Le lotte di potere locali travolte dalla realtà dei mercati e dai BTp

di Red
SIENA. A Siena zitti per compiacere il sindaco, nel mondo attivi a interpretare le mosse del “Sistema Siena” alla disperata ricerca di una via d’uscita seguendo i dettami del Gattopardo. L’anello al naso non ce l’ha nessuno. Il sindaco non può fare finta di essere arrivato da Marte per salvare la patria, dopo aver coordinato le scelte di tutti questi anni nel ruolo di segretario provinciale, così pure il vicesindaco che da venti anni annuisce a tutto, sperando che arrivi il suo giorno di gloria, non può discontinuarsi (neologismo) con se stesso, come i sindacati dopo aver steso tappeti rossi ed aver visto tanti loro responsabili diventare facilmente dirigenti o direttori. Non c’è nulla da fare: avere ordinato a Gabriello Mancini di indebitarsi fino al collo per coprire l’aumento di capitale estivo, offrendo così la giugulare ai canini affilati della concorrenza bancaria (a cui hai chiesto i quattrini in prestito con la clausola che tanto peggio va il titolo MPS tanti più soldi ci portano via), è stato un errore clamoroso.
Il 13 marzo 2011 ilcittadinoonline.it dava conto di una intervista di Ceccuzzi all’Unità, in cui ordinava chiaramente: “Mps ricapitalizzata ma torni a creare redditività”. Purtroppo la redditività non si può ordinare. Ricordiamo che il sindaco Cenni era sparito anzitempo dalla circolazione come capro espiatorio delle difficoltà della banca e non solo, e il candidato-sindaco dispensava comandi, come se avesse vinto senza nemmeno fare la carriera. Ricordiamo il presidente della Provincia sempre d’accordo a tutte le pubbliche dichiarazioni del candidato-sindaco: Radiocor, 17 giugno 2011, a Castel Monastero dichiarazione di Bezzini sull’aumento “giusto”. E anche il codazzo di moschettieri si prepara alla lunga fuga: al grido di “io non c’ero. E se c’ero dormivo”.
Dunque lo spread sale alle stelle, lunedì a 530 punti base. Significa che le perdite per le banche piene titoli di stato italiani a lunga scadenza si moltiplicano, anche grazie alle sparate incoerenti dell’Eba. Significa che la pressione sul titolo MPS è ai massimi livelli: ne abbiamo abbastanza da uccidere un ippopotamo, di BTp a lunga scadenza. Poi mixiamo gli avvoltoi aspettano l’ennesima ricapitalizzazione, forti del fatto che nemmeno le minusvalenze astronomiche che si stanno raccogliendo (e che prima o poi qualche bilancio dovrà certificare), potranno impedire un nuovo aumento di capitale. Aggiungiamoci la politica inconcludente degli enti locali che mandano avvisi di “scomparizione” a destra e sinistra e portano a casa l’ennesimo bocconiano di gran moda in questa stagione politica nazionale. Otteniamo il risultato di stasera: -14,3% a euro 0,197.
Il Monte dei Paschi di Siena vale in Borsa poco più di due miliardi, vale giusto i soldi raccolti a inizio estate (quando dicevamo che erano pochi). Comprarla oggi e fare uno spezzatino darebbe utili inimmaginabili a chi abbia 3,267 miliardi da investire. E pazienza se la città di Siena perderà tutto. Non ha avuto un buon rimbalzo la notizia che le banche italiane, dopo i 150 miliardi di novembre, abbiano chiesto alla Bce 209,9 miliardi nel mese di dicembre al tasso dell’1%. Quali conti negativi nascondono, se i quattrini rimangono nei forzieri o in overnight in Bce? I soldi ricevuti non vanno verso la clientela, ma rimangono nei caveau per creare attivo artificiale, come i BTp nelle nobili intenzioni di Tremonti, Mussari e Vigni dovevano creare la rendita montepaschina che i mercati azionari e il credito alla clientela non potevano più assicurare, visti i tassi di interesse troppo bassi e senza margini. Senza soldi per imprese e privati niente crescita del paese, per cui se Monti non darà ai mercati le certezze su una nuova risalita del Pil tricolore, i titoli di stato affosseranno definitivamente le banche e il Monte per primo.
Contro la casta politico-finanziaria senese cala un asso di briscola Luca Piana sull’Espresso. Si citano, dietro il ragioniere Mancini, il gruppo ex-sinistra DC che farebbe capo a Matulli e Alberto Monaci, gli ex-Margherita Fioroni e Marini. Ma se esiste un’anima democristiana, nel PD esiste un’anima postcomunista, che ha espresso gli ultimi sindaci della città. Ci piacerebbe sapere come si schiera il Politburo locale e romano nella faida Ceccuzzi versus Mussari. Il presidente della banca non ha mai dichiarato di non voler rimanere per un terzo mandato: le parole in bocca gliele ha messe il sindaco. Sembrava proprio una dichiarazione di guerra, a cui non è arrivata replica, e forse è solo un tragicomico gioco delle parti.
Infatti oggi Mussari ha parlato. Avrebbe detto ai segretari dei sindacati, secondo le agenzie di stampa, che l’arrivo di Viola è maturato allo scopo di “dare una scossa al mercato”. Visti gli esiti di Borsa alle 17:30 del lunedì, le parole risuonano beffardamente infelici.