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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Le Fondazioni bancarie si confrontano sul microcredito a Rimini

SIENA.  Le Fondazioni di origine bancaria considerano il microcredito uno strumento particolarmente adatto per intervenire a favore di famiglie in difficoltà economica e lavoratori cassintegrati, per le donne in cerca di impiego, per gli immigrati con lavori precari, ma anche per i giovani che per completare gli studi o avviare la propria attività professionale hanno bisogno di prestiti d’onore. E’ questo quanto emerge da un’indagine realizzata dalla Commissione Microcredito dell’Acri presso le Associate presentata in occasione del convegno “Il Microcredito mi ha cambiato la vita”, organizzato oggi al Meeting di Rimini dalla Fondazione Cariplo con il patrocinio dell’Acri, l’associazione che rappresenta collettivamente queste Fondazioni.  In qualità di relatori sono intervenuti: Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo; Luca Remmert, presidente della Commissione Microcredito dell’Acri e vicepresidente della Compagnia di San Paolo; don Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana; Savino Pezzotta, componente della X Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati; Maria Ida Germontani, componente della 6a Commissione Finanze e Tesoro del Senato; Luigi Casero, sottosegretario di Stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’incontro è stato arricchito dalle testimonianze di due organizzazioni attive nel settore: Fondazione Risorsa Donna e PerMicro spa. Il microcredito da un lato può essere un mezzo per rispondere ai bisogni di nuove povertà emergenti (microcredito sociale) dall’altro uno strumento per favorire l’inclusione socioeconomica, particolarmente degli immigrati, dei giovani e delle donne attraverso la promozione di autonoma iniziativa economica (microcredito d’impresa).
"Le Fondazioni di origine bancaria sono impegnate su entrambe queste tipologie – ha sottolineato Giuseppe Guzzetti – anche se si registra una prevalenza per il microcredito sociale. Poche migliaia di euro possono consentire a chi non ha accesso al credito tradizionale di avviare percorsi virtuosi o uscire da pericolosi periodi di crisi. Le Fondazioni di origine bancaria aprono il dibattito su questo tema, convinte che il microcredito possa rappresentare una forte leva di inclusione e di coesione sociale". I più recenti andamenti dell’economia nei paesi occidentali hanno ampliato la fascia di coloro che corrono il rischio di cadere in povertà a causa di difficoltà potenzialmente transitorie, che non riescono a fronteggiare con l’aiuto del credito tradizionale in quanto sono considerati soggetti non “bancabili”: o perché non sono in grado di fornire adeguate garanzie di solvibilità o perché, per le loro dimensioni contenute, i crediti richiesti non risultano appetibili per le banche convenzionali, che ne riscuoterebbero interessi non sufficientemente remunerativi dei costi di gestione del servizio di credito. E’ qui dunque che il microcredito può dare delle risposte. Le Fondazioni di origine bancaria, la cui missione è favorire lo sviluppo sociale, economico e civile dei loro territori, non possono certo non dare attenzione a questo strumento, che ritengono utile per perseguire le proprie finalità istituzionali, principalmente quelle di carattere sociale nei confronti delle fasce deboli della società, in particolare di persone fisiche. Circa la metà delle Fondazioni di origine bancaria ha in corso o sta progettando iniziative in qualche modo riferibili al microcredito, quantunque i consuntivi attuali indichino le risorse destinate a questo comparto inferiori all’1% del totale da loro erogato (che assomma a circa un miliardo e mezzo di euro all’anno). Secondo le indicazioni raccolte dall’indagine della Commissione Microcredito dell’Acri le ragioni dell’aumento della necessità di piccoli crediti è determinata principalmente da: impatto della crisi economica, deterioramento dell’occupazione (cassa integrazione, mobilità…), aumento di lavori precari e irregolari, fallimento di realtà produttive anche consolidate che, unito alle scarse possibilità di ricollocamento di persone espulse dal mondo del lavoro, accresce l’impoverimento delle fasce di reddito più basse e, conseguentemente, le loro possibilità di accesso al credito, mentre aumenta il numero delle situazioni di illiquidità temporanea.  