Draghi e Obama, la salvezza dei conti della banca senese passa attraverso la loro azione

di Red
SIENA. Per banca MPS (e non solo) il regalo di Natale è arrivata in ritardo, ma sempre bene accetto, in extremis insieme ai botti di Capodanno. L’importante news arriva dagli USA: due ore dopo lo scadere del termine ultimo fissato alla mezzanotte del 31 dicembre, il Senato degli Stati Uniti ha approvato con 89 voti favorevoli e 8 contrari il testo del vicepresidente Joe Biden e dal leader della minoranza repubblicana al Senato Mitch McConnell, evita il cosiddetto Fiscal Cliff e tutte le misure recessive che ne sarebbero conseguite. Per pareggiare il deficit di bilancio dello Stato, si prevede l’aumento delle tasse a chi guadagna oltre 450 mila dollari l’anno e rinvia di due mesi i tagli alla spesa pubblica. Nella notte italiana seguente (ore 5:20) è toccato alla Camera dei Rappresentanti confermare il tutto; il presidente Barack Obama – appena saputo l’esito della votazione al Senato – ha esortato a votare “al più presto, senza ulteriori ritardi”. Si è consumata anche la clamorosa spaccatura nelle file dei repubblicani, con gli estremisti di destra del Tea Party a votare contro il provvedimento. Per quanto fisicamente sia lontana l’America, una recessione oltreoceano avrebbe avuto un impatto disastroso anche sui conti del Pil europeo e, quindi le dinamiche che regolano lo spread non avrebbero consentito per anni la ridiscesa del differenziale, il punto programmatico fondamentale per la riuscita del Piano Industriale del tandem montepaschino. Già nel pomeriggio l’anticipazione che l’accordo fosse in dirittura d’arrivo ha avuto un effetto positivo su Wall Street che ha chiuso in netto rialzo (Dow Jones +0,44%, Nasdaq +2,00%). Vedremo oggi come, prima l’Asia poi l’Europa confermeranno o meno il trend positivo.
Raffica di designazioni di fine anno per il titolo di “business person” ovvero uomo d’affari dell’anno 2012. L’autorevole “The Times”, si è lanciato su Mario Draghi, con la seguente motivazione: “ha dato la scossa ai mercati, andando oltre i battibecchi dei leader politici europei per salvare l’Euro dalla disintegrazione”. Il presidente della Bce “ha svettato nel mezzo del caos” e si e’ proposto come “candidato naturale e incontrastato” per il riconoscimento, per “aver fatto della sua istituzione una delle poche voci credibili nell’Eurozona”. Conferma di quanto aveva stabilito il Financial Times, che nell’incoronare Draghi uomo dell’anno lo ha indicato come “l’italiano determinato che ha salvato l’euro”. Complimenti all’ex presidente della Banca d’Italia da parte nostra, nella speranza che sappia rimediare a una sua vecchia sottostima e si impegni concretamente per il Monte dei Paschi di Siena. Al termine di una lunga istruttoria durata mesi, l’ente da lui presieduto dette via libera a Giuseppe Mussari, uno che per sua ammissione non è un banchiere di professione – ma forse non è il solo -, per realizzare l’acquisto di Antonveneta da parte di MPS e mandare in solluchero il CdA di Santander con una plusvalenza irripetibile per tutto il secolo a venire. Non che sia servito a molto, visto che l’Eba nel gennaio del 2012 aveva stimato mancare al Santander 15 miliardi di capitalizzazione.
Dal blitz del novembre 2007 si arrivò per istruttoria pratica al 30 maggio 2008, con trattative serrate fra Rocca Salimbeni e Palazzo Koch. MPS nel dicembre 2007 aveva dichiarato di essere pronta per sostenere i parametri di Basilea 2, che poi i fatti non hanno confermato. Il CdA senese aveva anche emesso un prestito obbligazionario noto come Fresh, strumento su cui la Magistratura sta indagando dopo le note perquisizioni del maggio scorso, perché pare essere state nascoste alla Vigilanza di Bankitalia, che non le avrebbe approvate mandando in fumo le ambizioni di Mussari. Anche qui i fatti non hanno conclamato altro che l’incapacità di MPS di digerire un boccone come la banca padovana che all’epoca nel 2007, almeno formalmente, è costata più dell’allora capitalizzazione di borsa dell’istituto senese.
Il Giornale, all’epoca, scrisse: “fino a novembre 2007 MPS capitalizzava 13,3 miliardi. Ai prezzi di ieri (19 febbraio 2008: 3,1 euro per azione, ndr) il valore è sceso del 30% a 9,3 miliardi (ancora meno, 7,6, se si calcola il capitale ordinario). Una situazione che preoccupa la Fondazione, azionista al 59%, che si appresta a investire 3 miliardi nella ricapitalizzazione”.
Ancora a febbraio 2008 ci si poteva tirare indietro: una magra figura è vero, ma si poteva. Invece nel prospetto di borsa del giugno successivo il costo dell’operazione era lievitato a oltre 10 miliardi. Qui si parla di miliardi come di bruscolini tanto che rapportati a una città di 54.000 abitanti sembra un racconto di fantaeconomia. Invece è tutto vero.
Peccato che il dottor Draghi, nella qualità di governatore della Banca d’Italia,non abbia attentamente tenuto d’occhio i conti senesi. Sfortunatamente si avvaleva di collaboratori si fidati, ma che pare (e qui il condizionale è d’obbligo) avessero mutui e debiti nei confronti di MPS e Antonveneta e l’esaltazione del momento, politica e finanziaria, certamente favoriva la distrazione dell’establishment e minava l’attenta analisi dei conti. All’assemblea straordinaria del 6/3/2008 un soddisfatto Gotti Tedeschi, responsabile allora delle attività Santander in Italia, vide la quasi unanimità dei soci MPS votare l’aumento di capitale che ha distrutto letteralmente la Fondazione di Palazzo Sansedoni. Gotti Tedeschi, esponente dell’Opus Dei, in seguito sarà a capo dello Ior, la cosiddetta banca vaticana. E quando nella scorsa primavera è stato allontanato dalla guida dell’istituto romano si è fatto il nome di Mussari per la sua sostituzione nel caso non fosse stato riconfermato all’Abi per diversi problemi giudiziari, peraltro ancora aperti.
Gli interessi che Siena si accollasse il bubbone padovano erano troppi per resistere anche ai limiti fisiologici della taglia dell’istituto di credito senese. Certo i pezzi mancanti al puzzle, i buchi neri che ancora oggi ingoiano piuttosto che sputare fatti e situazioni che potrebbero mettere luce su una vicenda finanziaria tra le più “interessanti” degli ultimi anni, rendono, a Siena, questa candidatura italiana che dovrebbe solo inorgoglire, offuscata, mestamente considerata. Siena non ha un suo “eroe” … e forse neppure lo vuole. L’unica cosa che serve davvero è la verità.
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