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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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In Comune non "cambia la stagione"

I giorni passano e non si sente parlare di una reale svolta

di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. E’ proprio come il clima. A Siena la primavera tarda ad arrivare… e la questione “Comune” tarda a trovare una soluzione.
Le dimissioni del sindaco restano sospese ad un sottile filo di ripensamento. E un ritiro, eventuale, della decisione presa domenica scorsa (in nottata) potrebbe scaturire da una nuova, possibile seduta del Consiglio Comunale con, all’ordine del giorno, sempre e comunque il Bilancio 2011.
I politici locali si sbracciano, altro che, a parlare di “traditori”, di “bene della città”… e qualcuno di assolutamente non previsto – perchè all’opposizione a sinistra – ha addiritittura commentato in tv che “un commissario non sarebbe auspicabile per la città”, come se un commissario potesse fare per certo più danni di una, seppure leggittimata dal voto elettorale, amministrazione che fino a ieri si riteneva “scarsamente preparata”, senza voler inveire.
Ma che affermazioni sono queste? Dove portano? Alla scelta di votare un bilancio comunale che non si condivide, una maggioranza che non si apprezza solo per mantenere lo status quo?
La scelta di ripresentare il Bilancio, che in molti vicini al sindaco dimissionario sostengono, non potrebbe essere considerata “logica” se lo stesso non fosse convinto – o non si volesse convincere – dell’esistenza di margini di “avvicinamento” ad alcuni consiglieri dell’opposizione. Fermo restando che la ricucitura con i monaciani (Ex Margherita) risulta alquanto improbabile. E non desiderata: dal momento che difficilmente un politico usa parole così offensive nei confronti di chi, anche in un recente futuro, intende riprendere al suo desco.
Dunque, chi resta? Senni (Udc) è già passato al “voto di maggioranza”; Corradi durante l’ultimo voto si è astenuto, uscendo dall’aula (pare abbia detto che non intendeva votare con i monaciani per non essere confuso…). Il De Risi ha l’ordine di scuderia della Pietra Serena di votare contro. Il Falorni è troppo integerrimo per poter accondiscendere o per poter essere adulato. Laura Vigni ha sempre votato contro e, salvo rientrare nel “sogno” della ricostruzione di un partito di sinistra a Siena, non avrebbe alcuna ragione per votare un documento e “salvare il soldato Ceccuzzi”.
A meno che non si voglia pensare ad un asse “ABC” – Alfano, Bersani, Casini – anche a Siena, il PdL dovrebbe votare in blocco contro. Sebbene quest’asse, così innaturale e indigeribile, ha visto un suo primo “assetto” proprio con la scelta del Senni di votare a favore…
Insomma, che probabilità avrebbe Ceccuzzi di vedere modificati i numeri della disfatta? Sulla carta – ma la politica è fatta di parole – nessuna.
Eppure i movimenti sotterranei ci sono, eccome. Amplificati da quei comunicati denigratori redatti dallo squadrone dei sostenitori del sindaco dimissionario.
Il Pd senese, caduto sotto i colpi del “tradimento”, non pare rialzarsi dalla prostrazione in cui è caduto.
Dall’altra parte, l’ex Margherita, sembra molto più attiva. Forse anche perchè può pescare in un bacino di “insoddisfazione” che il Ceccuzzi si porta dietro dal pre-elezioni. Gli insoddisfatti interni al partito non mancano. E neppure, ovviamente, quelli esterni.
A partire dai vecchi rivali – alla Piccini per intendersi – che sono sempre vivi nei pensieri del sindaco, al punto da averli più volte nominati nelle sue invettive. Ed aggiungedone di nuovi – come Cenni, tanto per restare in tema di ex sindaci – che si è visto usare come capro espiatorio dei problemi del Comune. Se a questi, tra interni e esterni al Pd, se ne aggiungono altri – dalla Lega a quel che resta delle Liste Civiche passando dai cattolici che, a Siena hanno pochi referenti politici e potrebbero ambire ad averne, vivaddio – si comprende il mare magnum nel quale la “vecchia balena” ha cominciato a nuotare…
Unico difetto? Nessun – o scarso – aggancio a Roma. Al momento. Questa faida fratricida, infatti, comincia ad avere sempre più i contorni di una guerra partita e decisa nella capitale. E che ha al centro il controllo della banca.
