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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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MPS: l’autonomia della Fondazione

In nome di Siena si prendevano ordini a destra e a manca

di Red

SIENA. Le fortissime critiche piombate addosso alla Fondazione MPS hanno costretto presidente e provveditore a diramare un comunicato, rompendo così il tradizionale silenzio che ne ha ispirato le mosse per tutti questi anni. Silenzio da essi definito “riserbo”, ma che ha lasciato concretamente la città nell’ignoranza dei fatti e nella capacità critica di capire cosa c’era dietro il paravento degli utili e delle erogazioni. Non si confonda la privacy con la disinformazione. All’art 7 paragrafo 2 dello statuto (vecchio, il nuovo si saprà dopo l’approvazione del Ministero dell’Economia) si afferma che i deputati non rispondono agli enti nominanti del loro operato. E della sua autonomia la Deputazione è stata così gelosa da subire di tutto e di più, fino allo sfogo clamoroso di Mancini che diceva, all’Hotel degli Ulivi, di “aver ubbidito agli ordini”! E l’ubbidienza nonostante l’autonomia e la paura di poter non essere rinnovato l’anno seguente è stata caratteristica di questi amministratori così sagacemente messi insieme dal sindaco Cenni, dal presidente della provincia Ceccherini e via dicendo, che tutti i nominati hanno un nominante che oggi non risponde delle scelte fatte a suo tempo. Altro che responsabilità: la Deputazione fece sapere di aver appreso dell’acquisto di Antonveneta “a cose fatte”; era il novembre 2007 e la vendita si realizzò compiutamente il 30 maggio 2008. Contestare nell’interesse della città e bloccare una operazione irrealizzabile per le capacità del Monte dei Paschi era possibile ma nulla fu fatto. Nel luglio 2011 l’operazione aumento di capitale – nonostante fosse stata negata per mesi al punto di minacciare querele a destra e manca – si fece per non far cadere dalle poltrone Mussari e Vigni, non nell’interesse della città. Anche qui si dice che i “consigliori” del presidente (le varie banche d’affari Rothschild e Credit Suisse) “misero per iscritto le loro perplessità sull’entità e sulle modalità tecniche dell’operazione”. Queste carte però Mancini le tiene riservate forse per quando arriveranno i nuovi amministratori, rimarranno solo ipotesi giornalistiche passate nel tritacarte. Nell’interesse della città questo secondo aumento non si doveva proprio fare: si doveva mantenere la partecipazioni in Mediobanca, Cassa Depositi e Prestiti e F2i, che soddisfazioni ai loro soci ne hanno date nonostante la crisi.

Perfino la gestazione del nuovo statuto avviene per l’impossibilità di Mancini di non ubbidire agli ordini, stavolta dell’Acri e di una sentenza della Corte Costituzionale intenzionalmente ignorata per dieci anni. Non hanno pensato a Palazzo Sansedoni all’interesse della città, altrimenti lo avrebbero scritto nel comunicato: si noti che “l’interesse della città” nel comunicato di venerdì 17 non viene mai nominato. Né alla adeguatezza di questa Deputazione che ha certificato, nell’ultimo bilancio, di aver dilapidato con le proprie scelte infelici (che non si possono mai scaricare ad ordini superiori, se nessuno ha la potestà di dare ordini alla Deputazione della Fondazione MPS) un patrimonio plurimiliardario. Riguardo alla presunzione di legittimità, pare che ci sia un fascicolo aperto in Procura: certo da quando si è capito che la querela porta la Magistratura a verificare se il querelante abbia o no commesso quello che gli viene attribuito, l’arma per zittire le critiche si è trasformata in un boomerang. Certamente, andando in scadenza il 5 maggio 2013 (quando Mancini è statutariamente obbligato a far indicare agli enti preposti i nominativi dei nuovi deputati designati), la Fondazione non poteva firmare l’impegno con l’Acri di modificare lo statuto entro il 30 giugno 2013, periodo in cui non aveva più i pieni poteri sul presente come sul futuro. Mosse strumentali della Deputazione che ne affermano inadeguatezza gestionale e subalternità alla politica che vorrebbero fuori dalla porta. E infatti per rimediare all’ennesimo errore, Mancini ha dovuto chiedere al Ministero dell’Economia “in via eccezionale una disposizione transitoria” che, guarda caso, farebbe slittare l’inefficacia degli atti di un mese.

Nel comunicato si afferma che, per la gestazione del nuovo statuto, “incontri si sono poi svolti con i capigruppo della Provincia di Siena, con le categorie economiche presso la Camera di Commercio, con le organizzazioni sindacali, con la Consulta Provinciale del Volontariato, con i sindaci dei Comuni della nostra provincia, con il Magistrato delle Contrade”. Niente nomi di chi abbia partecipato agli incontri, nessuna pubblicità degli incontri stessi, nessun comunicato dei risultati di detti incontri, nessun partecipante all’incontro che abbia dichiarato nulla in proposito. La Fondazione (la cosa più pubblica di Siena) si è comportata come una società privata alla ricerca di nuovi amministratori, altro che senesità e interesse della città. In questo senso le critiche che abbiamo rivolto alla Fondazione già da un anno si sono confermate al 100%, e Palazzo Sansedoni rincara la dose affermando che il nuovo statuto sarà disponibile alla pubblica lettura dopo l’autorizzazione del ministero dell’Economia. Cioè quando non sarà più possibile alcuna contestazione e alcuna modifica. D’altra parte la giustificazione che la bozza sia stata disponibile è una burla grossolana, dato che in essa i passaggi qualificanti e determinanti sono stati omessi. Il fatto che il principale socio della Fondazione non potesse partecipare alla consultazione poi, è una ulteriore dichiarazione che è stato, in termini grillini, proprio “un colpo di stato”. Dal luglio 2012, quando si dice sia iniziato il processo di revisione statutaria, in Fondazione sapevano che il commissariamento del Comune impediva il processo democratico di scelta per mancanza del principale interlocutore. Oggi quali sono i risultati concreti delle scelte politiche di Mancini & C.?

Non c’è esatta conoscenza ancora delle decisioni su chi nominerà i deputati, a parte la candidata sindaco Laura Vigni. Pare che il Comune invece di otto ne nominerà quattro, e la nomina andrà agli equilibri politici interni al Consiglio Comunale: oltre al rischio di una maggiore lottizzazione, il ruolo del nuovo sindaco verrà ridimensionato totalmente. Due deputati (invece che cinque) alla Provincia, ma stavolta forse li nominerà sempre un esponente del Pd, il presidente Bezzini. Camera di Commercio,  Consulta Provinciale del Volontariato e Sindacati sono enti controllati fortemente dalla politica, ma non sono soggetti alla volontà popolare che si manifesta con le elezioni amministrative: chi rappresenteranno? Per non parlare poi dei due posti riservati a enti esterni alla città di Siena che non si ha idea chi possano essere, di certo le lamentele che provengono da Grosseto indicano che le autonomie locali non sono state ascoltate. Risultato: il rischio che ci sia un travaso di potere da quello vecchio a uno nuovo formato dalle stesse persone e dagli stessi interessi è – praticamente – certezza. Infatti nel testo licenziato sembra che ci sia la rinuncia a obbligare la sede sociale e amministrativa della banca a Siena: i padroni di banca MPS erano altrove da sempre, nascosti dietro il paravento della senesità…

 

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