Il suo presidente, scuola Goldman Sachs
Massimo Tononi SIENA. Non è una notizia che il Monte dei Paschi debba convolare a nozze senza indugi, lasciando ai non disinteressati nostalgici dell’ancien regime di Siena i sogni anacronistici del mantenimento della sua indipendenza senese. La giornalista Camilla Conti, che di cose del Monte se ne intende, mercoledì 03.02.2016 scriveva sul Giornale: “Di certo, la rivoluzione nella mappa del sistema bancario italiano ruoterà intorno al salvataggio di Mps dove a fare da garante, come interlocutore diretto di Francoforte, è il presidente Massimo Tononi”. Sembra un’affermazione ovvia nella sua ultima parte, visto che è il presidente del Monte il naturale interlocutore del presidente della Bce, ma potrebbe essere invece che la Conti abbia voluto mettere in luce, seppur cripticamente, il legame speciale che esiste fra i due banchieri. Un sottile filo lega infatti il grande protagonista della finanza internazionale che alloggia a Francoforte con il riservato ma efficiente tessitore di aggregazioni societarie che siede a Siena. E’ la comune frequentazione in Goldman Sachs, considerata la banca d’affari più potente del mondo ed in grado di influenzare governi e istituzioni finanziarie.
Massimo Tononi ha l’aplomb dei banchieri di una volta e la discrezione è il suo codice di comportamento. Non ama lavorare sotto la luce dei riflettori né predilige le comparsate mediatiche care al suo predecessore. E’ venuto al Monte con un unico, grande obiettivo: trovare un’adeguata consorte al Monte, che non è più in grado, nonostante l’impegno profuso da Viola, di andare avanti da solo. Come vedremo, nel suo curriculum spicca la permanenza pluriennale nella Goldman, il che gli ha permesso di acquisire un’esperienza fondamentale nei processi di aggregazione societarie. Tra le attività principali della banca statunitense infatti spiccano quelle di advisor e di global coordinator (in questa veste partecipò alla realizzazione dell’aumento di capitale del Monte post acquisizione Antonveneta.) che ha svolto nelle più importanti fusioni e incorporazioni societarie mondiali, in particolare bancarie. Sarà pure stata la principale responsabile dello scoppio della crisi dei mutui subprime del 2007, come da più parti sostenuto, avrà un modus operandi alquanto disinvolto, come potrebbero far pensare le multe miliardarie pagate per evitare processi giudiziari, ma di sicuro gode di una reputazione altissima e di agganci molto forti nel mondo che conta. I suoi più importanti rappresentanti sono regolarmente cooptati all’interno dei governi degli Stati Uniti e dell’Europa, nonché negli organismi di vertice delle istituzioni politiche e finanziarie internazionali.
Il curriculum del presidente di Rocca Salimbeni parla da solo: “Laureato in Economia all’università Bocconi di Milano, inizia la carriera nel 1988 presso l’ufficio londinese di Goldman Sachs, occupandosi prevalentemente di acquisizioni e fusioni tra imprese. Dal 1993 è assistente del presidente dell’Iri (Romano Prodi, n.d.r.) , per poi tornare, nel 1994, alla Goldman Sachs, di cui diventa partner managing director. Nel 2006 viene nominato sottosegretario di Stato, con delega per il debito pubblico e le società partecipate dallo Stato nell’ambito del Ministero dell’Economia e delle Finanze (retto dal ministro Tommaso Padoa Schioppa, con presidente del Consiglio Romano Prodi al suo secondo mandato, n.d.r.). Lascia l’incarico nel 2008 e torna alla Goldman Sachs dove rimane per altri due anni. E’ stato presidente di Borsa Italiana (2011-2015), Cassa di compensazione e Garanzia (2013-2015), EuroTLX (2013-2015), e consigliere di Amministrazione del London Stock Exchange Group (2010-2015) e di Sorin (2010-2015). Attualmente è presidente non esecutivo di Prysmian e dell’Istituto Atesino di Sviluppo. E’ inoltre consigliere di amministrazione di Italmobiliare, e componente del consiglio direttivo di Assonime e del Comitato italiano per la Corporate Governance” (dal sito mps.it).
Mario Draghi ha preso altre strade, ma dopo essere stato Direttore Generale del Tesoro dal 1991 al 2001 (si ricorderà la sua partecipazione nel 1992 al celebre e controverso incontro sul panfilo reale inglese Britannia con i più alti rappresentanti della finanza internazionale all’inizio della prima stagione delle privatizzazioni delle imprese statali), dal 2002 al 2005 lavorò pure lui alla banca d’affari americana, dapprima con la carica di vicepresidente e managing director di Goldman Sachs International, per divenire poi membro del Comitato esecutivo del gruppo Goldman Sachs. A dicembre 2005, come sappiamo, venne nominato governatore della Banca d’Italia, per passare infine nel 2011 alla Bce per assumervi il prestigioso incarico di presidente.
