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La cinta senese torna in Campo

Allevatori ed esemplari insieme per una foto storica l'evento per presentare la campagna promozionale del Consorzio di Tutela.

di Letizia Pini

SIENA. Un evento per certi versi storico quello che è avvenuto stamani in Piazza del Campo e al Tartarugone con gli animali degli allevatori del Consorzio di Tutela della Cinta senese DOP. Evocativamente storico perché ha ricalcato i luoghi e le gesta degli antichi porcari del periodo medievale e perché a Palazzo Pubblico è stato addirittura scomodato l’affresco del “buongoverno” a suggellare le origini e il significato di questo animale per la comunità: allora come quella di ora. Sì, perché è dalla sua nascita che il Consorzio si batte non solo per il recupero dei questa tipologia di allevamento e di farne vanto e promozione di eccellenza e qualità, ma anche perché nel suo intento c’è sempre stato quello di creare posti di lavoro e un indotto di filiera che rispetti origini, territorio, animali, carni e lavorati.

Una nutrita rappresentanza di allevatori di cinta senese, i Porcari Senesi a cui si è ispirato il nuovo logo del Consorzio, si è data appuntamento in Piazza del Campo grazie al supporto e all’avallo della Amministrazione Comunale e dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura, mentre sotto il Tartarugone in Piazza del mercato si è svolta la conferenza stampa di presentazione del nuovo logo, sito e libro.

Tutto questo è stato illustrato dal presidente del Consorzio, Daniele Baruffaldi, a cui hanno portato il loro saluto il vicesindaco del Comune di Siena, Andrea Corsi, e il vicepresidente della Regione Toscana, Stefania Saccardi.

Foto di famiglia in Piazza del Campo

Sui mattoni rossi di Piazza del Campo protagonisti per un giorno, come ormai tanti secoli fa, gli allevatori di Cinta Senese e i loro animali, a celebrare una razza che a pochi passi più in là, all’interno del Palazzo Comunale di Siena, nella Sala della Pace, trova evidenza nel famosissimo affresco del Buon Governo (1338-1339) di Ambrogio Lorenzetti. In una meravigliosa fusione di tinte, di figure e di paesaggio, viene rappresentato appunto il Buon Governo, espressione, cosciente e realistica, di una sintesi poetica dell’idealizzazione delle attività produttive, compresa l’agricoltura e della piena armonia della campagna con la città.

Su quella parete, fra i vari episodi che illustrano le attività agricole, è raffigurato un esemplare di Cinta, inequivocabile la fascia bianca su un mantello scuro, che viene condotto dal porcaro verso il mercato, che si teneva proprio nella Piazza del Campo, dove si narra venisse utilizzata per ripulire il granellame caduto dai banchi.

Così oggi l’evento “La Cinta Senese torna in Piazza del Campo“ ha visto protagonisti gli oltre ottanta associati del Consorzio di Tutela con le loro famiglie, provenienti da tutta la Toscana, accompagnati da esemplari di Cinta, riuniti  nel bel mezzo della Piazza, avvolti  dai nove spicchi voluti dai Noveschi, che portano al Gavinone con la sua scultura dell’Allegoria della Vita. Una foto (autore Luciano Valentini), destinata a diventare storica che vuole essere la sintesi di un impegno e di una passione, una presa di coscienza della realtà che rappresentano.

Sono i Porcari Toscani, come indica il nuovo logo che contraddistingue il Consorzio, e che nella denominazione così esplicita, forte e vera riporta alle origini di un’attività che si tramanda immutata da generazioni, costituendo da sempre un settore importante dell’economia agricola e pastorale: “ Altri – affermano orgogliosi – hanno piantato ciò che noi mangiamo, noi piantiamo ciò che altri mangeranno. Possa il cibo di qualità rimanere una forma di celebrazione, non negazione della vita!”.

La manifestazione “La Cinta Senese torna in Piazza del Campo”, patrocinata e sostenuta dal Comune di Siena, fa parte della campagna promozionale voluta dal Consorzio di Tutela della Cinta Senese DOP, Consorzio che, costituito nel novembre del 2000, entra quest’anno nel suo terzo decennio di vita.

