L'esponente dell'Associazione Buongoverno interviene a titolo personale

SIENA. L’aumento è appena concluso, in città ferve la discussione e, come sempre, si dice di tutto e di più. La cosa che mi lascia perplesso e’ sentire storie che non hanno alcun fondamento tecnico e, soprattutto, erano arcinote da tempo.
Facciamo allora un passo indietro. A dicembre è stato approvato un aumento di capitale da tre miliardi da effettuarsi a decorrere da metà maggio. Fin qui tutto chiaro. Fortunatamente da inizio anno lo scenario è cambiato in modo sostanziale, basti ricordare l’andamento dello spread, quello della borsa ed in particolare del comparto dei titoli bancari, la messa in sicurezza della Fondazione ed il patto di sindacato che Antonella Mansi ha formato e che, mi auguro, costituirà polo aggregante per controllare la banca, ma anche la situazione politica ha trovato nuova energia con l’impegno diretto di Matteo Renzi al governo, infine la grande liquidità che si è diretta verso l’Europa. Queste concause hanno determinato la possibilità di poter pensare di effettuare un aumento di capitale più corposo. Così è stato, siamo arrivati ad una delibera di un aumento da cinque miliardi.
Una prima riflessione sull’importo che a detta di molti avrebbe dovuto essere ancora più corposo, in modo da permettere di restituire tutti i Monti Bond e lasciare un bel gruzzoletto per fronteggiare tranquillamente le eventuali necessità originate dalla revisione degli attivi. Credo che la cifra sarà stata discussa dal management col consorzio di garanzia e penso che sia stato quest’ultimo a limitarla a 5 miliardi, che comunque costituivano quasi il doppio della capitalizzazione. Ciò premesso, si è proceduto all’accorpamento delle azioni ed è divenuto chiaro a tutti che l’aumento avrebbe comportato una spesa di 42,8 euro per ogni azione posseduta per sottoscrivere l’aumento (basta dividere 5 miliardi per il numero delle azioni). Stabilito ciò, e considerato che la misura dello sconto è sicuramente imposta dal consorzio, non credo che assegnare un numero diverso di azioni avrebbe modificato la sostanza. In particolare per ottemperare allo sconto del 35 per cento, si sarebbero potute emettere un numero minore di azioni, circa la metà, ma penso che siano state fatte delle analisi sia sul numero finale di azioni, sia sulla fascia di prezzo ritenuta più appetibile, pertanto non mi sento di criticare l’operato del management.
I movimenti speculativi succedutisi nelle due settimane dell’aumento sono stati abbastanza evidenti, ma anche in questo caso, le colpe sono di chi regola i mercati e continua a permettere che in caso di aumenti fortemente diluitivi, si continui a trattare opzioni e premi anche durante l’aumento di capitale. La problematica e’ piuttosto complessa, ma semplificando si può riassumere così: soggetti che nei mesi precedenti hanno venduto opzioni scommettendo al ribasso sul titolo ed incassando lauti premi, si ritrovano sotto aumento col prezzo del titolo che sale (attenzione sale solo il titolo, che nel caso MPS rappresentava il 6 per cento del valore, in quanto il 94 per cento del valore era concentrato nel diritto) e nello stesso tempo hanno difficoltà enormi a comprare il titolo perché in circolazione, per effetto dell’aumento, ce ne sono pochissimi (solo 116 milioni nel caso MPS). Risultato: il titolo sale a dismisura ed il diritto scende o, comunque, non sale, evidenziando una differenza abissale fra i prezzi del titolo quotato e del titolo offerto in sottoscrizione attraverso i diritti. Ovviamente alla fine dell’aumento, quando vengono immesse sul mercato le nuove azioni, la differenza si annulla ed il titolo assume un valore più in linea con le aspettative. Anche per questi aspetti mi sentirei abbastanza tranquillo ad escludere responsabilità dirette del management. Va infine sottolineato il grande successo dell’operazione che evidenzia un inoptato esiguo.
Concludo con due osservazioni: la prima: questa volta sto con Profumo e mi sento in dovere di ringraziarlo pubblicamente perché un’operazione di questa entità, se non ci fosse stato lui, dubito che altri avrebbero potuto metterla in piedi con queste tempistiche e con questi risultati. La seconda: questo è un altro giorno in cui Siena ha vinto ed io sono felice, dopo la messa in sicurezza della fondazione, oggi, sono molto più fiducioso anche sulle sorti della banca.
