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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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La resurrezione: un atto rivoluzionario!

Politica allo sbando e buchi di bilancio che emergono sempre più dolorosamente

SIENA. Alla Vigilia della Pasqua pensavamo, in verità, di arrivare con un quadro più chiaro della situazione politica ed economica senese. Un quadro che fosse non una visione ancora distorta ma una chiara e lucida fotografia della realtà. Dolorosa, ma concreta. Bianca e levigata come il marmo che copre un sepolcro. Da cui risorgere, finalmente. Liberi dalle menzogne, dagli aggrovigliamenti vari e dai sudari che impediscono di respirare. Invece, Siena si appresta a questa pausa di due giorni dalle fatiche quotidiane con un cuore quasi fermo. In un coma che non è morte ma neppure resurrezione.

Dopo lo schiaffo del rosso firmato MPS (e non stiamo parlando dei vini 1472!) ci voleva pure la Corte dei Conti ed il suo ultimatum al Comune. Bilanci in perdita in ogni angolo della città e recentemente anche della provincia; segnali di malagestione che, in tempo di crisi nera, fanno spavento. I dipendenti del Comune sono in agitazione, chiedono rassicurazioni, chiamano in ballo le spese da capogiro per le due carriere. 

Il Palio, evento intorno al quale gira la vita di molti senesi, viene coinvolto, inevitabilmente, in questa crisi senza precedenti dellacittà. Anche il Siena e la Mens Sana arrancano, colpiti dallo shock “di denaro un tempo sonante ed ora mancante”, restava solo l’appuntamento del 2 luglio e del 16 agosto. Il Commissario prefettizio, dopo qualche tentennamento (voci di corridoio lo davano in dolorose ambasce) ha firmato il via al percorso paliesco. Ma oggi nuove nuvole si addensano sulla festa. 

Qualcuno (tra cui L’Eretico) ha proposto di dare in carico alle Contrade tutta la festa – onori e oneri – magari facendo una salutare dieta alle spese di rappresentanza e di monta. Un chiaro segnale di riappropriamento da parte dei contradaioli  di un evento che era del popolo e che doveva restare al popolo. Una proposta al momento caduta nel vuoto. La filosofia del proprio orticello, meglio se coltivato e pagato da altri, pare essere la filosofia più in voga nella “Siena in piena crisi”. Tra chi ha paura di perdere quello che ha conquistato, chi non vuole scendere dal trono su cui è stato messo, nonostante le manifeste incapacità, e chi proprio non se la sente di esporsi in prima persona per semplice vigliaccheria, le cose non sono cambiate. Cambiano, eccome, solo per chi ha perso il lavoro e, con esso, la certezza di un domani sereno.

Penso ai dipendenti della Cooperativa Solidarietà che non sono più alle dipendenze dell’Università di Siena. Mentre “l’Ateneo con il buco intorno” resta graniticamente indifferente a quanto gli accade dentro e intorno, c’è chi sta già pagando sulla propria pelle per gli errori altrui. E la cultura, quella che dovrebbe illuminare gli animi, renderli nobili e lungimiranti (quasi profetici) colpevolmente continua a tacere. Si organizzano incontri dedicati alla memoria del professor Tabucchi o del professor Calabrese (degni di considerazione, per carità!)…. ma nessuno pensa a dare forma a qualche iniziativa concreta e duratura per far rivivere la memoria di un passato di lotta sociale, di conquista dei diritti, di concetti fragili quanto preziosi ma difficili da sostenere come uguaglianza, diritto, rispetto, responsabilità, onestà, impegno civile. Pare che il tempo dei docenti universitari che abbandonano le cattedre per andare a fare i partigiani, sia definitivamente tramontato. Adesso le cattedre si lasciano per motivi ben più futili e meglio remunerati. E quelli che invece, tenacemente, conservano il loro pensiero libero? Messi a tacere dalla paura o da un triste senso di ineluttabile fallimento? Accerchiati da una lobby senza scrupoli? Forse. Il silenzio difficilmente dà spiegazioni.  Orfani di intellettuali, andiamo ormai a tentoni, confusi da una politica allo sbando: cieca, sorda e priva di ogni logica. Interessata solo a mantenere i suoi privilegi.