La campagna che si avvale del contributo del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali non è solo rivolta ai consumatori, primi estimatori di questa razza suina di eccellenza, la cui carne si fregia della DOP (unica razza autoctona italiana ad averla ottenuta, a conferma della sua unicità), ma anche e soprattutto a potenziali nuovi allevatori, alle aziende di trasformazione, ai rivenditori. “L’apprezzamento ormai è da tempo altissimo – ha osservato Daniele Baruffaldi, presidente del Consorzio -,  tanto che la domanda supera di gran lunga l’offerta anche se negli ultimi tempi, forse a causa delle problematiche legate al Covid, c’è stato un rallentamento. C’è dunque la necessità di ripartire e di una produzione maggiore, attraverso una sensibilizzazione di tutta la filiera, affinché sia possibile rispondere in maniera soddisfacente alle richieste del mercato. E questo può essere possibile solo se si moltiplicano le aziende che si dedicano all’allevamento della Cinta. Ecco dunque l’esigenza di una campagna mirata anche a creare nuovi interessi, senso di appartenenza e di orgoglio nel portare avanti una tradizione che affonda nei secoli e che si è rinnovata salvando questa pregiata razza dall’estinzione”.

Un uomo e una donna, inequivocabilmente allevatori toscani, lui con il bastone del porcaro e sotto la scritta “Porcari Toscani”, campeggiano nel nuovo logo creato per il Consorzio. Nella sua rusticità densa di storia, richiama un’immagine antica, forte e di impatto. Ideato, così come le linee guida dell’intera campagna, dal creatore di brand Mario Felice Schwenn. L’ispirazione è data da una realtà che crea anche emozioni, che punta ad evidenziare l’armonia tra uomini, animali e natura, che dà ulteriore linfa e nuove opportunità al settore silvo-pastorale toscano.

Tante saranno in futuro le azioni promozionali che coinvolgeranno i consumatori, la ristorazione, i rivenditori. Non mancheranno anche iniziative legate al territorio, alla sua cultura, alla sua arte: gli artisti ancora una volta protagonisti, ispirati come secoli fa dalla suggestione della Cinta.

Questa mattina dunque l’evento “La Cinta Senese torna in Piazza del Campo”, ispirato alla rappresentazione che viene fatta della Cinta nel celebre affresco del Buon Governo del Lorenzetti nel Palazzo Comunale di Siena. I Porcari Toscani, oltre ottanta soci del Consorzio venuti da tutta la regione, sono tornati dopo tanti secoli nella Piazza del Campo insieme ai loro pregiati animali per una foto simbolo (autore Luciano Valentini), destinata a diventare storica. Un modo originale per rafforzare il senso di unità e di orgoglio di una categoria di allevatori del tutto particolare, sintesi visiva del loro impegno e passione, di una presa di coscienza della realtà che rappresentano.

Ha fatto seguito la presentazione del nuovo logo al vicesindaco del Comune di Siena, Andrea Corsi, all’assessore alle attività produttive, Alberto Tirelli, e all’assessore all’Agricoltura, nonché vicepresidente della Regione Toscana, Stefania Saccardi. In Palazzo Comunale, con lo sfondo dell’affresco del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti che ritrae proprio un esemplare di Cinta Senese.

E insieme al logo è stato consegnato loro anche il libro, edito dal Consorzio di Tutela, dal titolo volutamente sintetico “Cinta Senese DOP”. I suoi ventitré capitoli con decine di suggestive immagini, testo in italiano e inglese, ripercorrono la storia della Cinta nei secoli, fino ai giorni nostri e costituiscono una vera e propria guida per chi è interessato a questa razza. Dalle peculiari caratteristiche della sua carne, ai metodi di allevamento, ma anche alla celebrazione della Cinta nell’arte. Sarà l’ambasciatore della Cinta in tutte le manifestazioni nazionali e internazionali che la vedrà protagonista.

