"Nel frattempo Siena rimane lì, con le sue crisi, i suoi bisogni, la sua domanda di politica vera"

SIENA. A Siena la politica sembra spesso un eterno ritorno, una giostra dove i protagonisti cambiano casacca, alleanze e narrazione a seconda delle convenienze del momento. Rimanendo comunque – nelle dichiarazioni – fedeli a se stessi e ai propri propositi.
Tanti i casi emblematici di una dinamica che in molti definirebbero autoreferenziale.
Prendiamo per comodità l’ultimo in ordine di tempo. Non facciamo nomi. Diciamo che al massimo raccontiamo una storia verosimile. Il “nostro” lo chiameremo così, dopo essere stato consigliere di Rifondazione Comunista, entra nel Partito Democratico portando con sé il desiderio, legittimo, di incidere e partecipare. Si schiera per un rinnovamento del partito, appoggia candidature, prende parola, chiede spazio. Ma quando il partito non risponde alle sue aspettative, ecco il cambio di rotta: l’uscita dal PD, seguita da accuse alla mancanza di partecipazione, alla scarsa trasparenza, a una gestione verticistica delle scelte. Una critica che si può anche condividere, ma che arriva puntuale solo dopo che le aspettative personali non sono state soddisfatte.
Nel giro di pochi giorni, insieme ad altri fuoriusciti, annuncia la nascita di un nuovo soggetto politico: Sinistra Italiana Siena. Una formazione che parla di giustizia sociale, disarmo, spesa pubblica a favore dei cittadini. Temi nobili, certo, ma che sembrano più una cornice utile a giustificare una nuova ripartenza personale che il frutto di un lungo lavoro collettivo. Il punto non è se il nostro abbia torto o ragione nelle sue critiche al PD, ma il modo in cui la politica locale viene continuamente smontata e rimontata a misura dei singoli. Chi entra in un partito, pretende spazio, lo lascia quando non lo ottiene, e si autoproclama rappresentante della sinistra “vera”, non sta partecipando a un progetto condiviso. Sta costruendo se stesso come simbolo, come bandiera, come unico garante della purezza.
Il problema non è solo etico, ma anche strategico. Questo continuo rifondare, ripartire da zero, moltiplicare sigle e contenitori senza radicamento reale, genera sfiducia nei cittadini, disorientamento negli elettori, frammentazione nelle forze progressiste. La sinistra, invece di costruire percorsi duraturi, affida la sua identità a soggettività individuali che prima si propongono come rinnovatori e poi, al primo dissenso, si chiamano fuori. Non c’è tempo per il dialogo, per l’elaborazione, per il confronto. C’è solo il tempo per la delusione e la fuga. E allora si esce, si sbatte la porta, ci si ricolloca, si riscrive la narrazione. Da “consigliere umile” a portatore di verità, da esponente interno a voce solitaria e controcorrente.
Nel frattempo Siena rimane lì, con le sue crisi, i suoi bisogni, la sua domanda di politica vera. Una politica che non insegua solo i riflessi nello specchio, ma guardi negli occhi la comunità. E si metta davvero in ascolto.
Alessandro Mecacci
Cooportavoce provinciale di Europa Verde Siena.