L'economista Allen Sinai senza peli sulla lingua

di Red
SIENA. Cerchiamo per un attimo di modificare la nostra visuale della situazione. Hanno tentato di convincersi e convincere noi della “longa manus” dietro le agenzie di rating, della manipolazione della speculazione, della giustezza delle manovre economiche che si sono accavallate disperatamente in questi mesi. In realtà, la caduta globale delle borse mondiali dopo l’ultima invenzione politica della Fed (il twist, ballo anni ’60, tutto un altro mondo), dimostra che le agenzie di rating arrivano dopo: dopo il crac Lehmann, dopo il crac Parmalat, dopo che il mercato ha fatto a pezzi, ad esempio, il valore del titolo delle banche italiane. Prendiamo MPS. Il mercato, attraverso gli analisti delle banche, aveva già previsto il giudizio: Bank of America il giorno 16 settembre riteneva il prezzo obiettivo a euro 0,37, ed è la direzione in cui si muove il titolo prima del venerdì di Piazza Affari. Il primo settembre era stata Morgan Stanley a fissare il prezzo a 0,4 e vedrete che presto si correggerà. Giovedì ore 18:00 il Ftse Mib ha ceduto il 4,52% e MPS il -5,96% a euro 0,371. La sublime preveggenza di Standard & Poor’s, ieri, escludeva Rocca Salimbeni dal novero dei degradati…
Chiediamoci per quali motivi il Ministro dell’Economia Tremonti ha fatto, disfatto e rifatto, novella Penelope, la manovra finanziaria molte volte e sempre dichiarando che l’ultima versione era completa, sufficiente, immodificabile. E ogni volta ha provocato lo sberleffo del mondo finanziario, che ne ha messo in evidenza le insufficienze, i limiti, le poste miliardarie a vuoto come i risultati della lotta all’evasione. E’ una questione economica, non politica. La situazione spagnola è forse più grave ma, pur in attesa di elezion, c’è molta più fiducia su Madrid che su Roma. Il default sempre vicino e sempre rinviato della Grecia colpirà i conti delle banche francesi e tedesche, le loro borse fanno forse peggio di Milano, ma complessivamente i loro governi sembrano più sinceri e affidabili. Difatti lo spread fra Bund e BTp è salito a 412 punti prima di stabilizzarsi a 397, grazie agli acquisti politici della Bce, segno evidente di sfiducia nell’esecutivo tricolore. Sufficiente per oggi, ma domani? Il valore telematico della borsa italiana è sceso, dall’8 luglio, da 430 miliardi di euro a 316, e non si vede come far svoltare gli avvenimenti. Il Dow Jones, nella tarda serata, è sceso del 3,51%, all’insegna delle vendite. Vendite che non sono mancate nella notte nelle piazze asiatiche: la paura di una forte recessione ha spinto tutti i listini all’ingiù, ad eccezione di Jakarta (+0,76%) e Tokyo chiusa per ferie. Hanno scontato le notizie di un rallentamento della produzione industriale in Cina.
Oggi tocca di nuovo all’Europa e subito arrivano notizie… dalle agenzie di rating. Moody’s apre il venerdì tagliando il rating di otto banche greche e del debito sovrano della Slovenia. Come dicevamo, non prevede ma ratifica quanto già i mercati hanno stabilito da tempo. In una intervista a un quotidiano olandese, che forse darà il via alla giornata, Klaas Knot, presidente della Banca Centrale Olandese e membro del consiglio della Bce, ha detto: “Sono stato a lungo convinto che non fosse necessario, ma le novità da Atene non sono incoraggianti. Tutti gli sforzi sono volti a prevenirlo, ma adesso sono meno sicuro di poter escludere un default rispetto a due mesi fa”. E arriva tardi anch’egli. Gli speculatori lo hanno capito già da molto più tempo. L’economista Allen Sinai, in una intervista a Repubblica, ha affermato: “Gli occhi di tutto il mondo sono puntati sull’Italia. La crisi che è scoppiata nel vostro paese è una miccia che può accendere una fiammata globale. Il guaio è che nel mondo non ci sono abbastanza soldi per salvare l’Italia. La situazione è brutta”. E sulle agenzie di rating ha aggiunto: “S&P non poteva agire diversamente, è più attenta di Moody’s agli equilibri politici che sono il vero punto debole del vostro paese”. Il premier sarà anche contento di trovarsi sotto i riflettori, al centro dell’interesse mondiale, noi ne avremmo fatto volentieri a meno. Il problema della risolutezza e affidabilità della politica nella gestione della crisi economico-finanziaria è sempre quello più pressante.
(Foto di Andrea Pagliantini)