Il libro, con i testi di Giovanni Pacini, stampato da Arti Grafiche Nencini, è sfogliabile anche on line, inserito nel sito all’indirizzo https://www.cintasenesedop.it/

Il sito, totalmente rinnovato (a cura dell’esperto in informatica Riccardo Beghin), risulta più leggibile e di più facile consultazione. E’ dedicato alla Cinta, al Consorzio e ai suoi associati, con tante informazioni utili, la documentazione sulle norme e il disciplinare DOP, una guida su come avviare un allevamento, moltissime immagini, indicazioni sulle caratteristiche della razza e della sua pregiatissima carne, da cui si ricavano anche prodotti trasformati di assoluta eccellenza. E inoltre contiene un video dedicato alla Cinta e realizzato da “I love italian food”, società nata con una missione ben definita: diffondere la passione per la cucina e il cibo italiano. Nuovo anche un depliant sulle caratteristiche della Cinta.

Il vicesindaco di Siena Andrea Corsi ha ricordato il legame storico della città con la Cinta ed i suoi allevatori, l’importanza anche economica dell’eccellenza che essa rappresenta e come sia valida ambasciatrice del nome di Siena nel mondo. Da parte sua l’assessora Reginale alle Politiche Agricole Stefania Saccardi ha ribadito l’attenzione della Regione Toscana verso questo comparto, rilevando come si celebri la Cinta proprio nel giorno in cui si è aperta, sempre a Siena la manifestazione del “Buy Food”, che mette in contatto i produttori delle eccellenze toscane con compratori italiani ed esteri, manifestazione che si tiene proprio in una provincia che rappresenta una buona parte delle eccellenze enogastronomiche toscane. “Importante” – ha continuato Saccardi – “è che la giornata di oggi non vuol essere soltanto una rievocazione storica, ma un momento di adeguamento ed attualizzazione di una tradizione del passato. E per scendere sul pratico il vicepresidente regionale ha annunciato come presto ci sarà un bando a sostegno degli allevatori di Cinta che prevederà contributi per le recinzioni, uno dei costi più elevati per questo tipo di allevamento, essendo riusciti a convincere L’Unione Europea dell’importanza di questo intervento, esteso anche alle aree boschive, volto a salvaguardare le caratteristiche uniche della razza”.

La conferenza stampa ha visto anche la partecipazione di Mauro Rosati, direttore Fondazione Qualivita, Duccio Balestracci, esperto medievalista già docente di Storia del Medioevo presso l’Università di Siena e di Carolina Pugliese, docente presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze.

E’ toccato a Balestracci il compito di delineare l’importanza della Cinta, ma anche del suino in generale, nell’economia e nella società medioevale, storia riscoperta e valorizzata negli anni ’70 con numerosi studi che hanno dimostrato come ad esso fosse legato un largo spaccato della società non solo agricola di allora, tanto che gli stessi terreni venivano stimati in base a quanti porci potevano contenere. In seguito a tali ricerche venne organizzata anche una mostra dal titolo “L’eccellenza  e il trionfo del porco”. Dopo aver ricordato come esemplari di Cinta venivano portati al mercato in Piazza del Campo per ripulirla dal granellame rimasto, ha evidenziato il grande riscontro iconografico nell’arte dell’epoca: dall’affresco del Buon Governo a numerosi altri. Ma il legame è forte anche con la religione. Il più famoso di tutti è il maiale di Sant’Antonio, con il quale il santo si recò all’Inferno, per recuperare alcune anime. E il Diavolo gliele concesse purché portasse via quell’animale che creava scompiglio. Il maialino aveva in bocca uno stecco con in cima una fiamma, facendo così conoscere il fuoco agli uomini. Il maiale diventò quindi animale importante per diversi ordini religiosi tanto che per statuto medievale gli unici animali che potevano girare liberi erano proprio i maiali di Sant’Antonio, distinguibili da una campanella al collo. “Ma la Cinta” – ha sottolineato Balestracci –  “era la razza madre nei secoli scorsi tanto da assurgere agli onori di essere rappresentata anche in numerosi stemmi araldici. Ora è stata riscoperta” – ha concluso – “ed è il simbolo di un’altissima qualità, grazie all’intelligenza di chi ha voluto riportare in auge la Cinta, salvando un elemento strutturale della nostra cultura agricola e non solo”.