Ad onor del vero, tra le fonti giornalistiche Goldman Sachs non gode di fama adamantina. Il 31 ottobre 2011 Le Monde, autorevole quotidiano francese, lancia un allarme su Draghi, presidente Bce, scrivendo che l’appartenenza a Goldman Sachs rappresenta la sua zona d’ombra, poiché su di lui grava il sospetto di aver concorso a truccare i conti della Grecia in vista dell’entrata nell’Euro, grazie alla vendita di strumenti di ingegneria finanziaria targati Goldman. Il Giornale, con un articolo di Gian Micalessin dal titolo “Ecco perché l’Europa è nelle mani di Goldman Sachs”, pubblicato il 16.11.2011, fa un collegamento fra il caso Grecia e la situazione politica italiana della seconda metà del 2011 che appare alquanto forzato: “Ma alla luce dello scenario disegnato da Le Monde è assai interessante anche il “cursus honorum” di Massimo Tononi, il 47enne manager bocconiano nominato nel 2006 sottosegretario all’Economia del governo Prodi dopo una fulgida carriera in Goldman Sachs. Tornato alla Goldman dopo quell’esperienza, Tononi è oggi presidente di Borsa Italiana, la società di proprietà del London Stock Exchange che controlla Piazza Affari. Una carica assunta lo scorso giugno, poche settimane prima del fatidico decollo dello spread. Uno di quei casi che solo Dio sa spiegare. Non a caso Lloyd Craig Blankfein, presidente dal 2006 della Goldman Sachs…spiega così il suo mestiere di banchiere. “Io faccio il lavoro di Dio”.
La capacità della banca statunitense di saper leggere gli avvenimenti e di prevederne gli sviluppi la dimostra un annuncio a firma del Laboratorio.net del 10 novembre 2011: “Un governo di tecnocrati “guidato da un’autorevole personalità esterna” farebbe “rapidamente” scendere a 350 punti lo spread tra Btp decennali e bund. E’ quanto stima la Goldman Sachs in un rapporto dedicato all’Italia, dove vengono previste le ripercussioni sul mercato dei titoli di stato dei diversi possibili scenari successivi alle dimissioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Secondo lo studio della banca d’affari Usa, diffuso due giorni fa, “un governo di unita’ nazionale guidato da una personalità esterna con un’elevata reputazione” sarebbe lo scenario “più gradito ai mercati” e porterebbe nel tempo a un calo degli spread sovrani e, più in generale dei premi per il rischio sull’Italia”. Così avverrà grazie a Mario Monti, già international advisor Goldman Sachs.
Draghi e Tononi hanno una consolidata esperienza di lavoro su comuni obiettivi, avendo già prima del 2011 collaborato, l’uno come direttore generale del ministero del Tesoro e l’altro come assistente personale di Prodi alla prima ondata di privatizzazioni da parte dello stato italiano, a partire dai primi anni novanta del secolo scorso. I due sono protagonisti sulla scena politico-finanziaria anche nel periodo che va dal 2006 al 2008. Con Prodi – già advisor di Goldman Sachs – presidente del Consiglio, Tononi viene nominato sottosegretario al Ministero del Tesoro, mentre Draghi già dal 2005 occupa la poltrona di governatore della Banca d’Italia. In quel periodo avviene l’acquisto di Banca Antonveneta da parte del Monte dei Paschi.
Qualcuno malignamente afferma che il motto non ufficiale della banca d’affari statunitense sia:“Chi entra in Goldman Sachs ne farà parte per sempre”. Io credo invece che Massimo Tononi non solo dimostrerà la sua indipendenza da qualsiasi centro di potere, ma riuscirà nella sua missione, oltre che per le proprie indubbie capacità, anche grazie alla sua preziosa esperienza in quella banca. E chissà che non riesca anche a portare nel Monte quella trasparenza così necessaria e così negletta. Potrebbe iniziare ad esempio con l’ esaudire quanto richiesto da Andrea Giacobino nella sua “Finanza dietro le quinte”:”E’ troppo chiedere che il nuovo presidente del Monte Massimo Tononi faccia finalmente chiarezza su questo punto? E’ troppo chiedere di sapere finalmente i nomi di chi ha beneficiato per anni di credito illimitato dal Monte, portando la banca a essere fra poco venduta per un tozzo di pane?”.
Buon lavoro, presidente.
Marco Sbarra