Il vecchio Pds non ci sta più a dividere quel che resta del terzo polo bancario con gli ex democristiani e punta a riavere assoluto possesso. Da Roma arriva, infatti, il sostegno al sindaco dimissionario. Da Roma le nomine di Profumo e Viola. E non da una Roma qualunque. Da una Roma che ha radici – sebbene rinnegate o solo dimenticate – in Botteghe Oscure. Senza se e senza ma.
Il potere della ex Margherita – con Mancini alla presidenza della Fondazione e con il Monaci Junion in Biverbanca  e fuori dal cda di Mps solo con il rinnovo delle cariche ad aprile – era diventato forse troppo ingombrante. Fare piazza pulita, secondo il dettame degli ex Ds,  può essere stato un motivo di scontro… o no?
Altro che discontinuità… l’obiettivo è sempre lo stesso… mantenere il potere. E, possibilmente, rafforzarlo, anche venendo meno ad un’alleanza che un anno fa era pura follia non stringere. Se si volevano vincere le elezioni.
In questa ottica il “chi ha tradito chi” diventa decisamente più difficile da individuare.
Come diventa difficile poter fare pronostici sulla base di un tatticismo politico “logico”. Agli ordini dall’alto, infatti, si sono intrecciati gli umori degli uomini che, sulla pelle e sulla carriera, si stanno giocando la partita. Guardare da fuori la scacchiera non è come far parte del gioco, in una posizione a caso. Lo sanno bene i nostri politici locali. Quelli che tirano le fila e quelli che obbediscono, in egual misura.
I rancori, i malumori – come l’obiettivo di conservare la poltrona – le antipatie si fanno tangibili e possono, in verità, obnubilare le facoltà cognitive. Da qui le uscite passibili di querela, le minacce che si fanno per strada, le occhiatacce e, al contrario, le promesse di un futuro migliore o i riconoscimenti rivolti a chi si vuole “conquistare”.
E mentre tutto questo accade, mentre l’attenzione è rivolta alla sedia traballante del Ceccuzzi, il Pd continua a franare. Frana come la spaccatura del terreno in Emilia. Frana nel collante che era stato messo – di forza – tra ex Ds e ex Margherita – e si porta via l’unità e la forza di un partito che, forse, non è stato mai digerito sul territorio. Non solo senese.
Il vero dilemma, a questo punto, sono i circoli cittadini. Quelli retti dai Ds e quelli, invece, in quota alla Margherita. Cosa sarà della capillare e invidiabile struttura del partito unico? Come reggerà il Pd l’urto della uscita in blocco dei fedelissimi monaciani? Non si parla di due/tre persone, ma di una parte del direttivo che aveva radici nel partito. E seguaci. E tesserati. E bacino elettorale…
E pure, già che ci siamo, feudi di potere ben precisi come Università, Ospedale, Banca (e non solo Mps), aziende partecipate e chi più ne ha più ne metta. In molti di questi “feudi” i poteri si accavallavano, si compenetravano. Chi la spunterà? E quali vendette metterà in atto la fazione che verrà sconfitta?
La mestizia, di fronte alle macerie, in questo momento è rivolta all’Emilia… ma, a pensarci bene, il paragone del terremoto non è a caso. Sebbene si tenti in tutti i modi di controllare – o anche solo di rendere meno catastrofico – il potere di un terremoto, alla fine non si riesce. Con rammarico, e con rabbia, si guarda quello che l’evento ha lasciato dietro di sè. E si cominciano a fare i conti dei danni, dei morti… A Siena questo conto – dei danni – ancora non è chiuso. Si parla di banca, di università, di ospedale, di Asl, di calcio, di aziende che rischiano di chiudere, di gente senza lavoro…
Il terremoto senese, diversamente da quello naturale, ha fatto danni “in sordina”, con una leggera oscillazione che ha avuto la forza di “addormentare”. Ma il risveglio, all’indomani della lunga scossa, è stato drammatico. Cosa resta? Solo una guerra tra fazioni di potere, sulle macerie. Con neppure l’obiettivo di “prendere in mano la ricostruzione”. La desolazione è insostenibile…

PS. Tanto per non smentire la vena “ironica” anche nella catastrofe… i senesi paiono aver già archiviato il sindaco Ceccuzzi e sono lanciatissimi nel “toto sindaco”. Dalla blasonatissima Rosy Bindi – come figura che ricuce l’animo comunista a quello democristiano – al ben disposto Massimo Bianchi; dalla riservata Anna Carli all’attuale sindaco di Castelnuovo Bozzi… insomma, come sempre, ce n’è per tutti!

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