In una situazione così oscura speravamo nella sensibilità delle donne. Laura Vigni, diventata il faro e il punto fermo di questa campagna elettorale al femminile, ostinata e caparbia al punto giusto, poteva e doveva essere il riferimento per le donne della sinistra senese. Invece, in questi giorni, si sono fatte vive le donne dell’Archivio UDI. “Operaie, contadine, studentesse, impiegate, aristocratiche, casalinghe, suore: furono loro alla fine della guerra le protagoniste della ricostruzione. Molte venivano dalla Resi­stenza. Nel ‘45 si organizzarono e ottennero il diritto di voto. Nel ‘74 fu la volta del di­vorzio. Nell”81, dell’aborto. Battaglie che determineranno profondi mutamenti di costume nella società italiana. Quella storia che a scuola non si insegna”. Una frase ripresa dalla prima pagina del sito http://assarchiviudi.wordpress.com/.

Donne combattive, determinate, tenacemente votate alla democrazia, alla resistenza, alla giustizia sociale. Un bagaglio pesante da portare: tanto pesante quanto degno del più sincero rispetto. Una candidata per il centrosinistra: Francesca Vannozzi. Una condizione (?): niente primarie. La scusa: un candidato che deve sanare le fratture interne ai partiti di maggioranza. Poi, ci sono loro che ne garantiscono la “bontà” quindi… tocca fidarci!  In quanto a “contribuire con forza a superare l’incertezza dei partiti del centro sinistra che mette a rischio un governo della città” nessuno può smentirle. Ma è sulle modalità che ci rode qualche dubbio. Ma siamo sicure che si stia parlando delle stesse donne che sono scese in piazza per chiedere dignità per il sesso femminile… e, di conseguenza, per tutti? Siamo sicure che si tratti delle stesse donne figlie di quelle partigiane, femministe, instancabilmente e implacabilmente democratiche che hanno fatto fare passi da gigante al nostro Paese?

Noi umili non tesserate ad alcun movimento non siamo certe che una candidatura, per quanto nobile, meriti la blindatura, in questo caso sarebbe meglio dire, l’investitura divina. Abdicare ad un percorso democratico, intorno al quale sarebbe dovuta confluire la parte sana degli uomini e delle donne del centrosinistra, doveva essere una ipotesi neppure lontanamente possibile per “donne delle barricate”. Si, barricate. Quelle che dovrebbero essere innalzate a difesa della dignità di una città prostrata da una politica incapace di autogenerarsi e di ripulirsi dalle devianze; a difesa della capacità di confronto e di rinascita che tanto si addice alle donne;  a difesa della memoria (passata, recente e contemporanea), che è fondante dell’associazione Archivio Udi. E farlo adesso sarebbe stato già tardi… ma pur sempre più che prezioso! Anzichè essere pungolo per quei partiti paralizzati dai loro stessi logori ingranaggi, le donne ne appoggiano le paurose derive? Prive della loro azione “dirompente e rivoluzionaria” esse restano le inermi costole di un Adamo contemporaneo che non ha certo avuto bisogno di loro per commettere le peggiori nefandezze (si è mangiato tutto quello che poteva mangiarsi, altro che la mela). 

Cosa ne è stato della candidatura della Vannozzi? Bellamente ignorata. E non solo dai partiti di centrosinistra: pure le altre associazioni femminili si sono tirate fuori da questa proposta. E hanno fatto bene. Il nome della candidata “delle donne” doveva uscire da una consultazione più possibile collettiva; non doveva avere il marchio di questo o quel partito politico, neppure di area; doveva ambire ad unire prima le donne e poi la città, senza preclusioni; non doveva escludere le primarie. Comunque.  Primarie… queste sconosciute. Almeno a Siena. Bruno Valentini, che dalle su pagine FB invita ancora alla mobilitazione degli iscritti al Pd – chiedendo anche nuove iscrizioni – dovrà arrendersi a queste realtà. E potrà scegliere di rendere vano quanto fatto fino ad ora oppure di andare a queste amministrative autonomamente, senza più il logo del partito.

Cosa aggiungere ad un quadro politico, sociale ed economico così avvilente? Sperare. Ancora sperare in un cambio di passo. In un sincero e profondo desiderio di cambiare radicalmente il pensiero sociale al punto di mutare l’asse del potere che ancora non si arrende alla sua fine.

Sperare in un anelito rivoluzionario che, dal basso, rompa gli indugi e metta a nudo quella politica che si trastulla ancora in giochi di palazzo ormai fuori tempo. La resurrezione  è anche questo: opporsi alla morte (della carne come dello spirito) credo che sia il più rivoluzionario degli atti!

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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