Riflessione di Siena Civitas alla luce delle recenti indagini sulla vicenda Mps-Mediobanca
SIENA. Da Sena Civitas riceviamo e pubblichiamo.
“La recente inchiesta milanese sulla vicenda MPS–Mediobanca, pur senza entrare nei suoi profili giudiziari, offre un’occasione utile per ragionare su un punto più ampio: quale ruolo debba avere lo Stato nella difesa e nella governance dei settori strategici dell’economia, in particolare quello bancario.
Il sistema del credito non è infatti un comparto come gli altri. Dalla solidità delle banche dipendono il finanziamento delle imprese, il risparmio delle famiglie, la credibilità internazionale del Paese e la tenuta complessiva del tessuto produttivo.
In un mercato sempre più globalizzato, con gruppi finanziari di dimensioni sovranazionali e operazioni spesso guidate da logiche non sempre allineate agli interessi nazionali, la presenza attiva del Governo può diventare uno strumento di tutela.
Non si tratta di invocare un modello statalista né di ostacolare la libera concorrenza: l’idea è piuttosto riconoscere che alcuni snodi economici hanno un’importanza sistemica tale da richiedere un presidio politico-istituzionale.
Nel caso del sistema bancario, questo significa:
– assicurare la stabilità degli istituti più rilevanti;
– preservare l’autonomia decisionale delle banche italiane rispetto a dinamiche esterne potenzialmente destabilizzanti;
– garantire che eventuali operazioni straordinarie non compromettano il controllo di asset considerati strategici;
– tutelare il risparmio, che la Costituzione riconosce come valore da proteggere.
L’italianità, in questo contesto, non è un principio astratto o identitario, ma un parametro di sicurezza economica: indica la possibilità per il Paese di mantenere una leva decisionale su organismi che incidono direttamente sulla vita economica nazionale.
Gli ultimi anni hanno mostrato che le fusioni bancarie, le ricapitalizzazioni e gli ingressi di nuovi investitori sono processi complessi, in cui gli interessi dei privati e l’interesse generale non coincidono sempre.
Per questo, pur lasciando al mercato il suo ruolo, un Governo può ritenere opportuno intervenire quando in gioco ci sono soggetti che:
– gestiscono risparmio diffuso;
– controllano linee di credito decisive per le imprese;
– influenzano la governance di altre società strategiche;
– rappresentano nodi sensibili nei rapporti con i mercati internazionali.
La difesa dell’italianità non significa chiudersi, ma garantire che decisioni con impatto collettivo non siano lasciate solo alla dinamica finanziaria del momento.
L’inchiesta MPS–Mediobanca dimostra come le operazioni bancarie possano avere ricadute che vanno oltre il perimetro societario.
In questo quadro, l’intervento pubblico — quando trasparente, proporzionato e rispettoso delle regole — può rappresentare un fattore di equilibrio, un’assicurazione contro rischi di concentrazione impropria o di perdita di controllo su asset chiave.
Il punto, più che “se” lo Stato debba intervenire, è “come” farlo: con strumenti chiari, con obiettivi verificabili e con la consapevolezza che il sistema bancario è un bene comune.
L’attualità offre spunti di riflessione, ma il tema è di lungo periodo: in settori strategici come quello del credito, un ruolo attivo del Governo può essere non solo legittimo, ma anche utile a preservare stabilità, autonomia decisionale e salvaguardia dell’interesse nazionale.
Senza eccessi, senza retorica, ma con la consapevolezza che alcune infrastrutture economiche non possono essere lasciate esclusivamente alle logiche del mercato globale”.