Ha fatto seguito l’intervento di Carolina Pugliese che ha illustrato i risultati di anni di studi sulla carne della Cinta condotti dal suo Dipartimento. Gli ambiti principali in cui l’attività di ricerca si è concentrata sono fondamentalmente quattro: genetica, sistemi di allevamento, alimentazione, qualità dei prodotti. Per quanto riguarda il primo aspetto la Cinta, ha mantenute inalterate le combinazioni genetiche responsabili di un livello di adiposità della carne che conferisce il giusto grado di gustosità della carne senza, al contempo, compromettere le proprietà dietetiche. Il problema era semmai legato al ridotto numero di animali e al conseguente elevato indice di consanguineità. La ricerca ha svolto un ruolo chiave contribuendo, di concerto con gli allevatori, ad ampliare la base genetica della popolazione. La Cinta Senese è stata da sempre allevata all’aperto e ciò esalta le potenzialità della razza che, nel pascolo, trova l’ambiente d’elezione. Pascolo che deve comunque basarsi su un perfetto equilibrio tra ambiente ed animale ed anche questo aspetto è stato oggetto di studio.

“La Cinta Senese” – ha osservato la professoressa Pugliese – “non avendo elevati accrescimenti, ha fabbisogni alimentari, energetici, e proteici in particolare, più bassi delle altre razze con un duplice vantaggio: un risparmio economico e una minore quantità di azoto prodotto dalle deiezioni. La Cinta è l’unica razza autoctona italiana ad avere ottenuto la DOP della carne. Questo a conferma non solo dell’elevata qualità sensoriale delle sue carni, ma anche dell’inestimabile valore sociale e culturale della razza. Abbiamo condotto diverse ricerche sulla caratterizzazione dei prodotti di Cinta Senese: il loro valore aumenta se gli animali vengono ingrassati in bosco e alimentati con prodotti, quali ghianda e castagna, che conferiscono aromi particolari, unici e soprattutto sensorialmente percepibili. E’ emerso che il prodotto d’élite della Cinta Senese, il prosciutto a lunga stagionatura, se proveniente da animali alimentati con ghianda durante il finissaggio, ha caratteristiche aromatiche di pregio e distinguibili da altri prodotti, sempre di Cinta Senese, ma derivanti da animali che si nutrono di alimenti tradizionali”.

Infine Mauro Rosati ha iniziato il suo intervento sottolineando, rifacendosi all’affresco del Buon Governo, il legame città-campagna che ha contribuito alla grandezza di Siena. “E Siena e la Toscana intera” – ha auspicato Rosati – “possano essere il luogo di una ripartenza della Cinta, che rappresenta un elemento portante del sistema agricolo toscano e un esempio concreto di come si deve intendere il nuovo modo di fare agricoltura ed allevamento. Già al passo con quei temi di sostenibilità che proprio in questo periodo l’Unione Europea sta affrontando. La Cinta è già esempio calzante di quel benessere animale che vuole essere uno degli obiettivi principali da perseguire”. “Abbiamo dunque un vantaggio competitivo rispetto agli altri tipi di allevamenti” – ha osservato Rosati – “vantaggio che va sfruttato facendo di Siena un punto di riferimento del sistema di eccellenza agricola. Per fare questo necessita che il Consorzio di Tutela della Cinta sia sempre più forte, e che trovi negli allevatori suoi soci pieno appoggio al progetto che oggi è stato avviato”.

“Porcari Toscani”

“Allevando la Cinta Senese non abbiamo soltanto fatto rinascere una specie, ma dato vita nuova a coloro che il Medioevo d’oggi avrebbe estinto: i Porcari Toscani. Erano contadini e allevatori, pronti ad aprirsi a una condizione superiore, di cui non possedevano che un vago e indistinto presentimento. Col nostro credo “Primum Vivere! – vivere innanzi tutto!” – siamo diventati la «fonte gaia» di chi sa celebrare la vita. Prendiamo campo e ci proponiamo con un cibo che nasce nella gioia”.

