La Rocca fortino inespugnabile in borsa, ma a favore di chi non è dato sapere

di Red
SIENA. Banche contrastate, a Piazza affari. MPS è tra quelle che chiude in ribasso -1,24% a euro 0,2787, forse scontando posizioni short passate rapidamente alla cassa. Si erano diffuse voci di una scalata da parte di qualche investitore estero, ma i numeri dicono che Rocca Salimbeni, a dispetto della grave crisi patrimoniale e finanziaria in cui si trova, è praticamente inespugnabile. La Fondazione controlla ancora il 34.9% (benché sottoposto agli assensi dei creditori). Gli azionisti storici più la famiglia Aleotti (new entry del 2012) un confortevole 16% circa e fino ad oggi sono stati graniticamente schierati con la gestione attuale. Poi ci sono i 4,5 miliardi di Monti bond generosamente concessi dalla politica romana (stranamente bipartisan nel concederli e nel non fare domande sulle responsabilità del dissesto). Curioso, no? A parte il senatore Lannutti e qualche timida voce solitaria, gli aiuti di Stato al Monte, pari all’introito di quell’Imu sulla prima casa che ha salassato gli italiani, non interessano gli onorevoli che compongono il Parlamento italiano. Nella campagna di primavera dello scorso anno, il condottiero Mancini aveva guidato Palazzo Sansedoni tra le insidie del mercato, vendendo intorno a 42 centesimi di euro azioni per ridurre l’esposizione debitoria con il pool di banche che ne aveva finanziato l’adesione all’aumento di capitale di MPS di otto mesi prima. Peccato che la repentina caduta del titolo, causata proprio da queste vendite, gli abbia impedito di cedere un ulteriore 1,4% che era negli accordi presi e che i creditori – visto che si sarebbe fatta un’operazione in perdita – avevano congelato. Secondo fonti giornalistiche accreditate il momento di cedere quella quota e assestare la Fondazione al 33,5% – come nel piano originario a suo tempo illustrato – sarebbe arrivato. Ma per chiudere la stagione dei debiti, secondo le cifre che vengono fatte circolare e che non possiamo confermare, occorre mettere insieme 350 milioni di euro. Potrebbero esserci altre sorprese negative, come sempre è stato negli ultimi sei anni: nessuno ricorda che non fu mai dichiarata l’esistenza del covenant, la clausola che ha dato il colpo di grazia alla Fondazione e che probabilmente Marco Parlangeli non voleva firmare, per cui fu defenestrato consensualmente.
Chissà se un nuovo sindaco promuoverà un’indagine che porti a stabilire se sia necessaria un’azione di responsabilità verso quegli amministratori deputati che possano aver eventualmente calpestato lo Statuto della Fondazione, ignorando il fatto che gli era proibito fare debiti per importi così grossi, a nome e per conto della Fondazione stessa.
Stasera la capitalizzazione di borsa è di 3,404 miliardi di euro. La vendita complessiva del 14,9% delle azioni della Rocca darebbe un introito di circa 480 milioni, una cifra interessante, anche nell’ottica di restituire una capacità operativa a Palazzo Sansedoni. La minusvalenza da registrare in bilancio sarebbe spaventosa, tuttavia, e bisognerà far bene i conti per evitare future denunce penali, e col 20% la senesità della banca è così definitivamente compromessa. Esattamente il contrario di quanto si promettevano di fare Mussari, Vigni e Ceccuzzi nella primavera di due anni fa, quando era tempo di elezioni comunali e di bilanci favolosi. Curioso che se il Monte va in su, la Fondazione va sempre più giù… più che forza di gravità…
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