L'istituto spagnolo ha avuto un dissesto paragonabile a quello di Siena

di Red
SIENA. Lo scorso due novembre le agenzie di stampa riportavano questa notizia “+1,71% a Madrid per Bankia che si porta a 1,19 euro nel giorno della presentazione dei conti trimestrali. L’istituto valenziano ha chiuso il terzo trimestre con un utile netto di 300 milioni di euro, in linea con i 299 milioni di un anno fa e di poco superiore ai 295 milioni stimati dagli analisti. In linea con le stime il margine di interesse netto, in calo da 735 a 688 milioni” (Finanza.com). Bankia, per chi non ricordasse, è un primario istituto bancario spagnolo che ha avuto un dissesto paragonabile a quello del Monte dei Paschi, pari ad almeno 50 miliardi di euro.
Le sue azioni hanno perso, nel 2012, ogni valore – che poi è quanto è successo agli azionisti MPS, no? – non solo a causa del dissesto ma anche perché, avendo la politica e la magistratura spagnole lasciata correttamente emergere l’entità del buco, l’istituto fu immediatamente nazionalizzato e ristrutturato dallo Stato. Nessuno in Spagna ha mai pensato di trasferire la sede centrale da Valencia a Madrid o a Barcellona, e nessuno lo farà mai. Certo qualche presidente e qualche consigliere sono finiti in galera. Una bad bank chiamata SAREB si è occupata dei crediti incagliati o inesigibili, che come si ricorderà gravano in gran parte sul mercato immobiliare e non solo sui derivati. Nel luglio 2014 la banca ha dovuto anche affrontare il rimbrotto della UE per degli stress test negativi, ma superato anche quello Bankia è spagnola e valenciana e tale rimarrà a lungo.
Il confronto con l’Italia, i politici italiani e MPS (per tacere della magistratura) è ovviamente impietoso, da matti che sparano sulla Croce Rossa. Ci piace vincere facile: i nostri governanti hanno lasciato cadere il discorso della nazionalizzazione perché sarebbe arrivato un commissario a fare piazza pulita e non amministratori fedeli per lasciare i documenti nelle casseforti – oltre a far emergere le vere responsabilità politiche. La UE, passata la prima paura della crisi, ha vietato la nascita di ulteriori bad bank e adesso non si sa dove far convergere gli inesigibili di Rocca Salimbeni, e non solo quelli. Perché, invece di contabilizzare le perdite, si è scelto di mettere degli amministratori che le hanno centellinate anno per anno proprio per evitare una drammatica resa dei conti del malaffare del sistema: per sostenere questo sono stati organizzati i bond-tampone di Tremonti e Monti, e drenati miliardi di euro ai mercati. Sul tavolo di Tononi ci sono molti vocabolari e grammatiche per scegliere il nuovo padrone, quasi certamente straniero, che porterà la Direzione Centrale a Milano. A posteriori le scelte e le derisioni verso la nostra richiesta di nazionalizzazione all’epoca risultano essere state drammaticamente sbagliate per la banca, per i suoi clienti, i suoi lavoratori, il mondo della finanza. Hanno salvato soltanto gli irresponsabili che hanno provocato tutto questo e infatti ci davano addosso proprio loro.