L'intervento di Tatiana Campioni, responsabile dei lavori di restauro
 
																		                                                                                            vorrei intervenire, purtroppo in questa sede brevemente, a proposito del dibattito che si è tardivamente aperto sul Santa Maria della Scala, lasciando da parte polemiche e recriminazioni.
 Ho partecipato fin dall’inizio, come responsabile dei lavori di recupero  e restauro, all’avventura di trasformare il Santa Maria della Scala da  Ospedale in Museo, accettando la scommessa di farlo senza mai chiudere i  portoni dell’edificio, per non privare la Città di un bene prezioso, e  con l’entusiasmo per un bel progetto che avrebbe finalmente dotato  Siena di un Museo all’altezza del suo immenso patrimonio storico  artistico.
 Ricordo circostanze  oggi impensabil : le pazienti del reparto  senologia, l’ultimo a lasciare l’ospedale, che passeggiavano con i   carrelli delle flebo attaccate al braccio insieme agli operai che con le  carriole portavano via  centinaia di metri cubi di macerie provenienti  dalle demolazioni delle superfetazioni; la demolizione della fatiscente  palazzina di sei piani sul Fosso di Sant’Ansano,  le famose camere a  pagamento, accanto alla  cucina comunale completamente funzionante, che  sfornava centinaia di pasti per i bambini delle scuole, e la presenza  giornaliera della USL; il fallimento dell’impresa appaltatrice dei  lavori di restauro della porzione oggi chiamata “Palazzo Squarcialupi” a  due mesi dall’inaugurazione della grande Mostra di Duccio di Boninsegna  (che lì sarebbe stata ospitata) e l’elenco potrebbe proseguire  all’infinito.
 Eppure il Santa Maria della Scala non ha mai chiuso i portoni un solo  giorno e la sua trasformazione è avvenuta senza soluzione di continuità.
 E’ bene ricordare che questo è stato possibile, non solo perchè c’erano i  soldi, ma piuttosto  perché  tutti, qualsiasi compito abbiano avuto  all’interno, hanno lavorato  gettando il cuore oltre l’ostacolo. 
Chi  oggi può dovrebbe fare lo stesso : avviare   immediatamente, anche se in  questa situazione sembra un’utopia,  il trasferimento della   Pinacoteca, di cui si parla da anni e che sarebbe l’unico fatto  concreto a dare respiro al progetto (gli spazi per ospitarla potrebbero  già esistere),  gettare  anche il suo cuore oltre  gli attuali  ostacoli e fare  tutto il possibile e l’impossibile per non chiudere il  Santa Maria della Scala per il bene di Siena e dell’Italia tutta.
Tatiana Campioni
 


 
		
 
 
                                                                
                                



