Chiarezza necessaria per le vicende che hanno portato alla crisi

SIENA. Le notizie sulla vicende “Monte”, banca e fondazione, che apprendiamo dalla stampa finanziaria, il più delle volte imprecisa, impongono una riflessione .
La doverosa premessa è, primo, sgombrare il campo dalla polemica nei confronti delle banche e delle istituzioni finanziarie, onda polemica che ha il più delle volte assunto toni populisti e che non ha finora permesso di indagare sul legame, che pure esiste, tra la crisi e il complesso rapporto che è venuto in questi anni a formarsi tra la politica e la finanza, secondo, va fatta altresì “piazza pulita” delle vicende che hanno condotto la banca Monte a due aumenti di capitale, la prima per l’acquisizione dell’Antonveneta e l’altra per ottemperare, come tutte le altre banche, ai nuovi parametri previsti da Basilea 3 e per la restituzione dei tremonti-bond. Su questo capitolo, sul quale legittimamente si discute, ma non sempre, purtroppo, in maniera obiettiva, specialmente quando si riconduce l’analisi a fatti “parziali”, spesso “agitati” strumentalmente, ebbene su questo capitolo, sui collegamenti o meno dell’attuale stato di sofferenza di banca e fondazione con la sua storia recente, dobbiamo essere chiari.
Noi al momento della decisione della trasformazione degli istituti di credito di diritto pubblico in SPA, ci siamo opposti e avremmo voluto il mantenimento del sistema del credito in mani pubbliche, ciò non ci impedì di partecipare alla importante battaglia statutaria per il mantenimento del controllo della Fondazione MPS da parte degli Enti Locali attraverso il potere di nomina. Nel tempo questo potere è stato esercitato, sia negli orientamenti strategici (anche con documenti votati a larga maggioranza e spesso all’unanimità nei consigli, ad esempio per l’autonomia e per la crescita dimensionale), sia negli orientamenti operativi, con uno stretto rapporto, quali “azionisti di riferimento”, con gli organi decisori della Fondazione, volta per volta, “scoraggiando” o “incoraggiando” operazioni studiate per concretizzare gli orientamenti strategici degli Enti Locali nominanti. Da parte nostra pensiamo si possano e si debbano discutere le scelte fatte, quali, come e perché, ma rivendichiamo il potere esclusivo degli Enti Locali che restano nel tempo, a fronte degli amministratori che invece passano.
Oggi siamo daccapo, ma è un’altra storia, le valutazioni (il famoso “rating”) di una banca non dipendono, come nell’immediato passato, dai suoi conti in ordine, dalla sua redditività, in sostanza dai suoi dati di bilancio, bensì, principalmente, dalla affidabilità dello Stato in cui opera e del quale si detengono in portafoglio titoli di debito pubblico, o sovrano che dir si voglia (anche se detto “aggettivo” oggi fa veramente ridere). Se oggi l’European Banking Authority (E.b.a il suo acronimo) chiede alla banca Monte una ricapitalizzazione superiore ai 3 miliardi di euro, ebbene, a 24 ore di distanza chi negherebbe la possibilità che se ne dovessero chiedere altrettanti in funzione del maggior rischio attribuito al nostro debito sovrano dalle società di “rating”? Società che intervengono assegnando i punti in pagella dopo le scorrerie speculative sui nostri titoli, scorrerie impunemente condotte sui mercati. Insomma prendendo i bilanci odierni e applicando loro i metodi di calcolo di Basilea 3 (ben architettati, con lo “zampino” statunitense al fine di ristorare le banche Usa. –prime artefici del virus tossico diffuso con i derivati- a danno di quelle europee), ebbene, applicando Basilea3, una ulteriore svalutazione del portafoglio farebbe scendere i coefficienti patrimoniali sotto i minimi prescritti. Pertanto si può affermare che il rischio paese prevale sui conti in regola e condanna le banche italiane all’eutanasia per inedia: infatti da oltre sei mesi si vedono inibita la raccolta di mezzi sui mercati internazionali e, quando ci riescono, ciò è possibile solo a tassi di provvista da capogiro; così le nostre banche si vedono costrette, e il Monte non fa eccezione, a tagliare gli impieghi e, comunque, a negare sconfinamenti dai fidi.
E’ allora evidente che, anche ricapitalizzando le banche con denaro pubblico, chiaramente previa “nazionalizzazione” , si risolverebbe il problema a “valle” ma non si eliminerebbe il virus a “monte”.
Sul fronte della banca Monte l’E.b.a. avrebbe richiesto, allo scopo di rafforzare il patrimonio, di soprassedere fin dal prossimo anno, al payout, ossia al pagamento agli azionisti della cedola: questo porrebbe un serio problema alla fondazione, in merito al rispetto del piano di rientro concordato per il rimborso del prestito di 600 milioni di euro sottoscritto, in occasione dell’ultimo aumento di capitale della banca, con un consorzio di 11 banche (delle quali 3 italiane), prestito garantito da sottostante pacchetto azionario Mps banca, pacchetto oggi svalutato per le motivazioni esogene di cui sopra e quindi “incapiente” come garanzia.
In conclusione, nell’auspicio che la “Fondazione” possa fruire della moratoria richiesta, occorre, come “partiti” portare avanti la battaglia politica, in particolare per il blocco delle vendite “allo scoperto”, innanzitutto dei titoli di stato e, più in generale per ripristinare, con un ruolo da Banca Centrale della BCE, un canale virtuoso per l’assorbimento, alle rispettive aste, delle emissioni di titoli pubblici, sottraendo gli stessi ai mercati speculativi.
Sia ben chiaro a tutti: la crisi è “sistemica” per cui, in assenza di radicali cambiamenti che a tutt’oggi nessuno in Europa sembra volere, dobbiamo sapere che questo sistema incentrato sul libero scambismo di mercato imploderà molto a breve.
Federazione di Siena del Partito dei Comunisti Italiani – Federazione della Sinistra