Ma tutti si ingegnano a tirarsi fuori dalle responsabilità

di Red
SIENA. Il 6 marzo El Pais ha riportato delle conclusioni fatte in un report dalla comunità europea. Il rapporto sul tavolo di Bruxelles afferma come non vi sia alcuna probabilità che Bankia – quarto istituto di credito della Spagna nazionalizzato e levato dai listini di borsa – possa restituire il 22,4 miliardi di euro ricevuti come aiuti indispensabili per la sua sopravvivenza dalle istituzioni europee. Ci sono molte affinità tra Bankia e Monte dei Paschi, anche se l’origine dei problemi è differente. Bankia sconta principalmente la perdita del 70% di valore dei suoi investimenti nel mattone, mentre a Siena si paga il conto dell’acquisizione della banca Antonveneta. Ma la necessità di rinforzare il capitale di fronte alla assoluta mancanza di fondamentali e liquidità operativa tali da rendere obbligato l’intervento dei governi è la stessa. Così le considerazioni che valgono per la banca iberica si possono riportare su quella toscana.
Bruxelles è convinta che, alla luce del piano industriale presentato, tutto “fa pensare che il gruppo Banco Financiero y de Ahrros ha poche possibilità di restituire tutti gli aiuti pubblici ricevuti”. Spiegando nella nota interna alla Commissione come questa “scarsa possibilità” sia dovuta alla “problematica situazione attuale del gruppo” e al “grande ammontare stesso degli aiuti ricevuti”. Bankia ha chiuso i conti del 2012 con un passivo di circa 19 miliardi di euro, il buco più grande mai registrato nella storia bancaria spagnola. Sembra enorme e diversa dalla storia finanziaria senese, ma solo in apparenza. Diverso è il modo di calcolare le perdite, che secondo le stime del Tandem sarebbero per quest’anno sopra i 2 miliardi, mentre nel 2011 si portarono a bilancio altri 4,69 miliardi. Ma il costo acclarato di Antonveneta è di 17 miliardi, quindi le dimensioni del buco delle due banche sono molto vicine. Non è a favore di Rocca Salimbeni il fatto che l’istituto padovano potrebbe essere fonte reddituale appena comincerà una ripresa economica nel nostro paese: non si sa quando ricomincerà la fase espansiva.
E’ solo diverso il modo con cui le autorità hanno affrontato il problema. In Spagna è stato presentato un conto salatissimo a investitori (l’azione dovrebbe valere 0,01 centesimo di euro) e ai dipendenti (6mila licenziamenti con 3mila sportelli chiusi) e probabilmente anche al contribuente europeo, che è certo di non rivedere i generosi quattrini della Comunità europea tornare indietro con la banca nazionalizzata. In Italia ci siamo organizzati con un prestito forzoso quanto oneroso (Monti bond, un escamotage giuridico-finanziario) e il robusto finanziamento della Ue (29 miliardi di euro al 30 ottobre 2012) per evitare il ricorso alla nazionalizzazione. Molta della considerazione di Bruxelles dipende ora dal piano industriale che Fabrizio Viola dovrà presentare entro metà maggio. Come sempre siamo nelle mani della politica, sperando che il nuovo governo arrivi con le giuste approvazioni dei mercati e lo spread (che con l’uveite si può anche non vedere, ma esiste), ritorni ai livelli pre-elettorali.
E poi c’è il nodo JP Morgan. Ormai è dimostrato che il miliardo di capitale che Banca d’Italia e il sistema finanziario mondiale credevano una sottoscrizione della banca d’affari made in USA era soltanto un prestito mascherato. Pagato tra l’altro a carissimo prezzo (commissioni + interessi) da Rocca Salimbeni e dalla Fondazione MPS. Il finanziamento mascherato era necessario perché altrimenti MPS non avrebbe soddisfatto i requisiti minimi dell’8% di patrimonio. JP Morgan non poteva saperlo, dovendo conoscere a fondo la realtà patrimoniale del cliente, per cui non avrebbe dovuto prestarsi alla manovra – che “appare intrisa di illeciti penali finanziari” agli inquirenti – a rischio di diventarne complice. Ma ancora non si vede all’orizzonte del CdA del Monte dei Paschi l’avviso di trascinare in tribunale anche JP Morgan. Forse si attende l’esito di un procedimento sanzionatorio contro il vecchio CdA aperto dalla Banca d’Italia il 27 dicembre 2012. Un altro miliardo di euro di danni e i Monti bond quasi si restituirebbero da soli.
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