Come trasformare la soppressione di Poggibonsi e Montepulciano in una giustizia più veloce

SIENA. Lo scorso 6 luglio il Consiglio dei Ministri ha abolito 37 tribunali e 38 procure, accorpandoli ai Tribunali più grandi. Un fatto quasi epocale, che ha pesantemente colpito anche la provincia di Siena. Infatti, nonostante scioperi e proteste degli amministratori locali e degli avvocat, sono stati aboliti il tribunale di Poggibonsi e quello di Montepulciano, trasferendo armi e bagagli – compreso il personale – al tribunale del capoluogo. Non sarà un trasferimento veloce: per trovare le nuove sistemazioni il governo ha dato cinque anni di tempo. Oltre al recupero dell’efficienza, la riduzione degli uffici giudiziari comporterà anche risparmi di spesa: circa 2.889.597 euro per il 2012; 17.337.581 per il 2013 e 31.358.999 per il 2014. Una stima dei costi per questa operazione di razionalizzazione fa ritenere che saranno di gran lunga inferiore rispetto ai vantaggi e ai risparmi che si otterranno a regime e che connoteranno il sistema giudiziario per i prossimi decenni. Difesa del prestigio, dell’occupazione e dell’indotto assieme a pressioni politiche localistiche non sono stati più sufficienti, con la crisi in corso, a fermare questo processo di razionalizzazione, invocato da anni. L’ultima proposta in tal senso era stata fatta da Padoa Schioppa nel 2008, ma il successore Tremonti aveva messo tutto il un cassetto.
La gente si chiede: ci sarà veramente un risparmio e la giustizia verrà amministrata meglio? Le spese di manutenzione, sorveglianza e locazione di un piccolo tribunale spariranno. Si ridurranno le spese di segreteria e di attrezzatura. Ma il risparmio più grande sarà in termini di produttività. Si è calcolato che un giudice sia più produttivo quanto più è specializzato. Nei tribunali piccoli esso è costretto a saltare quotidianamente da un campo all’altro del diritto; nella nuova organizzazione potrà concentrarsi per un decennio solo su campi specifici: ciò accelera la risposta ai bisogni di giustizia dei cittadini. Ma l’operazione sarà completa solo se si riuscirà a terminare il processo di informatizzazione della Giustizia: gestione degli archivi, raccolta della documentazione, programmazione delle udienze e delle testimonianze. Nel processo civile si attende inoltre la novità del Processo Telematico: portando “a casa delle persone la giustizia” si potranno diminuire drasticamente i costi, anche per i cittadini, e velocizzare l’iter processuale.
La prossima azione del governo dovrà vertere sulla riqualificazione del personale, privo nella stragrande maggioranza delle competenze informatiche per gestire adeguatamente la novità e primo scoglio per il malfunzionamento del sistema. L’incompletezza dell’organico è da sempre la prima fonte di rallentamento della macchina giudiziaria. La riforma delle sedi non si fermerà qui, perché si evidenziano già ora i problemi reali che spesso sono ben diversi da quelli sulla carta: il taglio delle sedi giudiziarie verso tribunali di “taglia media” dovrà essere seguito dalla riorganizzazione degli “elefanti giudiziari” di Roma, Milano e Napoli, che sono troppo grandi, ad esempio. Alcuni comuni, cui spettano le spese degli immobili sedi di tribunale, hanno fatto sapere di non avere le risorse finanziarie per procedere agli accorpamenti richiesti. C’è il caso del tribunale di Modena puntellato sopo il terremoto: dove si troverà lo spazio per i piccoli da inglobare? Non a caso la riforma andrà a regime in cinque anni, se basteranno. Poi c’è sempre da affrontare il problema dell’eccessiva burocratizzazione delle fasi del processo civile, che lo allungano e lo replicano inutilmente: l’azione del governo dovrà essere ancora più incisiva se si vuole recuperare credibilità nell’uso della macchina giudiziaria, dove troppo spesso i reati finiscono in prescrizione, basta avere l’avvocato bravo.