Facciamo allora un passo indietro. A dicembre è stato approvato un aumento di capitale da tre miliardi da effettuarsi a decorrere da metà maggio. Fin qui tutto chiaro. Fortunatamente da inizio anno lo scenario è cambiato in modo sostanziale, basti ricordare l’andamento dello spread, quello della borsa ed in particolare del comparto dei titoli bancari, la messa in sicurezza della Fondazione ed il patto di sindacato che Antonella Mansi ha formato e che, mi auguro, costituirà polo aggregante per controllare la banca, ma anche la situazione politica ha trovato nuova energia con l’impegno diretto di Matteo Renzi al governo, infine la grande liquidità che si è diretta verso l’Europa. Queste concause hanno determinato la possibilità di poter pensare di effettuare un aumento di capitale più corposo. Così è stato, siamo arrivati ad una delibera di un aumento da cinque miliardi.
Una prima riflessione sull’importo che a detta di molti avrebbe dovuto essere ancora più corposo, in modo da permettere di restituire tutti i Monti Bond e lasciare un bel gruzzoletto per fronteggiare tranquillamente le eventuali necessità originate dalla revisione degli attivi. Credo che la cifra sarà stata discussa dal management col consorzio di garanzia e penso che sia stato quest’ultimo a limitarla a 5 miliardi, che comunque costituivano quasi il doppio della capitalizzazione. Ciò premesso, si è proceduto all’accorpamento delle azioni ed è divenuto chiaro a tutti che l’aumento avrebbe comportato una spesa di 42,8 euro per ogni azione posseduta per sottoscrivere l’aumento (basta dividere 5 miliardi per il numero delle azioni). Stabilito ciò, e considerato che la misura dello sconto è sicuramente imposta dal consorzio, non credo che assegnare un numero diverso di azioni avrebbe modificato la sostanza. In particolare per ottemperare allo sconto del 35 per cento, si sarebbero potute emettere un numero minore di azioni, circa la metà, ma penso che siano state fatte delle analisi sia sul numero finale di azioni, sia sulla fascia di prezzo ritenuta più appetibile, pertanto non mi sento di criticare l’operato del management.
I movimenti speculativi succedutisi nelle due settimane dell’aumento sono stati abbastanza evidenti, ma anche in questo caso, le colpe sono di chi regola i mercati e continua a permettere che in caso di aumenti fortemente diluitivi, si continui a trattare opzioni e premi anche durante l’aumento di capitale. La problematica e’ piuttosto complessa, ma semplificando si può riassumere così: soggetti che nei mesi precedenti hanno venduto opzioni scommettendo al ribasso sul titolo ed incassando lauti premi, si ritrovano sotto aumento col prezzo del titolo che sale (attenzione sale solo il titolo, che nel caso MPS rappresentava il 6 per cento del valore, in quanto il 94 per cento del valore era concentrato nel diritto) e nello stesso tempo hanno difficoltà enormi a comprare il titolo perché in circolazione, per effetto dell’aumento, ce ne sono pochissimi (solo 116 milioni nel caso MPS). Risultato: il titolo sale a dismisura ed il diritto scende o, comunque, non sale, evidenziando una differenza abissale fra i prezzi del titolo quotato e del titolo offerto in sottoscrizione attraverso i diritti. Ovviamente alla fine dell’aumento, quando vengono immesse sul mercato le nuove azioni, la differenza si annulla ed il titolo assume un valore più in linea con le aspettative. Anche per questi aspetti mi sentirei abbastanza tranquillo ad escludere responsabilità dirette del management. Va infine sottolineato il grande successo dell’operazione che evidenzia un inoptato esiguo.
Concludo con due osservazioni: la prima: questa volta sto con Profumo e mi sento in dovere di ringraziarlo pubblicamente perché un’operazione di questa entità, se non ci fosse stato lui, dubito che altri avrebbero potuto metterla in piedi con queste tempistiche e con questi risultati. La seconda: questo è un altro giorno in cui Siena ha vinto ed io sono felice, dopo la messa in sicurezza della fondazione, oggi, sono molto più fiducioso anche sulle sorti della banca.
Giorgio Finucci