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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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E’ il tempo di fare. Senza dimenticare

Non è possibile avviare una stagione nuova per Siena senza qualche distinguo

di Raffaella Zelia Ruscitto

SIENA. E adesso parliamo di noi. Noi: inteso come collettività, come base e tratto determinante di ogni epoca. Noi: un altro di quei concetti all’apparenza semplici da capire, quasi scontati, ma che poi, nella quotidianità, nel percorso esistenziale, sfugge alla mente. Tutta colpa di quel perseverante senso dell’io che, prevaricando la sua naturale funzione autoconservativa, arriva a nascondere la visione d’insieme e si ostina a guardarsi ad un deformato specchio privo di prospettive. Mi costringo a queste pubbliche riflessioni per quanto accaduto in questi giorni e per quanto accadrà nei prossimi, in questa ormai calda campagna elettorale.

In una città dilaniata come è  Siena (come è l’intero Paese) a guardare in faccia i disastri compiuti da una politica e da una finanza corrotta che hanno giocato sporco sulla testa di  una moltitudine di ignari ed ingenui individui privi di difese e – soprattutto – di cognizione, l’istintiva e primaria reazione è quella della rabbia. Rabbia e odio. Caduto il velo delle malefatte, visti i continui crolli dei pilastri economici, culturali, istituzionali, adesso si vivono incertezze che fino a ieri non si erano neppure annusate. In questa precarietà diventata una costante della vita, si fanno strada facilmente nella mente percorsi di rivalsa, di vendetta anche, e il disgusto di fronte all’ingordigia e alla prepotenza di quei pochi protagonisti della distruzione è quasi naturale.

Da spettatori e narratori di questi cambiamenti abbiamo prima cercato di dare la “cognizione” delle cose e poi abbiamo cercato di scuotere gli animi, invitando ad una partecipazione sentita e sincera della cosa pubblica; a riappropriarsi del “noi”, della collettività, con l’onestà e la dignità che sembra persa per tutti. Un percorso che abbiamo condiviso con altri, a Siena. E che, in queste ore, ci appare ancora più faticoso.

Ad una fin troppo lenta reazione dei senesi a quanto accaduto, corrisponde una recrudescenza degli animi di quanti sono arrivati alla visione chiara (anche se non completa) del baratro in cui siamo cascati. Quanti, tra cittadini fino a poco tempo fa ignari, stanno riconquistando spazi di partecipazione rimasti tristemente vuoti  troppo a lungo.

Dall’altra parte (la parte di quelli legati alla casta) si stanno armando orde di guerrieri senza testa che, a difesa della restaurazione, gettano fango su coloro i quali, in questi anni, hanno combattuto con dignità e onore il “groviglio armonioso”. Un gioco tanto subdolo quanto pericoloso, che segue la logica secondo cui se il fango sporca tutti, tutti sono ugualmente luridi e quindi poco credibili. Se quelli che denunciano sono poco credibili, allora i denunciati sono meno colpevoli… Beh, non è così.

E’ accaduto con la vicenda dolorosa di David Rossi, quando si è voluta attribuire la colpa del suicidio a chi criticava la gestione “leggera” della banca… e accade ancora oggi, con le illazioni su volti e nomi che, fino ad oggi, si sono opposti al consuetudinario modo di amministrare i beni pubblici con la sfrontata arroganza del potere. E’ accaduto anche su questo giornale con un commento. E’ accaduto con la figura del professor Giovanni Grasso. Un uomo che ha sempre denunciato il malcostume all’interno dell’ateneo senese. Un commento allusivo che voleva sminuire il ruolo dirompente di un docente che si è sempre esposto per spezzare una catena di relazioni che ha già portato l’istituzione culturale più importante della città sull’orlo di un baratro oscuro.

In una sofferta riunione di redazione ci siamo interrogati sulla opportunità di pubblicare commenti “critici” nei confronti dei protagonisti della scena pubblica senese. Lo scopo dei commenti – all’origine – era tenere una finestra aperta e libera di confronto, tra lettori ed estensori degli articoli e pure tra lettori e lettori. Una finestra libera nei limiti della palese offesa, ovviamente. Già una volta mesi addietro, avevamo cercato di mettere un freno ai sentimenti di rabbia chiedendo ai nostri lettori di incanalare il senso critico verso un costruttivo e propositivo modo di mettersi in relazione.