I dati pubblicati dall’European Microfinance Network segnalano che nel 2009 il portafoglio del microcredito in Italia (l’analisi tocca le 32 organizzazioni di microcredito che hanno risposto sulle 94 censite) è stato di circa 12 milioni 700mila euro (con un erogato di quasi 11 milioni di euro), a fronte di un portafoglio a livello europeo di 828 milioni di euro. I beneficiari del microcredito nel nostro Paese sono principalmente donne e immigrati e l’ammontare medio di ogni credito è di circa 6mila euro (9.641 euro è invece l’ammontare medio a livello europeo). <<La Commissione Microcredito dell’Acri si propone come un’importante occasione non solo di confronto tra le Fondazioni e di verifica sulle scelte e le esperienze che esse hanno fin qui realizzato in questo campo, ma anche l’opportunità per dare un contributo al dibattito che, in particolar modo nelle ultime settimane, è stato finalizzato positivamente in termini legislativi>> ha sottolineato Luca Remmert, presidente della Commissione. Nel nostro ordinamento giuridico è, infatti, in via di introduzione la definizione di microcredito e la regolamentazione degli operatori specializzati in microfinanza, tramite un decreto legislativo che modifica a questo fine gli articoli 111 e 113 del Testo Unico Bancario (a seguito della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori). L’introduzione di queste norme porterà fra l’altro maggiore chiarezza soprattutto per la salvaguardia dei beneficiari finali, potenzialmente esposti al rischio di usura: la precisa indicazione che i tassi debitori siano inferiori a quelli di mercato sarà un utile parametro di riferimento per poter parlare coerentemente di microcredito. Secondo l’European Microfinance Network, per il biennio 2008-2009 in Italia il tasso d’interesse medio dei microcrediti è stato del 3,7% contro il 5% della Francia, il 9% di Spagna e Irlanda, il 22% della Gran Bretagna, dove peraltro le iniziative di microcredito sono prevalentemente orientate allo start-up di imprese. Proprio in merito alle tipologie di microcredito sia la VI Commissione Finanze della Camera sia la 6a Commissione Finanze del Senato hanno posto particolare attenzione nel recepire le attese dell’intero mondo del privato sociale italiano, in particolare delle Fondazioni, riguardo alla valorizzazione degli aspetti del microcredito più direttamente riferiti al sostegno e all’inclusione sociale delle persone e delle famiglie in temporanea difficoltà economica, oltre quelli più squisitamente finalizzati al supporto per lo sviluppo e per il consolidamento di microimprese. In generale – anche sulla scorta di vincoli normativi che vietano alle Fondazioni di esercitare funzioni creditizie e di finanziamento anche indiretto alle imprese di qualsiasi natura ad eccezione di quelle proprie strumentali – i progetti di microcredito delle Fondazioni mostrano una struttura “triangolare”, che vede coinvolti come protagonisti: enti intermedi, costituiti da Caritas diocesane, cooperative, comitati, associazioni, centri di ascolto, cui viene affidato prevalentemente un ruolo di antenne e di tutoraggio; banche, che erogano i finanziamenti; e le Fondazioni, appunto, che intervengono prevalentemente tramite fondi di garanzia, ma anche per disegnare e favorire l’avvio dei servizi ancillari di tutoraggio e di assistenza svolti dagli enti intermedi. 

Questa modalità di approccio “triangolare” consente il coinvolgimento delle banche tradizionali che sempre più, disponendo di funzionari preparati, schemi operativi collaudati e procedure efficienti, attivano specifici comparti e, soprattutto, potrebbero dar vita a società ad hoc, controllate da loro, dedicate al microcredito e gestite con criteri del business sociale, eventualmente con un apparato tecnico totalmente separato da quello della banca, come già avviene in alcuni casi. Riguardo ai fondi di garanzia, le Fondazioni ritengono che in una prospettiva futura si possono valutare maggiori spazi di collaborazione tra le Fondazioni stesse e con altri soggetti pubblici e privati che operano per le medesime finalità, in relazione alla loro gestione. Questo potrebbe essere fatto anche sulla base di una valutazione della dimensione ottimale dei fondi di garanzia sotto il profilo patrimoniale e geografico. Finora, però, il raggio d’azione degli interventi è stato prevalentemente legato al raggio d’azione della Fondazione stessa sul territorio.

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