Tutto questo non ha nessuna attinenza con le logiche di risanamento del piano industriale, dicono dall'associazione

SIENA. Il 9 ottobre, dopo la decisione della Fondazione Mps di votare a favore delle modifiche statutarie, si chiuderà una storia lunga oltre 5 secoli del rapporto tra la banca e la città. E si chiuderà in maniera irreversibile con un prevedibile costo sociale che graverà sulle generazioni attuali e sulle future. Questo costo non è solo sul personale, che pure lo subirà, ma probabilmente anche sull’indotto fatto di quelle aziende che già oggi lavorano a prezzi di mercato confrontandosi giustamente con aziende di livello nazionale, attraverso procedure di gara stringenti.
Con il trasferimento graduale dei poteri assembleari nelle mani del presidente , infatti, la Fondazione rischia di perdere ogni prerogativa, ogni possibilità di incidere sia come azionista semplice che come azionista di riferimento, consegnerà al CDA e, in parte, al Presidente la possibilità di decidere come, quando e a chi riservare l’aumento di capitale sociale e si allineerà ad un CDA della banca che già oggi appare depotenziato.
Tutto questo non ha nessuna attinenza con le logiche di risanamento del piano industriale, fa parte di un altro capitolo, quello della desenizzazione. Non si tratta di fare una battaglia di retroguardia ma di salvare le prerogative dei soci privati e del socio Fondazione che, pur nelle attuali difficoltà, risulta essere sempre determinate ai fini di ogni decisione.
Nel silenzio generale della città e soprattutto della politica della città, affaccendata su questioni marginali e arrovellata dalle baruffe interne ai partiti e ai fantasmi esterni, si renderà effettivo il disegno che ha portato alla scelta della attuale governance.
La vicenda della trattativa sindacale e delle comunicazioni aziendali, è una ulteriore conferma di tale disegno. Pretendere che il sindacato aziendale potesse accettare una ricetta come quella illustrata e con i metodi adottati, appariva, anche usando solo il buonsenso, una strada improponibile.
L’azienda sta operando addirittura il tentativo di dividere tra lavoratori apparentemente e momentaneamente immuni da decisioni drastiche e quelli che invece ne saranno oggetto e ci pare fantasiosa e socialmente inaccettabile la proposta avanzata dal PD di scaricare gli oneri e i problemi sui lavoratori che prestano la loro opera fuori Siena. All’interno di questa logica sta la scelta di sostituire al contratto integrativo aziendale un “regolamento” che pure se contenesse le stesse garanzie ha una differenza sostanziale. Un regolamento è un atto unilaterale rivedibile in qualsiasi momento, così come la scelta di delegare la cessione dei rami aziendali al CdA testimonia di come si vada verso un modello in cui la banca rischia di essere un corpo estraneo alla città, e la sorpresa se vi sarà sorpresa, sarà nel momento in cui l’aumento di capitale diverrà effettivo, anche qui senza decisione alcuna dell’assemblea dei soci ,dopo il prossimo voto assembleare del 9 ottobre prossimo.
Verrebbe quasi da pensare che il “disegno complessivo” sia tale da favorire uno o più ingressi pesanti con la ovvia riduzione della Fondazione al ruolo di mera testimonianza. Chi oggi parla di mantenimento del controllo strategico parla a sproposito, si lava la coscienza e fa populismo elettorale. La realtà rischia di essere diversa.
Intanto da una parte i nuovi vertici dipingono una banca fatta da incapaci, si circondano di top manager con esperienza di gestione non ai vertici apicali dei principali competitors di livello nazionale e internazionale e di consulenti che di discontinuo e nuovo hanno soltanto una stretta vicinanza con i vertici della banca.
Questi managers, dal punto di vista del disegno aziendale, non mostrano né particolari colpi di ingegno né azioni coerenti con quella professionalità che è stata loro accreditata al momento della loro investitura, limitandosi a compiere azioni ragionieristiche che comunque non hanno effetti sulla redditività, vero punto dolente della gestione caratteristica aziendale, ma a precostituire un substrato che porterà alla redditività solo quando sarà stato perfezionato l’aumento di capitale.
Il ragionamento con le colpe del passato è logico e giustamente richiede una disamina delle scelte fatte sia di tipo strategico che operativo e dei ritorni negativi delle stesse, degli errori commessi nel contesto di riferimento dei mercati e delle politiche di settore. Crediamo che chi ha operato nel passato CdA, Fondazione, Management siano consapevoli delle cose fatte e dei risultati determinati e se ne assumano fino in fondo la totale responsabilità senza nessun infingimento o presa di distanze.
Il tema non è se il sistema politico complessivo si possa o meno chiamare fuori o ritagliarsi un “pro quota” di responsabilità, ma quello di fare tutti un passo indietro.
La cosa che non serve è quella di far leva sulla situazione attuale scaricando tutto sul passato, dando una immagine della banca e del personale peggiore di quella che è nella realtà. Tutti vogliamo il bene del Monte, sicuramente nessuno più delle donne e degli uomini che ci lavorano, sarebbe utile rasserenare il clima, cambiare metodi e approccio e incominciare a mettere a terra le azioni necessarie a migliorare la redditività e la produttività della banca lavorando sia sul fronte dei costi che dei ricavi, coinvolgendo il sindacato e i lavoratori senza diktat e cominciando a pensare che fra queste 31000 persone non c’è solo attaccamento all’azienda ma qualità e professionalità che nulla hanno da invidiare al sistema.
Il ruolo della Fondazione e del CdA della banca rimangono essenziali, la prima dovrebbe dimostrare più coraggio e autonomia (tema sul quale nel passato si è discusso poco), molto diverso sarebbe stato per la Fondazione non aver seguito l’aumento di capitale del 2011.
Il CdA svolga fino in fondo le sue funzioni , dall’esterno, forse è solo una impressione, sembra che tutto ruoti intorno al duo di comando e che i margini e le possibilità di influenza dell’organo collegiale siano ridotti.
L’equilibrio di ruoli e funzione è sempre fondamentale nei sistemi complessi, tanto più in un microsistema complicato come quello senese. Il tema dell’equilibrio di poteri fra enti locali, fondazione banca ,personale è determinante, di questo anche in futuro dobbiamo discutere. Difesa delle prerogative di ciascuno e autonomia sono le uniche ricette per lasciare la politica fuori dalle porte di Palazzo Sansedoni e Rocca Salimbeni. Per ora appare l’esatto contrario.
Ora Siena
Associazione di cultura politica