenti disciplinari sui quali il collegio è spesso chiamato a pronunciarsi a fronte di querele ed esposti.