I Porcari Toscani sono dunque i protagonisti del nuovo logo del Consorzio di Tutela, che è entrato nel suo ventunesimo anno di vita. Un uomo e una donna, inequivocabilmente allevatori della nostra regione uniti nel loro impegno, lui con in mano il bastone per dirigere il branco e radunare gli smarriti, sovrastano la scritta “Porcari Toscani”. Espressione forte, di impatto, evocatrice di molteplici significati e suggestioni, che riporta indietro di secoli, quando i porcari erano veri protagonisti nell’economia agricolo-pastorale.

Sotto, “Cinta Senese, Denominazione d’Origine Protetta” e infine Consorzio di Tutela, l’attore principale che sovrintende alla salvaguardia e promozione della Cinta. “Insieme a meno di cento famiglie di allevatori, governiamo oltre quattrocento ettari di selva Toscana e più di 8.000 capi di Cinta Senese, in stretto connubio tra natura, paesaggio, animali liberi di pascolare e di cibarsi dei prodotti della terra”.

Un logo che si unisce ad altri concetti forti che fanno da guida alla nuova azione promozionale. “Altri hanno piantato ciò che noi mangiamo, noi piantiamo ciò che altri mangeranno. Possa il cibo di qualità rimanere una forma di celebrazione – non negazione della vita!”.

“Far scelte è facile come il bianco e il nero, ma non più facile di così. Se vinci, sei tu. E sei tu, se impari. Non perdi mai, se esci dalle zone grigie. Noi, Porcari Toscani, abbiamo scelto cosa amare: custodire la terra in cui viviamo, fare buona agricoltura, allevare il porco d’altri tempi, dargli tanta Toscana e rispetto e sicurezza del suo branco e cibo silvestre e nessuno stress: un’esistenza felice allo stato brado, in amichevole convivenza con noi, Porcari Toscani che amiamo la nostra scelta”.

Cinta Senese, perché è speciale

Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze, da anni svolge attività di ricerca sulla Cinta Senese, razza suina autoctona toscana che non ha certo bisogno di presentazioni. A dispetto della sua attuale popolarità, pochi sanno che nei primi anni Ottanta la Cinta Senese ha rischiato seriamente l’estinzione. Ma grazie alla passione di pochi allevatori, che ne avevano per affezione conservato qualche esemplare, alla sensibilità della regione Toscana e della Provincia di Siena verso il recupero della biodiversità e all’impegno profuso nella ricerca da parte del DAGRI, oggi questo pericolo è scongiurato e la Cinta Senese rappresenta quel patrimonio culturale, produttivo e scientifico che ben conosciamo.

Gli ambiti principali in cui l’attività di ricerca del DAGRI si è concentrata, sono fondamentalmente quattro:

  • Genetica
  • Sistemi di allevamento
  • Alimentazione
  • Qualità dei prodotti

Genetica: La razza Cinta Senese, abbandonata a metà del secolo scorso perché meno produttiva di altre razze cosmopolite, non ha mai subito programmi di miglioramento genetico che, in altri casi, hanno portato alla “creazione” di razze e/o ibridi caratterizzati da carne molto magra. Ciò ha portato ad un miglioramento delle proprietà dietetiche del prodotto, ma ha in parte compromesso quelle sensoriali. La Cinta Senese, non essendo stata sottoposta a programmi di selezione, ha mantenuto inalterate le combinazioni genetiche responsabili di un livello di adiposità della carne che conferisce il giusto grado di gustosità della carne senza, al contempo, compromettere le proprietà dietetiche. Il problema era semmai legato al ridotto numero di animali e al, conseguente, elevato indice di consanguineità presente nella popolazione di Cinta Senese. La ricerca in questo ambito ha svolto un ruolo chiave contribuendo, di concerto con gli allevatori, ad ampliare la base genetica della popolazione (il meccanismo opposto della selezione) e ridurre la consanguineità. Per alcuni anni, infatti, l’Associazione Provinciale Allevatori di Siena, in collaborazione con il CNR e l’Università di Milano, ha sviluppato dei piani accoppiamento con lo scopo di controllare il fenomeno. Questi piani sono stati potenziati grazie all’intervento dell’Associazione Nazionale Allevatori Suini (ANAS), alla riapertura del Registro Anagrafico prima e del Libro Genealogico poi, e al fattivo contributo dell’allora ARSIA (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agro-forestale).

