Strano non l'avesse chiesto Tremonti a suo tempo

di Red
SIENA. Quando si dice: “Che coincidenza!”. Il 13 giugno si riunisce il CdA del Monte dei Paschi e, stando alle parole scritte nella relazione che accompagna la convocazione dell’Assemblea straordinaria del 18 luglio, nel bel mezzo della riunione arriva una comunicazione del Ministero dell’Economia: c’è urgentissimamente da cambiare l’articolo 9 dello Statuto. Si buttano via tutti i canovacci preparati per la riunione e ci si concentra immediatamente sul nuovo, gravissimo problema: peccato che in città se ne discuta già da qualche tempo, ed è probabile che qualcuno, nei famosi piani alti di Rocca Salimbeni, abbia bisogno IN EXTREMIS della classica pezza d’appoggio. Così la politica che Profumo racconta aver voluto mettere alla porta di Piazza Salimbeni, rientra dal portone di Piazza dell’Abbadia. Il governo dei tecnici di Mario Monti era venuto in soccorso di MPS con la legge 135 del 7 agosto 2012, istituendo i Nuovi strumenti finanziari. Nessuno aveva posto condizioni capestro alla banca senese, né alla sua proprietà. Perché nello stato di diritto l’unica costrizione che lo Stato ha diritto di compiere su una società si chiama nazionalizzazione, che almeno nella forma non è questo il caso. Il governo tecnico si è ben guardato dal fare qualsiasi tipo di pressioni sulla composizione societaria, né essa è stata oggetto di rilievi da parte della Commissione Ue: e le discussioni erano sempre le solite visto che tutto discendeva dai Tremonti bond di qualche anno prima. Si trattava solo di aumentare l’importo degli aiuti perché le condizioni della banca erano peggiori di quanto lor signori pensassero.
Infatti il 17 dicembre 2012 la Commissione Europea, con il documento che si può leggere qui, dispone la concessione degli aiuti al Monte ma anche qui l’azionariato non è oggetto di alcun rilievo. Il presidente Profumo non ha ancora preso coscienza del grave problema, mentre intasca l’ingresso del nuovo socio Aleotti, che certamente non si fa spaventare dal vincolo statutario. Né nell’assemblea straordinaria del 9 ottobre 2012, né in quella del 25 gennaio 2013, neppure nell’ordinaria del 29 aprile avverte la necessità di parlarne ai soci riuniti: le occasioni sono quelle giuste, ma scivolano via e il notaio Zanchi niente deve segnalare nel verbale a riguardo. Nel frattempo si insedia con molta fatica un governo, a Roma, diretto dal Pd Enrico Letta. Dal 28 aprile c’è un ministro dell’Economia politico che risponde al nome di Fabrizio Saccomanni. Guarda caso proviene dalla Banca d’Italia, l’istituto che doveva vigilare sul sacco del Monte e, a parer suo, l’ha fatto bene. Saccomanni era Direttore Generale dal 2006 e conosce bene la storia MPS/Antonveneta. La missiva del 13 giugno non può essere un fulmine a ciel sereno di un ministro che abbia scoperto qualcosa di strano dopo il suo insediamento.
La cosa peggiore (per Profumo e gli interessi che rappresenta, cioè una Fondazione asservita a qualcun altro), è che il MEF non può nemmeno scrivere bugie: se si legge con attenzione quanto citato nella relazione del CdA per l’assemblea, la missiva romana NON dice che la Commissione Ue pretende l’abolizione del limite del 4%. Essa sollecita, fa presente alla banca senese che “in caso di mancato rispetto degli obblighi assunti, la Commissione Europea potrebbe ritenere il predetto intervento finanziario pubblico non compatibile con il quadro comunitario in materia di aiuti di Stato e disporne il recupero”. La parte centrale della missiva è di un politichese sconcertante: “Tra tali impegni il MEF richiama quello di assicurare la convocazione dell’assemblea straordinaria della Banca nel corso del prossimo mese di luglio per rimuovere il limite di possesso azionario del 4% previsto dall’art. 9 dello Statuto sociale”. II ministro Saccomanni può solo richiamare la convocazione dell’assemblea paventando una risposta negativa della Ue a parer suo. Ma poi spetta ai soci decidere e la pistola puntata contro non ce l’ha nessuno.
Ancora una volta manca l’anello di congiunzione tra i fatti. Come ognuno può ben vedere manca il documento in cui Bruxelles chieda esplicitamente all’Italia di cambiare “per forza o per amore” lo Statuto della Banca MPS, altrimenti niente Monti bond. Si potrebbero definire sfrontati questi euroburocrati, se veramente sapessero di poter governare la crisi che innescherebbe il fallimento della terza banca del paese in questo momento di angustie finanziarie mondiali!
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