Ma quella forma di “grillismo” negativo che smuove “la pancia” della gente creando la schiera dei “noi” e dei “loro” dove i primi sono quelli che detengono la verità e i secondi quelli che vanno eliminati, pare essere l’unica forma di “politica pulita” possibile. Almeno oggi. In questa “guerra” si rischia di diventare strumento inconsapevole di una “confusione” funzionale a chi vuole prendere o riprendere il potere. A chi, conoscendo lo spirito “tifoso” degli italiani, ne obnubila la capacità di valutare il “caso per caso”.

Il senso della giustizia deve restare un punto fermo; le responsabilità ed i responsabili devono essere cercati, perseguiti ed esclusi da future, eventuali, cariche pubbliche: ma non ci si può abbandonare ad un delirio di piazza. Si può chiedere a gran voce il ritorno alla legalità ma questo bisogno deve necessariamente passare dal desiderio di innalzare basi più solide per una nuova società immuni (per quanto possibile) al malsano e bieco egoismo. Il tempo della rabbia e della nausea deve avere un termine.  Non può essere il segno distintivo della prossima stagione elettorale. Per sua stessa natura la rabbia è cieca e può fare “vittime innocenti” e non si può pensare di contribuire alla nascita di una nuova stagione solo con i colori del livore e della vendetta.

Pur apprezzando l’intervento di Giuseppe Bonura non possiamo essere totalmente concordi con la sua riflessione. Purtroppo la distinzione tra “uomini e no” è obbligata e non è possibile trascurarla (tralasciando, ovviamente, l’aspetto filosofico e intimistico che suggerisce Vittorini nel suo libro). Nella condizione in cui si trova la nostra società, purtroppo, i “no” hanno prevalso arrivando a danneggiare gli “uomini” nella loro dimensione onesta, fino ad arrivare ad intaccarne la dignità. Un gioco che continua, sebbene con minore efficacia. E’ giusto, però, dire che non tutti gli “uomini”, oggi, sono dalla stessa parte. E questa certezza dovrebbe essere talmente radicata nella mente da impedire la faziosità che poi diventa cieca opposizione.

L’appello che mi aspetto, quello che spero arrivi presto da qualcuno (magari da più di uno) è rivolto proprio ad entrambe le tipologie umane. Ai “no” affinchè riconoscano le loro responsabilità, le loro mancanze, le loro inadeguatezze come amministratori e facciano un passo indietro. Perché sarebbe  meglio, molto meglio, che i “no” (con tracce di umanità ben nascoste) evitassero di essere seduti nel prossimo Consiglio Comunale o in ogni altro consesso di ente pubblico.  

E un appello anche agli “uomini”.  E’ arrivato il momento di dimostrare le proprie doti. Senza tentennamenti e, soprattutto, senza cercare vantaggio dal proprio mettersi in gioco. E’ questo il momento di credere fino in fondo alla forza dell’onestà e della dignità senza scendere a compromessi o creare alleanze che, domani, potrebbero impedire il giusto lavoro della coscienza.

Ai nostri lettori una preghiera: non sarà con le allusioni, con le offese esplicite o con le battute toscanacce (sebbene quest’ultime ci abbiano strappato a volte delle gran risate), che si potrà dare una svolta alla situazione senese. Sarebbe, invece, auspicabile cercare, in questo spazio libero, un confronto aperto sui contenuti; la ricerca di strade concrete di intervento per non farsi sempre dettare tutto da altri; il sostegno a coloro che, dalle nostre pagine, lanciano idee nuove, si espongono, propongono ed offrono un modo “onesto” di vivere la politica.  Si può, ovviamente, dissentire, ma con quello spirito “gandiano” che oggi vale più dell’oro. I questo caso, per coloro che fanno parte della schiera dei “no” vale una ostinata indifferenza.

Le prossime pagine di questa storia collettiva sono tutte da scrivere… facendo ognuno la propria parte, “uomini e no”. Ne potrebbe venire fuori una trama per cui varrà la pena di dire “io c’ero”!

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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