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SIENA. Dai Sottomarini senesi riceviamo e pubblichiamo.
“Abbiamo deciso di spenderci dentro il partito, alcuni di noi assumendo incarichi dirigenziali (non retribuiti) e dunque, inevitabilmente togliendo il tempo restante ad attività extra-partito. La politica, richiede energie non comuni, fisiche ed intellettuali, se si cerca di farla bene privi di rendite di posizione e relativo consenso. E c’è bisogno di buona politica oggi nella nostra città.
Le dimissioni del Sindaco Franco Ceccuzzi segnano una tappa molto negativa nel precorso politico senese, e marcano lo spartiacque tra noi del Pd e della coalizione di Centrosinistra che ha sostenuto lealmente il sindaco ritenendo che la politica sia elaborazione e confronto tra posizioni diverse, (anche durissimo all’occorrenza, anche a prescindere dallo schieramento e dal partito che si rappresenta), e chi pensa che sia tutt’altro. Oggi si dividono definitivamente le strade tra metodi profondamente diversi di intendere la politica. Forse è tardi, ma mai troppo tardi per capire che siamo inevitabilmente alternativi a coloro che pensano di tenere in ostaggio le istituzioni pubbliche a vantaggio di interessi particolarissimi. Sarà un pensiero un po’ retrò, ma a ben vedere da qui non si esce. A Siena la politica in questi anni è stata molte cose, e quella recente possiamo farla partire dal 1993, dall’elezione diretta di Picc ini, sindaco scelto dopo aver vinto le primarie organizzate dal PDS (tra le primissime mai fatte in Italia). Diversi attori della politica senese di oggi affondano le proprie radici in quella stagione, che si propose e fu capace di ridefinire molti degli assetti di potere della nostra città. Come è andata a finire lo sappiamo. E anche se ce ne siamo fatti una ragione, fa tristezza vedere che alcuni con cui avevamo coltivato il disegno di rinnovare questa città si sono poi avvitati in una spirale di risentimento personale fino a stringere accordi di potere a danno della collettività senese. La fine della maggioranza uscita dalle urne soltanto una anno fa è proprio questo: un’operazione per saldare più forze in nome degli interessi personali, del conservatorismo fondato sulla paura del cambiamento e del risentimento verso un centrosinistra ancora in mezzo al guado.
Ad ognuno di noi sarà già capitato di discuterne in merito e di ascoltare il le critiche sulle responsabilità di chi ha gestito il MPS, di chi ha creato il supposto Sistema-Siena, di chi ha tentato di imporre un aeroporto. Tutto abbastanza vero, se preso all’ingrosso, ma è doveroso ripartire le responsabilità tra chi ha preso le decisioni e chi, forse per un malinteso senso di solidarietà, se ne è fatto carico.
Nell’ultimo anno le cose a Siena avevano iniziato a prendere una direzione diversa, non sempre lineare, ma nella sostanza irreversibile. Forse in conseguenza dei fatti che hanno travolto le maggiori istituzioni senesi; forse per il contributo di molti che nella politica ci credono e che hanno anteposto gli interessi generali a quelli personali. Forse, anzi molto probabilmente, perché affrontare quotidianamente i bisogni delle persone riporta la politica alla propria dimensione nobile, al merito delle questioni, al concetto stesso del bene comune. Questa è stata la scommessa per cui in molti abbiamo deciso di appoggiare Franco Ceccuzzi alla carica di Sindaco un anno fa circa. E ci sono molti presupposti e diverse evidenze per dire che sarebbe stata una scommessa vinta. Le parole usate dal Sindaco in Consiglio Comunale sono chiare rispetto alla lettura del presente e dei fatti passati. Di certo la sconfitta del PD ad opera dei consiglieri fulminati sulla via del MPS ha dimostrato che il tentativo di cambiare il senso delle cose a Siena c’è stato ed è stato reale. Per chi crede nel progetto-PD è amaro vedere che il tentativo del Sindaco di cambiare il senso delle cose è stato contrastato oltre ogni limite proprio dove il PD è più forte. E purtroppo in Consiglio comunale le forze di opposizione si sono compattate con chi ha voluto rappresentare la peggiore contiguità tra governo e interessi particolari, scegliendo di rimanere testimonianza sterile di posizioni minoritarie. Il tentativo di dare un senso diverso al concetto di senesità, non più retrivo come quello che abbiamo dovuto sopportare nell’ultimo decennio, si è scontrato contro le resistenza di chi è sempre stato attento al potere e disinteressato al confronto politico e all’interesse della comunità senese. E dopo aver ascoltato per anni che chi vedeva la politica come un servizio civico era semplicemente un “bischero” è buffo sentir pronunciare la parola “stalinisti” da chi siede sui banchi del potere da prima che molti di noi fossero nati. Non serve a molto ribadirlo adesso, ma la cronaca impone di ricordare che il Partito Democratico e la coalizione di maggioranza in Consiglio comunale hanno cercato di stimolare lo spirito di cittadinanza attiva spesso assopito da un conformismo diffuso.
Abbiamo cercato di attuare una rivoluzione morbida che muovesse dalla consapevolezza che mutamenti profondi sono necessari nel tessuto sociale senese e nei comportamenti della classe dirigente locale, ma che per essere efficaci devono essere condivisi.
Da sempre c’è chi si oppone ai tentativi di riformare la realtà poco alla volta, alla ricerca dei cosiddetti “equilibri più avanzati”, delle “svolte storiche”, delle “ripulite”; tutti concetti molto teorici e nella realtà poco pratici; e soprattutto mai praticati perché mai condivisi dal tessuto democratico di questa città. Di certo non è facendo saltare il tavolo di lavoro che si ottengono i miglioramenti per la società senese; di certo non in una situazione economica e sociale drammatica come quella che stiamo affrontando.
Tornano alla mente i contorsionismi dell’Unione, contrastata dai puri di sinistra e poi affondata dai mastelliani. Tutti travolti dal radioso orizzonte berlusconiano, perché mentre i “cittini” si litigavano in cortile, qualcuno aveva la capacità di riorganizzare il campo e magari anche le regole del gioco. Ma alla fine i conti tornano sempre, e se questa è la fine di un nuovo inizio, l’appuntamento è soltanto rinviato. Così come sono rinviate le consulte, per le quali dobbiamo ringraziare coloro che avevano deciso di impegnarsi in un esempio lampante di buona politica. Perché il prestigio sta nell’opera che si compie, non nel ruolo che si riveste.
La politica è prima di tutto servizio civico, e da questa constatazione, e con persone che condividono questa idea si riparte, che siano compagni di viaggio o avversari che vogliano misurarsi su un terreno comune. Ce ne sono moltissimi nel PD, e ce ne sono molti in ogni partito. Spesso non hanno contato abbastanza, ed è importante che riusciamo a distinguerli e separarli dal coro di chi si felicita di questa situazione e coltiva l’illusione di riuscire a cambiare il senso delle cose ma soltanto alla ricerca di una fortuna personale”.