Sistemi di allevamento. La Cinta Senese è stata da sempre allevata all’aperto e ancora oggi questo sistema viene adottato in quanto in grado di esaltare le potenzialità della razza che, nel pascolo, trova l’ambiente d’elezione. Attenzione però, perché pascolo non è necessariamente sinonimo di benessere e di qualità del prodotto. Il pascolo, di qualsiasi specie si parli, deve basarsi su un perfetto equilibrio tra ambiente ed animale. Se questo equilibrio viene a mancare si generano svantaggi e pericoli per entrambi i sistemi. In questo ambito il gruppo di ricerca UNIFI ha condotto svariate prove di confronto fra diverse tipologie di allevamento ponendo attenzione alla salvaguardia ambientale da un lato (non dimentichiamo che il maiale ha comportamenti non sempre generosi nei confronti degli mbienti boschivi) e del benessere animale dall’altro. Come ama ripetere il professor Franci (antesignano degli studi sulla Cinta Senese), “il bosco non è una stalla”, ma deve rappresentare il luogo dove gli animali, in un giusto rapporto tra numero di capi presenti e periodo di permanenza, possa trovare il cibo necessario per soddisfare i propri fabbisogni.  Nel bosco la Cinta Senese si nutre di ghianda e/o castagna che, come vedremo, caratterizzano in modo significativo le caratteristiche organolettiche dei prodotti di Cinta Senese.

Alimentazione. La Cinta Senese, non avendo elevati accrescimenti, ha fabbisogni alimentari, energetici e proteici in particolare, più bassi delle altre razze. Questo si traduce in un duplice vantaggio, che compensa lo svantaggio di avere incrementi ponderali minori delle razze cosiddette bianche: necessitando di razioni meno proteiche, ne consegue un risparmio da un punto di vista economico (le fonti proteiche costano), nonché una minore quantità di azoto escreto con le deiezioni (derivante dall’eccesso di proteina che spesso caratterizza le razioni). Diversi studi sono stati condotti da UNIFI sulla comparazione di diverse diete a differenti percentuali di proteina al fine di individuare quella (in termini di quantità e qualità), in grado di garantire il soddisfacimento dei fabbisogni senza al contempo compromettere le performance di accrescimento.

Qualità dei prodotti. La Cinta Senese è l’unica razza autoctona italiana ad avere ottenuto la DOP della carne. Questo a conferma non solo dell’elevata qualità sensoriale delle sue carni, ma anche dell’inestimabile valore sociale e culturale della razza. UNIFI ha condotto diverse ricerche sulla caratterizzazione dei prodotti di Cinta Senese, il cui valore aumenta se gli animali vengono ingrassati in bosco e alimentati con prodotti, quali ghianda e castagna, che conferiscono aromi particolari, unici e, soprattutto, sensorialmente percepibili. Da prove condotte è emerso che il prodotto di trasformazione di élite della Cinta Senese, il prosciutto a lunga stagionatura, se proveniente da animali alimentati con ghianda durante il finissaggio, ha caratteristiche aromatiche di pregio e distinguibili da altri prodotti, sempre di Cinta Senese, ma derivanti da animali alimentati con alimenti tradizionali.

“Per concludere – chiude lla professoressa Pugliese – questi anni di ricerca ritengo che abbiano dato risultati importanti; la speranza è che questi frutti possano essere colti e apprezzati da tutti gli attori della filiera della Cinta Senese”.

Una giornata intensa dunque quella odierna per il Consorzio e un ulteriore passo per la Cinta Senese al fine di crescere ancora ed essere ancor più apprezzata e conosciuta. Un cammino che proseguirà, ha sottolineato il presidente del Consorzio Baruffaldi, con tutta una serie di altre iniziative.

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