Riguardano discontinuità, bilancio e responsabilità

SIENA. Nel frastuono di quello che è ormai diventato uno scandalo nazionale ed internazionale, mentre tutti corrono a prendere le distanze dalle responsabilità non solo penali, ma anche politiche e morali di quello che sta venendo alla luce, spetta a noi riaffermare alcune verità.
A noi che per un decennio ci siamo opposti al “groviglio” di potere che il PD senese ha costruito, con la piena e fattiva collaborazione di tutto il centro-sinistra e, troppo spesso, con l’acquiescenza di settori dell’opposizione.
A noi che facciamo parte a pieno titolo dell’esperienza delle Liste Civiche Senesi, avendo partecipato alla loro nascita e alla straordinaria attività di opposizione condotta in consiglio comunale a partire dal 2006, lavorando per ottenere trasparenza e correttezza amministrativa, per difendere la città dalle degenerazioni nell’ambito della sicurezza e della vivibilità, contro la dilagante cementificazione, lo sperpero delle risorse pubbliche, la marginalizzazione delle competenze e delle professionalità.
A noi che abbiamo da subito denunciato pubblicamente e nelle sedi istituzionali i pesanti rischi che Banca e Fondazione stavano correndo distribuendo utili “artificiali” e dissipando, nell’operazione Antonveneta, lunghi secoli di accantonamenti patrimoniali e di accorta gestione.
Le verità che dobbiamo riaffermare sono molto semplici.
La prima verità riguarda la discontinuità di cui si vanta Ceccuzzi, spalleggiato in questo dai vertici nazionali del PD, che sarebbe rappresentata dalla “sua scelta” dello scorso anno di sostituire interamente il cda della Banca, compreso un presidente Mussari che concludeva così il suo secondo mandato e la cui riconferma sarebbe stata pertanto “sconveniente”, oltre che contraria alle regole del loro partito. Già in questi termini, la discontinuità rivendicata consisteva invece in una rigida continuità con una concezione del modo di amministrare le istituzioni che vuole uniformarsi alle regole di partito. Ma abbiamo visto che, su questa materia, veniva celato un elemento affatto secondario che è venuto alla luce solo recentemente: il fatto cioè che era stata la Banca d’Italia a imporre il ricambio diversi mesi prima che esso avvenisse e che quindi Ceccuzzi era diventato “discontinuo” soltanto in ritardo e perché costretto da autorità esterne.
La seconda verità da ripristinare riguarda i motivi della messa in minoranza di Ceccuzzi in consiglio comunale nella scorsa primavera e delle sue dimissioni, motivi che l’ex sindaco continua ad attribuire al manifestarsi di “tradimenti” interni al suo partito dovuti a imprecisate insoddisfazioni per le nomine avvenute nel cda della Banca. Noi non sappiamo se Ceccuzzi, attivando un “mercato delle vacche” niente affatto discontinuo, avesse assunto impegni di nomina nel momento della sua elezione e se li ha eventualmente violati. Quello che è certo è che noi, insieme agli altri consiglieri di opposizione e ad otto consiglieri della maggioranza, non solo del PD, abbiamo respinto per ben due volte un bilancio comunale che non aveva certezza di copertura, e che non aveva nessuna attinenza con le nomine. Come è certo che è stato Ceccuzzi a ricercare la prova di forza ripresentando lo stesso bilancio, cercando di schiacciare la legittima contrarietà dei consiglieri di maggioranza imponendo inutilmente la disciplina di partito. Come è altrettanto certo che l’ex-sindaco non era affatto tenuto a dimettersi per quel voto, ma che ha usato anticipatamente le sue dimissioni come arma di pressione verso i consiglieri del PD dissidenti e come strumento per una successiva resa dei conti.
Una terza verità non va dimenticata: con la scelta di dimettersi, Ceccuzzi ha lucidamente affidato per un anno la città ad una gestione commissariale, estraniandosi così dalle responsabilità dalle scelte pesanti che il commissario ha compiuto formalmente ma muovendosi, di fatto, lungo i binari che proprio Ceccuzzi aveva già tracciato, sia in termini di taglio dei servizi che di aggravio fiscale.
Se Ceccuzzi è ora “a spasso” e cerca con ogni mezzo di candidarsi e di farsi rieleggere non è quindi perché è stato discontinuo ed innovatore ma, anzi, perché si è intestardito a voler costringere compagni e alleati a votare un bilancio irregolare, in totale continuità con i modi discutibili con cui si erano costruiti non solo i bilanci comunali degli ultimi anni ma, purtroppo, anche quelli di altre primarie realtà cittadine dove il PD esercita un peso rilevante: l’Università, come visto già da tempo, e l’universo Monte, cioè Banca e Fondazione, come tutti sono ora costretti ad ammettere.
Impegno per Siena