L' assemblea straordinaria dice sì ad un ordine del giorno indifferibile
di Red- foto di Corrado De Serio
SIENA. Aveva buoni motivi per sorridere, alla fine della maratona dell’Assemblea Straordinaria, il presidente Profumo: l’aumento di capitale per sostenere l’architettura finanziaria complessa chiamata Monti bond era stata approvata praticamente da tutti. E per ottenere la benevolenza dei soci non ha dovuto fare nemmeno una minima promessa. Il primo obiettivo era ottenere gli aiuti di Stato senza farsi nazionalizzare nella forma e si può dire ormai raggiunto. Il secondo era quello di eliminare i Tremonti bond (anche se più vantaggiosi, mentre i nuovi strumenti finanziari costeranno intorno al 9% di interessi), forse perché anche alla Bce si sono accorti come siano contestabili in fatto di legalità e opportunità, e per fortuna in giro non ci sono altre banche che ne hanno approfittato. Raddoppiando la posta per di più da 1,9 a 3,9 miliardi per coprire i buchi di bilancio conosciuti e segreti.
Nella scorsa assemblea straordinaria il presidente aveva incassato il via libera per un altro miliardo, da destinare a suo piacere. Continuando a tacere il nome del beneficiario, a cui verrà consegnato per una tutto sommato piccola cifra il controllo di Rocca Salimbeni. Lo svolgersi dell’assemblea è stato tutto considerato deludente. Affamati di scoop, i giornalisti si sono gettati sul fenomeno Grillo, perdendo di vista l’insieme delle cose. Il comico è arrivato per ultimo ed è stato iscritto a parlare per primo. Con somma soddisfazione del CdA: come quando vai dal dentista, prima levi il dente, meglio è. Grillo, per niente comico nell’occasione ma fine politico, ha rilevato l’inadeguatezza morale del suo conterraneo Profumo, impelagato nel caso Brontos da un punto di vista giudiziario, al ruolo a cui è stato piazzato dal PD in pieno accordo con il presidente uscente Mussari, che già nel novembre 2011 (quando ancora non si era dimesso nemmeno Vigni) aveva già dichiarato che non avrebbe voluto farsi riconfermare per un terzo mandato. Più interessante la sua ricostruzione del fenomeno privatizzazioni, con l’accusa ai vari finanzieri italiani (per MPS citato Caltagirone), che hanno pensato solo a spolpare gli enti e arricchirsi personalmente. E’ chiaro a tutti che era meglio quando il Monte era di “diritto pubblico”, non era questa la politica che lo controllava e i dirigenti della banca sapevano fare il mestiere di banchieri.
Interessanti sono stati gli interventi professionali di Barrai e Boldrin, ma la melassa senese, pur con i vari distinguo, non ha messo al centro dell’attenzione il futuro, ma il passato. Chi per dire che l’aveva detto e di aver fatto opposizione nei tempi degli adulatori del sistema Siena (un cancro in costante crescita fin dai tempi di De Bustis), chi per invocare interventi della Magistratura. Sembrava di sentir parlare del vecchio Monte, quando era una cosa senese sviluppata in Toscana e nel centro sud e le decisioni si prendevano veramente a Siena (visto che nemmeno il fascismo era riuscito a espropriare la città dal suo centro di gravità permanente). Il terzo istituto del paese, pur a grande distanza dai primi due, merita un approccio diverso, visto che prima della svendita di Biverbanca (pagata 309 e rivenduta a 200 milioni), si trattava di una banca veramente nazionale e oggi lo è un po’ meno. Per la verità Profumo aveva chiesto di attenersi all’ordine del giorno, ma sarà stato contento che nessuno lo abbia ascoltato. Sarebbe stato interessante sapere con quali nuovi prodotti avrebbe aggredito il mercato per recuperare competitività e quote di penetrazione, sotto l’ombrello della ricapitalizzazione di Stato. Oppure sapere come recuperare valore rinegoziando il fardello dei prodotti derivati che Viola si porta, suo malgrado, sul groppone. Gioco facile per Profumo, vista l’assenza di una controparte autorevole come sarebbe potuto essere il sindaco di Siena, contenere questi soci divisi e senza peso e attribuirsi la patente di tecnico non politicizzato.
La Fondazione subisce l’agenda di Profumo, mentre dovrebbe dettarla. Faceva così anche ai tempi di Mussari e quindi non ci si deve meravigliare. Mancini, a parte sopportare qualche battuta interessante come quella che con una rendita del 9% Profumo avrebbe trovato tra i soci della banca – eccetto proprio la Fondazione – chi gli avrebbe dato i 3,9 miliardi ricevuti dallo Stato, ha avuto gioco facile a evitare le polemiche. Il punto all’ordine del giorno in realtà non era in discussione perché indispensabile a che non si interrompesse l’attività della banca. Il presidente della Fondazione pensa solo a vendere azioni e a traccheggiare fino a luglio per poi ritirarsi in silenzio.
Alle 16:26 Profumo ha chiuso l’assemblea, dopo aver comunicato che l’ordine del giorno era stato approvato. Dopo una maratona era stata di sette ore e mezzo, non tutti si sono accorti di essere entrati per approvare un aumento di capitale di 4,5 miliardi (l’importo dei Monti bond) e di essere usciti avendo deliberato un aumento di 6,5 miliardi, ovvero il doppio dell’attuale capitalizzazione della banca in Borsa. La differenza di 2 miliardi in più è giusto la somma degli interessi da pagare allo Stato per i Monti bond da qui al 2018. Il che fa pensare che è quasi sicuro che dall’attività ordinaria della banca non usciranno gli utili per rimborsare lo Stato.
Men che meno usciranno gli utili per Palazzo Sansedoni, quelli che servono a rimborsare gli ultimi 350 milioni di debiti ancora pendenti. Mancini incassa un’altra sconfitta. Sperava che il trend dell’ultima settimana innescasse un percorso virtuoso che riportasse il titolo in borsa verso valori (come 0,42 euro) che permettessero di vendere azioni MPS per togliersi i debiti prima di andare in pensione e lasciare al nuovo sindaco di Siena che verrà a giugno una partecipazione inutile e senza potere. Il mercato, grazie alla mossa di Profumo che preconizza fin d’ora un futuro senza redditi importanti fino al 2018, tenderà a non premiare il titolo nelle prossime settimane se non mesi.
La banca è solida, nazionalizzata di fatto perciò con le garanzie per la clientela al massimo livello, e in questo il Tandem, ieri, ha detto bene: le vicende della mala gestione mussariana non sono motivi per chiudere il conto corrente. Ma per quanto riguarda gli andamenti di borsa, gli operatori finanziari sanno come stanno le cose e quello che conviene loro fare. Loro, a quello che fa Profumo, prestano moltissima attenzione.
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