La borsa spera nella ristrutturazione. Le inutili polemiche tra dipendenti
di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Mentre i dipendenti della banca sono divisi e incerta è l’azione della governance, tra i silenzi di Rocca Salimbeni e l’ultima esternazione della Fondazione (risvegliatasi dal torpore dopo la critica dei sindacati), i trader credono che Profumo e Viola non faranno l’aumento di capitale. Lunedì i giochi saranno svelati. E che importa se i rendimenti dei Co.co.bond piuttosto che dei Tremonti bond saranno salati? Che un programma di riduzione del personale verrà perseguito? Quanti sportelli verranno abbandonati (e non soltanto da MPS: quelli di Intesa potrebbero arrivare a 1000)?
Un rally velocissimo ha spinto il titolo bancario senese anche a +10%, con realizzi altrettanto rapidi, che hanno lasciato al titolo un confortante finale: +6,23% a euro 0, 2166. Tuttavia, in serata il mercato non ha apprezzato l’indecisione dei politici europei riuniti a Roma, che non riescono a definire una linea chiara di operatività comune sul tema della crescita. Botta e risposta al fulmicotone tra Angela Merkel e Mario Monti. Il cancelliere aveva appena ribadito come in Europa ci siano trattati che vanno rispettati, che il premier italiano ha replicato: “Ho due osservazioni sull’argomento. La prima: se può sembrarvi esagerata l’insistenza sulle regole vi invito a considerare che quasi dieci anni fa, nel 2003, Germania e Francia, non la Grecia, con l’autorizzazione della presidenza italiana, deragliarono dalle regole dell’euro e abbiamo impiegato dieci anni per ricostruirne la credibilità. La seconda: la domanda di più Europa viene mostrata oggi a Roma, dove il processo di integrazione è nato. Ringrazio, quindi, i miei colleghi che hanno di nuovo dimostrato che tutte le strade portano a Roma”.
E veniamo ai dipendenti. Come la storia ci insegna e i trattati di psicologia confermano, nei momenti di forte crisi gli uomini tendono a dividersi, ricostruendo gruppi di appartenenza che si scaricano le colpe a vicenda, con argomentazioni spesso pretestuose. I dipendenti di MPS si dividono tra lavoratori e dirigenti e anche tra Nord e Sud.
Non è certo colpa dei lavoratori salentini l’acquisto in termini non ortodossi della banca 121; né dei lavoratori veneti il contratto d’acquisto della Antonveneta. Sono rapporti d’affari realizzati dai vari Semeraro, De Bustis e Botin con i vari Fabrizi, Gronchi, Mussari e Vigni. Con gli ultimi quattro tutti rigorosamente senesi di estrazione (a malincuore per tanti, lo sono anche l’avvocato di Catanzaro e il Gronchi pisano di nascita). Ogni divisione su base localistica o regionalistica è priva d’importanza, se mai ne avesse una. Il bancario senese spedito a lavorare a Lecce e il campano spedito a Bologna, tanto per fare due esempi, hanno lo stesso interesse nella salvaguardia del posto di lavoro. Chi non ha voglia di lavorare non ha latitudini di riferimento e sul grado di istruzione e preparazione non si possono fare generalizzazioni.
Il problema è che dopo il 1995 (legge che istituisce le Fondazioni) e il 1999 (anno della quotazione in borsa, che ha fatto arrivare quattrini facili a profusione come mai nella storia dell’istituto), si è affermata una classe dirigente che ha fatto muro contro le critiche. Quelli che viviamo oggi sono le conseguenze del clima di silenzio e di consenso forzoso che hanno imposto, pena la perdita dei benefici. E’ così che un presidente della banca ha potuto affermare impunito che quel ruolo “non era il suo mestiere”… Ogni commento è superfluo.






